A proposito del “Gay Pride”, della libertà di riunione e dei regolamenti della burocrazia

4 Luglio 2019
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Andrea Pubusa

La vicenda del “Gay Pride” a pagamento, mi ha fatto incavolare, come sempre quando si pretende di condizionare libertà fondamentali, in questo caso, quella di riunirsi in luogo pubblico o di manifestare. L’anno scorso in vista del corteo del 25 aprile me la presi con la Questura e col Comune di Cagliari. Imperante Zedda e non Truzzu, sapete cosa dicevano le due burocrazie congiunte? Se volete organizzare una manifestazione, per il 25 aprile, non dovete fare come dice la Costituzione ma come recita la circolare Gabrielli, che dà alle autorità preposte alla sicurezza e all’incolumità pubblica istruzioni sulle manifestazioni in luogo pubblico. E sapete cosa avevano tirato fuori? Dicevano che, secondo questo atto del Ministero, se volete fare un corteo, dovete presentare piani di sicurezza firmati da ingegneri abilitati, ingaggiare squadre di persone addestrate per garantire l’ordine, le squadre devono essere munite di pettorina e di capigruppo abilitati, perfino munirvi di furgoni (per sbarrare la strada a eventuali terrorist in camion?!). Ora, per il “Gay Pride” la polizia municipale chiede agli organizzatori di pagare gli straordinari ai vigili urbani impegnati per il servizio di sicurezza. 7.500 euro. Una follia!
Osservavo allora e ribadisco oggi che la circolare è diretta alle Autorità responsabili della sicurezza pubblica, non agli organizzatori delle manifestazioni, in capo ai quali l’art. 17 Cost. pone solo (sottolineo: solo) l’obbligo di dare preavviso. Il dovere di garantire la sicurezza spetta alle forze dell’ordine. Basta leggere l’art. 17 Cost. Eccolo:  “I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi. Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso. Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica”. Come si vede, delle riunioni in luogo pubblico dev’essere dato preavviso alle autorità, cioè solo informazione. E sapete perché? Perché è la Questura che deve garantire la
sicurezza o l’incolumità pubblica. Del resto, la forza pubblica non è pagata per questo? Non è questa la sua mission? Non schiera la polizia in forze e in assetto antisommossa quando ci sono manifestazioni di lavoratori o di pastori? E, invece, la Questura pretendeva che siano i manifestanti a garantire la nostra e l’altrui sicurezza: Una sorta di sicurezza privata. sul modello delle ronde notturne che in molte città sostituiscono la forza pubblica. La Polizia municipale di Cagliari, invece, è andata oltre: chiede ai manifestanti il pagamento degli straordinari ai vigili urbani! Una prospettiva completamente errata perché antepone la nota di Gabrielli o il regolamento della Polizia municipale alla Carta, su cui lor signori hanno giurato e che è la legge fondamentale, superiore a tutte le altre, alle circolari e ai regolamenti, che non sono neanche leggine.
Questo strabismo giuridico impedisce anche di interpretare correttamente la circolare Gabrielli. Essa in realtà non pone, né potrebbe porre, condizioni alla liberta di riunione. Non può porre in capo agli organizzatori oneri ulteriori rispetto al preavviso. E, infatti, dalla circolare si rileva che gli organizzatori devono essere “invitati a regolare e monitorare gli accessi” onde evitare sovraffollamenti (fine pag. 1 - inizio pag. 2). “Invitare” non vuol dire obbligare, significa aprire un dialogo onde stabilire forme collaborative, come del resto si è sempre fatto.
Nel caso della manifestazione del “Day Pride”, questa misura cautelare è pressocché superflua, poiché si conosce l’affluenza, mediamente immutata negli anni. Quest’anno non c’è ragione di pensare che la partecipazione si discosterà da quella dell’anno scorso. Quanto detto vale anche per i compiti di accoglienza e instradamento dei manifestanti, che non richiede, pertanto, alcun piano (v. punto 4, pag 2, della Circ.).
Questi due incisi sono diretti ad eventi estemporanei o nuovi, di cui non è possibile prevedere l’entità. Manifestazioni ormai collaudate da decenni di svolgimento su iniziativa di organizzazioni democratiche ben note, rendono perfettamente prevedibile l’affollamento e lo svolgimento nonchè il contenuto e il tenore del corteo.
Questo avevo detto l’anno scorso in vista del 25 aprile e ora lo ribadisco per il “Gay Pride”. Il dibattito dei giorni scorsi, il ricorso al Tar e l’intervento del Sindaco mostrano tuttavia che la Costituzione la leggiamo poco anche noi democratici. E mi spiego. Secondo la Costituzione gli organizzatori devono dare preavviso alla Questura tre giorni prima della manifestazione. Punto e basta. Polizia municipale, carabinieri e altri, se vuole e se necessario, li consulti il Questore. Se lo ritiene, ricevuto il preavviso, il Questore può invitare ad un incontro gli organizzatori, ma non per richiedere di pagare un conto o reclutare personale di sicurezza, ma semplicemente onde esaminare, con spirito collaborativo, la natura e l’entità della manifestazione. In quella sede, senza formalismi o burocratismi, fermo restando che garantire la sicurezza  è obbligo della forza pubblica, ci può essere uno scambio di informazioni sul servizio d’ordine e le altre misure organizzative predisposte dai promotori in modo da assicurare i raccordi e le forme collaborative fra organizzatori e le forze dell’ordine.

Occorre respingere con fermezza l’idea che la libertà di manifestazione sia condizionata ad adempimenti gravosi o impossibili per gli organizzatori. Una libertà è una libertà! Ve la immaginate una libertà a pagamento? O condizionata dai Vigili urbani? Suvvia! Vien da ridere. Ma, attenzione!, non possono essere condizionate neanche dalle ordinanze del Tar. Dato il preavviso ai sensi dell’art. 17 Cost. la manifestazione si fa e basta, la libertà si esercita pienamente, pacificamente e allegramente, infischianmdosene dei Vigili urbani. Se poi la Polizia municipale si vuole coprire di ridicolo, si accomodi pure. Passi il conto agli organizzatori. E’ quello il provvedimento che sì impugna a manifestazione svolta, non la richiesta preventiva di versamento che la Costituzione neanche lontanamente prevede e che non può limitare uin alcun modo il corteo.
Morale della favola: in materia di eserciio delle libertà, occorre fare solo quanto richiede la Costituzione, la burocrazia va scansata. Anche perché - come insegna la vicenda del “Gay Pride” cagliaritano - i vigili non distinguono tra libertà di manifestrazione e iniziative di promozione commerciale a fine di lucro. Come dire che un parroco non distingue la Madonna da Satana e impone ai fedeli per la Madre di Gesù, le stesse cautele previste per il Maligno! Assurdo non vi pare? Folle!

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