Articolo 21

17 Aprile 2009
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Amsicora

                                                      Art. 21 Costituzione

T
utti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’Autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili.
In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tem-pestivo intervento dell’Autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all’Autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s’intende revocato e privo d’ogni effetto.
La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica.
Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni.

Ecco l’articolo 21 della nostra Costituzione che tutela la libertà di manifestazione di pensiero. Trattandosi di una libertà fondamentale, la garantisce in tutte le sue forme di espressione. L’attenzione s’incentra sulla stampa perché nel 1946-47 era il più importante strumento di diffusione. Oggi se ne sono aggiunti altri, la TV, internet ecc. Ma la disciplina nelle sue linee essenziali è sempre abbastanza efficace e chiara.
Anzitutto, non sono ammesse restrizioni preventive, ossia la censura. Le restrizioni possono essere solo successive alla pubblicazione o alla trasmissione e con due precise garanzie:
- la garanzia giurisdizionale: le limitazioni possono essere imposte solo dall’autorità giudiziaria con atto motivato;
- solo nel caso di delitto, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi o in caso di stampa clandestina (senza indicazione dei responsabili).
Il presupposto è sempre l’esistenza di un delitto anche nei casi di straordinaria urgenza in cui può intervenire direttamente la polizia giudiziaria, salva la convalida successiva del Giudice nelle 24 ore successive.
Limitazioni diverse e più incisive la legge può stabilire a tutela del buon costume.
Bene. Nel caso di Vauro non si versa nell’ipotesi di attentato al buon costume. Vauro è così castigato (in tutti i sensi)! Sotto questo profilo la Rai avrebbe ben altri provvedimenti da adottare nei confronti dei numerosi troioni che compaiono sugli schermi notte e dì e che c’infastidiscono non tanto perché mostrano il fondoschiena, ma perché lì hanno il loro cervello.
Nessuno ha contestato al vignettista neppure un delitto. Anzi, Vauro si è perfettamente allineato al Procuratore de L’Aquila, che ha avviato le indagini per scoprire i tanti  delitti  consumati nella costruzione degli edifici pubblici e anche, probabilmente, nell’aver omesso di disporre lo sgombero preventivo degli edifici. Lo si è fatto nelle scuole. Perché solo per quelle? Insomma, Vauro, con la vignetta incriminata, ha centrato il problema: di chi è la responsabilità per l’aumento di cubatura nei cimiteri abruzzesi? A chie devono la morte le quasi trecento vittime dei giorni scorsi?
Ed allora se siamo al di fuori dell’art. 21, quale potere ha esercitato il vertice Rai contro Vauro e Annozero? Un potere privatistico. Il potere che nasce dal rapporto contrattuale fra le parti. E qui la questione diventa delicata. Il vertice Rai pretende di esercitare, al di fuori dell’art. 21 Cost., un potere privatistico in relazione ad un servizio che però è pubblico. Quindi esercita un’autorità che non gli deriva dal rischio d’impresa. Ed infatti il vertice Rai non ha sanzionato Vauro sulla base di una valutazione di mercato, non ha prodotto atti dai quali risulta che Vauro non è gradito al pubblico e fa calare gli ascolti. Anzi è vero proprio il contrario: il pubblico adulto gradisce le sue vignette, anche quando non le condivide. Semmai dissente e le critica, ma, nella generalità, non invoca la censura. E poi il servizio pubblico  deve dare voce anche alle minoranze o a chi ha opinioni diverse. da quelle dominanti. In democrazia è così. O dobbiamo sentire e vedere soltanto Vespa e Fede?
Un potere privatistico, dicevamo, quello esercitato dai vertici Rai, ma non temperato dal doversi confrontare col mercato (come avviene per i veri imprenditori) e dunque un potere arbitrario, perché privo sia temperamenti pubblicistici sia di quelli che di fatto impone all’imprenditore “la mano invisibile”.
Morale della favola: il vertice Rai non ubbidisce ad un obbligo imposto dalla Costituzione o dalla legge; non ubbidisce neppure alla legge del mercato. A chi ubbidisce adunque? Gira, gira si torna sempre al punto di partenza:: il vertice Rai ubbidisce al Cavaliere, fregandosene della Costituzione, infischiandosene delle leggi del mercato, strabattendosene dei cittadini utenti del servizio radiotelevisivo e delle minoranze, e anzitutto della decenza.

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