Sorge Carbonia, la città costruita in 300 giorni, ‘capitale nazionale del carbone autarchico’

8 Settembre 2019
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Gianna Lai


Continuiamo la pubblicazione sulla nascita di Carbonia, dopo il primo articolo di domenica scorsa.

E bisogna fare in fretta se è vero che, come dice Pietro Grifone ne Il capitale finanziario in Italia, ‘la congiuntura mondiale nel triennio 1936-39 è completamente dominata dall’incombente fato della guerra’. L’economia dei principali Paesi finalizzata al riarmo integrale, e così l’economia italiana, la quale ’si avvia decisa verso l’autarchia, e cioè verso un’economia integralmente orientata alla guerra, con criminale deliberazione’. Annunciato nel 1936, subito dopo l’aggressione all’Etiopia e la creazione dell’Impero, mentre si definiva l’alleanza con la Germania attraverso l’Asse Roma-Berlino, il programma autarchico passa nel ‘37 alla sua fase di attuazione. Grossi finanziamenti alle industrie chiave controllate dallo Stato per mezzo dell’IRI, secondo programmi deliberati dalle singole Corporazioni, si impongono misure ‘per accelerare ed estendere i piani autarchici dell’elettricità e della chimica e poi della siderurgia con la Finsider, dell’alluminio con l’AMMI, dei combustibili con l’ACaI.’Bisognava fare in fretta anche nel Sulcis, grandi lavori e poderose opere infrastrutturali, al posto dei medaus e dei vecchi furriadroxius e a fianco dei piccoli centri abitati di Serbariu, Cannas, Sirai, Barbusi, Bacu Abis, per un totale di circa 5mila abitanti: Carbonia è un immenso cantiere edile, cento baracche in legno e mattoni presso Serbariu e Schisorgiu, destinate ai 4-5mila operai muratori che, al momento, vi si avvicendano. E al Municipio, al Commissariato di pubblica sicurezza, la Casa del fascio, la sede del sindacato fascista, il Comitato provinciale delle corporazioni, il Commissariato delle migrazioni interne, la Cassa mutua malattia, il Comitato provinciale antimalarico e l’Infail, l’Istituto nazionale fascista per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro. Un terribile cantiere, gli operai in una condizione di vita e di lavoro tra le più difficili, come attestano i documenti dell’epoca a firma del Commissario prefettizio, poi del Podestà e dei carabinieri e della stessa ACaI. Mentre sono 1480 i minatori e 105 gli addetti ai sondaggi del sottosuolo, già alla fine del 1936, secondo i promemoria del presidente ACaI, maggio 1936, e le sue Comunicazione alla Corporazione dell’industria estrattiva, l luglio 1937 che, preoccupato per le condizioni in cui vivono gli operai, sollecita il finanziamento di nuovi alloggi.In soli ‘300 giorni’ sorge una città, destinata inizialmente a ventimila abitanti, mentre si procede molto frettolosamente e disordinatamente a reclutamenti in massa di manodopera per l’edilizia e per la miniera. Mancano operai specializzati in Sardegna e nell’intero territorio nazionale, tenendosi ben stretti i loro le miniere già in funzione nel Continente; si recluta nelle zolfare siciliane, tra i minatori della Toscana e poi nelle zone più depresse del Veneto e del Meridione d’Italia. E vi sono impegnati Governo, Comissariato per le migrazioni e la colonizzazione interna e le stesse Federazioni del PNF e la Federazione Nazionale Combattenti, a costo di contrasti durissimi tra loro sul modo di procedere alla selezione della manodopera da destinare a Carbonia. Sopratutto quando si va alla ricerca di tecnici e operai specializzati o si recluta, senza criterio, persone sottoposte a misure di sicurezza o, addirittura, pregiudicati.L’Azienda tramite il suo Ufficio ingaggi maestranze ACaI, in stretta collaborazione col Sottosegretario immigrazioni interne, opererà sempre secondo un vero e proprio accapparramento di personale, nonostante gli ammonimenti del Ministero delle corporazioni Santoro e le denunce della Montecatini per le continue incursioni nella miniera di Ribolla (Commissariato per le migrazioni e la colonizzazione interna, Ancona, 27.07.1939, presso la Segreteria particolare del duce, Archivio di Stato, Roma), ma senza mai risolvere seriamente il problema del reclutamento. Sistemi di ingaggio che si preannunciano molto difficoltosi fin da subito, quasi impossibili, e segneranno per sempre il futuro precario e insicuro della città e dell’intero Sulcis, che assiste impotente, già da allora, all’esodo di migliaia di contadini e pastori, da trasformare in poco tempo in operai dell’edilizia e della miniera: senza forma alcuna di preparazione e di addestramento, attratti fortemente da un salario sicuro, ma spesso non in grado di resistere a lungo in questa nuova, e così nociva e pericolosa, condizione di sfruttamento del lavoro.

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