Carbonia. Miniere. Slancio produttivo e organizzazione del lavoro. il Contratto Collettivo Nazionale

17 Novembre 2019
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Gianna Lai

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(Il Museo del Carbone - Grande  Miniera)

Questo è il dodicesimo post sulle origini di Carbonia. I precedenti ogni domenica a partire dal 1° settembre.

Qui non si fanno previsioni, né discussioni di alta politica e di alta strategia. Qui si lavora‘, così la scritta che accompagna l’immagine del ‘duce’, dietro la scrivania dell’impiegata in divisa, immortalata nella foto d’epoca: se si deve fare in fretta, la guerra incalza e l’autarchia ha bisogno di carbone, solo attraverso i ritmi di lavoro massacranti imposti dalla direzione può realizzarsi lo slancio produttivo durante i primi anni di vita della città. Nel  1939, 911.279  tonnellate di carbone prodotto, 1.295.000 nel 1940, 1.200.900 nel 1941. Mentre sono 14.975  gli operai a Carbonia nel ‘39, di cui  oltre  4.000 a Serbariu,  2.081 a Bacu Abis, oltre 2.000 nei pozzi di Sirai, Nuraxeddu, Schisorgiu, Tanas, Caput Aquas, 565 a Cortoghiana. E 1347 negli impianti, e 4826 nella costruzione della città.  I sardi sono 9.580, che provengono per l’80% dalla provincia di Cagliari. Ma già nel corso del 1940 i minatori son diventati 15.800, per  una produzione che si sarebbe mantenuta sempre alta,  dopo i ripetuti obblighi alla doppia giornata, reclamata direttamente dal presidente dell’ACaI, non potendo la città contenere nuovi operai. Ma è  la scarsa qualità del carbone e l’inadeguatezza degli impianti,  la  mancanza cioè di tecnologia moderna, quella che caratterizza  le miniere nel resto dell’Occidente, a non garantire l’andamento della produzione,  gli alti livelli previsti e pretesi dal regime, nella sua continua, incalzante,  propaganda per il Sulcis.
In miniera il lavoro è organizzato attraverso una rigida struttura gerarchica, che va dal tecnico e dall’ingegnere al sorvegliante, dal capocantiere al caposquadra, fino al minatore e al manovale. Secondo una divisione in reparti, che si articola attraverso le varie squadre di appartenenza, nei cantieri di produzione, distribuiti dentro le singole gallerie.
3 turni giornalieri, di 8 ore ciascuno, il notturno e le domeniche retribuiti come il diurno, con l’obbligo, nei momenti di ‘maggior necessità’, della  doppia giornata continuativa, 14 ore senza interruzione. E poi un turno notturno di riposo, sei giorni di ferie all’anno, cinque feste pagate.  Esclusi dal turno di notte i lavoratori pendolari, che si spostano quotidianamente dai paesi vicini, soggetti a lievi trattenute sul salario per l’abbonamento alle Ferrovie Meridionali Sarde. I rapporti di lavoro sono regolati dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del dicembre 1937, per 40 ore settimanali, con riferimenti ben precisi al lavoro straordinario,  obbligatorio se richiesto dalla direzione, secondo l’art. 20 del Contratto stesso. Ma retribuito come lavoro straordinario solo dopo le 48 ore settimanali, in riferimento a ‘percentuali sulla paga base, da determinarsi nei singoli contratti integrativi provinciali‘, che lasciavano alle intese sindacali sul territorio la decisione finale, l’ultima parola sull’ammontare complessivo del salario mensile, variamente determinato dal numero delle ore lavorate.
Al 1 luglio, fissati gli aumenti salariali di carattere nazionale, insieme a un premio per i lavoratori del sottosuolo, questi i salari degli operai sulcitani: paga oraria base, minatori 2,75 lire; aiuto minatori 2,30; manovali dell’interno 1,85, 1,26 manovale dell’esterno. Premio giornaliero di cantiere, minatori 3,50 lire, aiuto minatori 2,75, manovali dell’interno 2 lire. Per 7,30 ore le paghe giornaliere risultano: minatori 20,29, aiuto minatori 17,45, manovali 15,95.
Nello stesso anno 1939, il cottimo allargato ai lavoratori del sottosuolo, della cui regolamentazione poi parleremo, secondo la seguente tabella  orientativa sulla paga, questa volta giornaliera: minatori 25,15 lire; aiuto minatori 22,45; manovali 19,35. Salari certamente superiori alle retribuzioni dei lavoratori dell’Iglesiente e dei braccianti, che non superano, per questi ultimi, le 5, 9, 10 lire,  al massimo, di paga oraria base. Ma più bassi tuttavia  del resto d’Italia e dei salari delle miniere dell’Arsa, nonostante le integrazioni del duce di 10 centesimi l’ora, tenedo conto che, complessivamente, le retribuzioni nel Paese erano migliorate a partire dal 1937, grazie all’introduzione della tredicesima mensilità,  degli assegni familiari, 4,80 lire a chi avesse meno di tre figli, 6 lire a chi ne avesse più di 3, e degli adeguamenti al costo della vita,  fino a garantire aumenti del 10 e del 12% in busta paga.
A Carbonia, delle 8 ore giornaliere, 7ore e mezzo vengono pagate  secondo Contratto, l’ultima mezz’ora come straordinario, in base alle nuove tabelle stabilite dall’Azienda che, nel corso del ‘39, dopo gli ordini impartiti dal ‘duce’ al ministro Lantini e a seguito dell’accordo interconfederale 15 novembre 1939, aveva prolungato l’orario di lavoro da 7 a 8 ore, fino a 48 ore settimanali.
A definire le nuove forme di pagamento del salario nel Sulcis, le ‘apposite tabelle opportunamente compilate per le liquidazione dei cottimi, liquidazioni che si possono dividere in liquidazioni  delle preparazioni (traverso-banchi e gallerie) e delle coltivazioni. Per le liquidazioni dei traverso-banchi, basta conoscere l’avanzamento, mentre nelle gallerie ha particolare importanza anche  il profilo del carbone e i vagoni di carbone caricati. Bisogna tener conto degli altri lavori eseguiti, legname posto in opera, vagoni di sterile caricati  e scaricati, sia a pala che con tavole oscillanti, piazzamento dei binari, tubazioni, tavole oscillanti, lunghezza in metri della spingitura. Naturalmente si sottrae al cottimo l’esplosivo consumato, perciò ogni compagnia ha interesse di consumare il meno esplosivo possibile‘, come si può leggere ne il Manuale del Sorvegliante.

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