Taglio parlamentari, arriva il referendum?

10 Ottobre 2019
2 Commenti


Andrea Pubusa

ll taglio dei parlamentari è appena stato approvato nella seconda lettura dalle Camere, ma - contrariamente a quanto molti dicono - non è diventato legge. Non avendo raggiunto la maggioranza dei 2/3 nell’ultima votazione, può essere chiesto il referendum, che usualmente viene chiamato confermativo, ma in realtà è oppositivo. Chi sono, dunque, gli oppositori? Al momento pochini. I senatori di Forza Italia, Nazario Pagano e Andrea Cangini, insieme ai senatori Tommaso Nannicini (Pd) e Gregorio De Falco (Misto). Per ora solo questi hanno annunciato la presentazione della richiesta di referendum, di cui è promotore il vicepresidente della Fondazione Einaudi, Davide Giacalone.
Con la richiesta del referendum il procedimento di approvazione si allunga e la proposta di riforma, per diventare legge, deve ottenere il sì della maggioranza dei votanti, senza quorum di validità. Come è accaduto per lo scasso Renzi il 4 dicembre 2016 la risposta potrebbe essere anche negativa. La richiesta di referendum nei tre prossimi mesi deve essere  avanzata da un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. Non è poco, vista anche la convergenza sul taglio di quasi tutte le forze parlamentari.
Quali le ragioni dei promotori della consultazione popolare? Da una parte la mancanza di una legge elettorale pensata nel nuovo quadro costituzionale. E se si vota prima, si rinvia tutto a fra due legislature. Inoltre, i proponenti bollano come demagogica la riforma poiché è minimo il taglio dei costi e sensibile il taglio della rappresentatività.
Al momento il rapporto tra parlamentari eletti e abitanti in Italia è di 1 eletto ogni 64mila persone. Nella prossima legislatura il rapporto sarà di un eletto ogni 101mila persone.
I musi gialli fanno salti di gioia per la riduzione della spesa pubblica e si abbandonano a gesti e simboli degbni della miglior tradizione qualunquista, come si vede anche nella foto. Tuttavia una revisione di questa portata non può essere misurata solo col contenimento della spesa, occorrerebbero motivazioni serie sul piano della migliore operatività delle Camere e sulla loro immutata capacità rappresentativa. Solo questo può giustificare una modifica di un organo così importante nella vita democratica quale è il parlamento.
E poi si risparmia davvero con la riduzione dei parlamentari? A conti fatti, analizzando il bilancio della Camera per il biennio 2018-2020 emerge come il costo di ciascun Deputato, tra indennità e rimborsi vari, sia pari a 230mila euro; analogamente, in base al bilancio del Senato, ciascun Senatore costa allo Stato 249.600 euro annui. Se quindi il numero di Deputati fosse ridotto da 630 a 400, e quello dei Senatori da 315 a 200, il risparmio complessivo per le casse statali sarebbe pari a 81,6 milioni di euro (52,9 milioni di euro alla Camera, 28,7 milioni al Senato). Una cifra non di grandissima rilevanza. Tirando le somme, ogni singola famiglia italiana non dovrebbe contribuire alle spese della politica per un importo pari ad appena 3,12 euro annui, ossia 1,35 euro a cittadino. Un importo del tutto irrilevante per i bilanci degli italiani, che subiscono un maggior pregiudizio - quello sì evidente - dagli sprechi che si annidano nelle spese folli degli enti locali come Regioni, Province e Comuni e degli enti pubblici.
La proposta è comunque ancora sub judice e il giudice è il corpo elettorale del paese. Tuttavia, ammesso che la richiesta di referendum vada a buon fine, la campagna referendaria non vedrà la partecipazione di massa del 2016 e del 2006. Il tema trova larghi consensi in tutte le aree così che anche il popolo democratico risulta diviso e incerto. La consultazione popolare, tuttavia, al di là del risultato sarebbe utile per approfondire l’argomento e andare alla ricerca dei contrappesi, che tutti vogliono ma in modo confuso. La materia, per la sua delicatezza, meriterebbe un dibattito pubblico più approfondito e più partecipato.

 

 

 

 

2 commenti

  • 1 Aladinpensiero
    10 Ottobre 2019 - 08:14

    Anche su aladinpensiero online: http://www.aladinpensiero.it/?p=100679

  • 2 Giorgio
    11 Ottobre 2019 - 09:51

    Credo che tutte le persone di buon senso concordino con i dubbi più volte rappresentati da tanti, tra cui il Prof. Pubusa, sui problemi connessi alla minore rappresentativita di un parlamento dimagrito di un terzo. Come anche sul fatto che non si risaneranno le casse dello stato con questa iniziativa. Resta il fatto che, dal lato della rappresentatività non si può certo dire che, ad esempio, i rappresentanti della Sardegna, negli ultimi decenni, abbiano brillato nella difesa degli interessi dei sardi. Molto spesso si sono allineati ai diktat di partito, restanto allineati e coperti, pur di mantenere la poltrona. Come sappiamo i veri problemini della Sardegna rimangono gli stessi,irrisolti da decenni.
    Dal punto di vista del risparmio, se è vero che questo provvedimento non cambierà la situazione del debito pubblico, è pur vero che dà un segnale molto forte di contenimento della spesa che potrebbe essere esteso anche a livello dell’alta burocrazia pubblica che spesso, quanto a sprechi, supera perfino il livello politico.
    Se si è arrivati a questo punto ciò è dovuto all’insipienza dei governi degli ultimi decenni ed alla loro incapacità, insensibilità, ad avere a cuore i problemi veri della gente

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