Dove è nata e dove muore la Costituzione

13 Luglio 2019
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Andrea Pubusa

Sapere dov’è nata la nostra Costituzione è facile. Ce lo ha svelato Piero Calamandrei con parole indimenticabili.  “Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati”. Così rispondeva Piero Calamandrei ai giovani studenti che gli chiedevano dov’è nata la nostra Carta. E’ più difficile capire dove muore la Carta. A me, una volta, uno studente, all’opposto, mi chiese proprio questo. Dopo un attimo di smarrimento, ho risposto: “Nella aule legislative dove si attacca la Carta, in quelle delle università dove insegnano docenti-commercianti, negli uffici dove opera una burocrazia senza slanci, negli uffici giudiziari dove della Costituzione si è smarrito lo spirito“.
L’opinione di Calamandrei è asseverata dalla storia oltre che dall’autorevolezza del personaggio. La mia può suscitare qualche perplessità perché manca l’evidenza storica e manca l’autorevolezza dell’autore. E tuttavia anche questa è vera.
Volete alcuni esempi? Gli attacchi più insidiosi alla Costituzione sono venuti concentricamente, seppure in tempi diversi, dal centrodestra di Berlusconi e dal centrosinistra di Renzi. Da lì è venuta anche la legge elettorale truffa della Sardegna, che punta a mantenere l’egemonia del duopolio centrosinistra/centrodestra con avvicendamenti al governo in perfetta continuità, senza scosse. Le forze minori fuori dall’assemblea! neanche diritto di tribuna! Qualunque posizione fuori dal serragalio, passa via!
Altro esempio? Le autorizzazioni di Renzi e del sindaco PD di Iglesias per la vendita di bombe RWM all’Arabia saudita. Voiolazione dello spirito dell Carta e della legge italiana nonché le risoluzioni ONU e del Parlamento europeo.
Volete un altro caso significativo? Eccolo. L’altro giorno abbiamo appreso che la Polizia Municipale di Cagliari ha chiesto agli organizzatori del Gay Pride la bella sommetta di 7.500 euro per pagare il servizio straordinario dei vigili urbani. E ciò che è peggio, stando a L’Unione sarda, pare che i promotori li abbiano raccolti. Cosa emerge da questa vicenda? Anzitutto, che la Polizia municipale non conosce l’art. 17 Cost., che pone a carico degli organizzatori di riunioni in luogo pubblico solo l’obbligo del preavviso alla Questura. Preavviso finalizzato a consentire alla forza pubblica di apprestare il servizio per garantire lo svolgimento ordinato e sereno della manifestazione. Solo per comprovati motivi di sicurezza pubblica la manifestazione può essere vietata. Che c’entrano i vigili urbani? Che c’entrano i versamenti? La libertà è per tutti non solo per chi può pagare. I vigili urbani non distinguono una manifestazione da una promozione commerciale, dove un rimborso spese può essere giustificato. Cosa ti puoi aspettare da una burocrazia come questa?
Ciò che colpisce è però che la pensano allo stesso modo i promotori del Gay Pride. Perché raccolgono i 7.500 euro richiesti dalla Polizia municipale, anziché attenersi all’art. 17 Cost.? Vogliono aderire alla richiesta dei Vigili? E così facendo non si accorgono di radicare una prassi che impone a tutti di pagar dazio per manifestare? Insomma, gli amici e compagni del Gay Pride sembrano lontani dalla Carta quanto i vigili urbani di Cagliari. Anche a loro un invito amichevole e affettuoso: leggete l’art. 17 Cost.
Un terzo esempio in modo che tre fatti costituiscono prova più che semplici indizi?  I giudici del Tar negano ai sardi l’accesso alla Corte costituzionale sulla legge elettorale. Ora che ci sia una distorsione della rappresentanza nei premi di maggioranza è - come dicono i giuristi - in re ipsa, è nell’ordine stesso delle cose. Se essa è compatibile con la governabilità, valore anch’esso costituzionale, chi lo dice? Il Tar o la Corte costituzionale? Il Tar è giudice degli atti amministrativi non delle leggi. Vagliare una legge non è affar suo, deve solo applicarla. Può vagliare solo se esiste un dubbio o meno di costituzionalità, ossia se nel caso nostro la distorsione è ragionevole o no. Ma posto che la distorzione della rappresentanza c’è e la Corte ha ritenuto ragionevole un premio del 54% a chi ha il 40% dei voti, stabilire se lo è anche il 60% a chi ha sempre il 40% dei voti a chi spetta? Con tutto il rispetto per il nostro beneamato Tar, spetta al Giudice delle leggi, non al Giudice degli atti amministrativi. Tanto più che la Consulta (e anche la Cassazione) hanno enunciato il principio del favor verso i vaglio costituzionale, posto che in Italia non esiste l’amparo, ossia il ricorso diretto alla Corte costituzionale.
Esempi potrei citarne tanti altri. Ma quanto detto basta. D’altra parte, comunque la si pensi sul rispetto delle leggi e dei confini patri di terra e di mare, arrestare la mite Rackette è un non senso. La privazione della libertà personale è giustificata da esigenze di sicurezza. Ma vi pare che la generosità di Carola sia indice di pericolosità? Ma dai!
E vi sembra sensato schierare la marina da guerra per bloccare navi con qualche decina di poveracci. La Costituzione in realtà sui diritti fondamentali non conosce la figura dello straniero, ma solo quello della persona. Un pò come Gesù che, secondo Francesco non conosce la nozione di straniero, ma solo quella di figli di Dio. In sintonia è l’incitamento “Proletari di tutto il mondo unitevi!” o, se preferite, la canzone “Nostra patria è il mondo intero nostra legge è la libertà ed un pensiero ribelle in cor ci sta. Dei miseri le turbe sollevando fummo d’ogni nazione messi al bando. Nostra patria è il mondo intero nostra legge è la libertà ed un pensiero ribelle in cor ci sta“. Per i diritti della persona la Costituzione non conosce confini. Anche per la Carta, sotto questo profilo, “patria è il mondo intero“.

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