Attualità politica italiana ed estrema marginalità sarda.

25 Luglio 2019
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Tonino Dessì

La fase politica italiana è quella del combinato disposto del vicolo cieco nel quale si è cacciato un M5S assoggettato all’egemonia di immagine e di movimento di Salvini e della concorrente tenaglia di Salvini stesso e del PD, finalizzata da parte dell’uno a svuotare, da parte dell’altro a schiacciare il M5S in vista di un prossimo eventuale duello elettorale, che si vorrebbe giocare anzitutto contro il terzo incomodo e appena in secondo luogo fra centrodestra a trazione leghista e centrosinistra a trazione PD.
L’evocazione del confronto parlamentare “sovrano”, rispettivamente da parte di Conte e di Di Maio (e, per il suo ruolo, di Fico), sulle due questioni che stanno animando il conflitto politico (TAV e autonomia differenziata) ha a sua volta tutta l’aria di una risposta tattica per mettere sia la Lega sia il PD di fronte alle contraddizioni che la “tenaglia” presenta.
Sulla TAV bisognerebbe capire in che forma il tema verrà portato alle Camere. Di per sè non sarebbe necessaria nessuna legge (salvo che con la motivazione di un rifinanziamento): l’opera è già munita di tutti i crismi originari dell’esecutività e i cantieri sono stati aperti. Quale che sia lo strumento, comunque, è verosimile che a favore della TAV centrodestra e PD si troveranno a votare assieme e che il M5S potrà far le viste di smarcarsi, per un verso diventando ininfluente sul risultato, per altro denunziando a sua volta il connubio nefasto.
Lo stesso scenario potrebbe presentarsi sul disegno di legge (uno o più d’uno) di approvazione delle proposte di autonomia differenziata scaturite nella scorsa legislatura dalle intese fra Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna e il Governo Gentiloni in attuazione del terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione, introdotto dalla riforma costituzionale del 2001.
Anche qui, fatto salvo un prevedibile lavoro di attenuazione di alcuni dei punti più controversi, è piuttosto verosimile che centrodestra (o almeno la Lega) e PD, se il pacchetto arriverà alle Camere, voteranno entrambi a favore, essendo questione portata avanti da Regioni due delle quali governate dal centrodestra e una dal centrosinistra.
Ancorché sul piano più strettamente tecnico potrebbe stimolarmi un’esame del contenuto delle proposte in questione, più “separatista” quello lombardo-veneto, più moderatamente devolutivo quello emiliano, provo tuttavia un senso di desolazione nel constatare che da questa vicenda la Sardegna politica e quella d’opinione hanno deciso di tenersi fuori, nonostante il ricorso al terzo comma dell’articolo 116 Cost. non possa considerarsi precluso alle Regioni speciali.
La situazione non è cambiata rispetto a quanto ebbi modo di osservare ormai due anni fa (https://www.democraziaoggi.it/?p=5136), ma ancora in seguito, più di recente.
In un tal contesto non condivido praticamente nulla di quanto (in ambienti comunque marginali della sinistra) si sta in questi giorni agitando non sul merito, ma in linea di principio contro il procedimento di attuazione del terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione rivendicato dalle Regioni Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna.
Una cosa è entrare nel merito dei contenuti del “pacchetto”, contestando previsioni esorbitanti e squilibrate, tali da minare la coesione finanziaria e conseguentemente quella economica e sociale del Paese.
A quel punto andrebbero efficacemente contrastati i contenuti concreti e perfino l’intero disegno di legge.
Altra cosa è appiattirsi su un contrasto di principio consegnandosi definitivamente a essere del tutto ininfluenti sul merito.
Quella modalità di conferimento di un’autonomia differenziata alle Regioni ordinarie è prevista dalla legge costituzionale di riforma del Titolo V proposta e approvata dal centrosinistra ulivista nel 2001, confermata da apposito referendum costituzionale nello stesso anno e rafforzata dall’esito di ben altri due successivi referendum costituzionali, nel 2006 e nel 2016, che hanno respinto altrettante leggi di revisione volte a modificarla in un senso o nell’altro.
Perciò menar scandalo perché determinate condizioni politiche (germinate nella trascorsa legislatura e maturate in quella corrente) stanno portando a conclusione un processo in linea di principio del tutto legittimo a me pare insensato.
Semmai, oltre che vigilare affinché la concessione dell’autonomia differenziata alle tre Regioni più ricche del Paese non abbia le conseguenze che molti paventano, occorrerebbe riprendere e rilanciare un progetto sostenibile di completamento e di evoluzione dello schema del Titolo V tale da coinvolgere l’intero ordinamento regionale, ordinario, differenziato e speciale, con tutti i riflessi e le conseguenze sull’ordinamento dello Stato a Costituzione vigente.
Quanto alla Sardegna, ci troviamo per l’ennesima volta alla riedizione di una situazione che ben conosciamo.
La paralisi dell’iniziativa e prima ancora della stessa elaborazione sull’aggiornamento della specialità ci prende di contropiede e accentua quel carattere di ritardo che ha finito per connotare l’autonomia sarda, ancorchè costituzionalmente speciale, rispetto alle regioni ordinarie.
Cavalcare anche noi suggestioni neocentraliste per mero motivo di contrasto politico verso i soggetti (Governo italiano e Governi delle tre regioni interessate) attualmente coinvolti mi pare davvero paradossale.
Certo è che anche il precipitare di questa vicenda mette in luce la mediocrità del confronto politico e programmatico che ha caratterizzato anche la recente campagna elettorale per il rinnovo del Consiglio regionale e per l’elezione del Presidente della Regione Autonoma.
Insomma, che passi o meno l’autonomia differenziata rivendicata da alcune Regioni, quella speciale sarda è destinata a restare al palo, svuotata com’è quasi completamente.
Ma in aggiunta, sia sul fronte dell’omogeneità governativa della nuova maggioranza di governo della Regione, sia sul fronte di un’opposizione codina, interna ed esterna al Consiglio regionale, per la Sardegna va consumandosi l’ennesima, impotente, forse definitiva, omologazione.

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