Andrea Pubusa con un commento di Tonino Dessì
I primi dati di queste elezioni sono desolanti e comprovano il grave stato di salute della nostra democrazia. Anzitutto il tasso elevato di astensiomi: quasi meta’ dei sardi non va a votare e il problema non è di chi diserta l’urna, è di chi, le liste, non offre stimoli per meritare il voto. In questo contesto chi vince è sempre perdente, non rappresenta le comunità, ma solo una piccola parte di esse, consorterie e il loro piccolo seguito e poco più.
La seconda evidenza non è meno preoccupante. I primi eletti sono nove i sindaci di piccoli centri con un solo candidato. nei quali l’affluenza è stata di oltre il 50% (percentuale che in caso di un solo candidato vale come quorum), quota sufficiente per eleggere l’unico candidato a primo cittadino del paese. Ma il fatto che non ci sia competizione elettorale è di per sé indice di una democrazia morta.
Quali questi comuni democraticamente deficitari? Ortueri nel Nuorese (Francesco Carta), Sorradile nell’Oristanese (Pietro Arca) e Illorai (Titino Sebastiano Cau, di fatto primo sindaco leghista nella Regione) e Putifigari (Giacomo Contini) nel Sassarese.
E gli altri risultati? Pessimi. Il testa a testa a Cagliari tra Ghirra e Truzzu non è mai esistito se non nella fantasia degli strateghi del centrosinistra. Truzzu ha vinto a man bassa. Neanche ballottaggio come a Sassari. Anche ad Alghero il centrodestra fa cappotto.
Fra i tanti vulnus a Cagliari c’è anche quello inferto dai pentastellati ai propri elettori e al sistema democratico non presentando la lista. E loro, con disinvoltura, pensano che sia solo una questione interna. Del resto, nel capoluogo l’attacco al sistema democratico sta all’origine di queste elezioni ed è venuto dall’ex sindaco Massimo Zeddaa e dal centrosinistra, che hanno abbandonato Palazzo Baccaredda sulla base di un calcolo di schieramento alle elezioni regionali. E - da grandi strateghi del pisello - hanno sbagliato i conti: hanno consegnato già la Regione al centrodestra, e a Cagliari hanno fatto il bis.
Il disastro dunque è servito. I risultati elettorali, a partire dal calo di votanti, ne sono una logica e ovvia conseguenza
3 commenti
1 Tonino Dessì
17 Giugno 2019 - 09:20
Non si va manco al ballottaggio, parrebbe.
Quando Venerdì mattina una fonte “informata” mi ha parlato dell’esistenza di un sondaggio che dava l’on. Truzzu in vantaggio sull’assessora uscente Ghirra tanto da vincere al primo turno, son rimasto combattuto fra incredulità e preoccupazione.
Nella serata di ieri, la diffusione del dato partecipativo alla chiusura dei seggi cagliaritani mi ha fatto pensare che quel sondaggio fosse smentito dai fatti: una volta la partecipazione degli elettori di sinistra era militante e l’astensione penalizzava i partiti moderati.
L’andamento “testa a testa” dello spoglio in nottata mi confermava che se una parte ampia di elettorato democratico non si era schiodata dall’astensione, anche una parte del tradizionale elettorato moderato sembrava non aver gradito la candidatura di un esponente di estrema destra, mentre il risultato marginale, ma non insignificante della lista Verdes sembrava consentire almeno il secondo turno.
Il fatto è che i tempi sono cambiati, è vero, ma anche una certa contabilità reclama sempre i suoi conti.
Pensare che il PD assommato alle varie liste derivate dall’ex SEL, pur spalmati su una pluralità di liste, potesse sconfiggere il centrodestra cagliaritano unito, cui si sono assommati i sardisti, andava in partenza contro quella contabilità elementare.
Il risultato delle tornate elettorali regionale e comunale ravvicinate è che la destra ha riconquistato la Regione e si riprende il Capoluogo dell’Isola, mentre il centrosinistra li perde entrambi.
Un motivo ci sarà. Anzi: più d’uno.
Mi riprometto, se riesco, di sottrarmi al rito dell’analisi del voto.
Mi limito a invitare le persone più serie a non infliggerci la formula del “risultato da cui ripartire”.
Specie a Cagliari, dove si è anticipata la consultazione elettorale, con non poco azzardo, di due anni e dove un migliaio di voti in più o in meno avrebbero fatto la differenza, fra l’altro col M5S fuori gioco, senza franche assunzioni di responsabilità dubito si possa ripartire da questo risultato, col quale si chiude, non si apre, una fase politica.
Ora si riparte dall’opposizione, in città più ancora che in Consiglio comunale.
Ci sono davanti cinque anni di tempo e fra cinque anni oggettivamente sarà tutto diverso.
Chissà se lo sarà anche come soggettività e come convinta partecipazione politica di tutti i democratici e i progressisti.
2 Tonino Dessì
17 Giugno 2019 - 10:38
Postilla (tenermela dentro mi precluderebbe un minimo di sfogo del malumore).
Fare una campagna elettorale da “Mulino Bianco”, delle e dei “contenti e soddisfatti di come vanno le cose grazie a noi, lasciateci continuare” in una città con gravi problemi di sofferenza economica e di disuguaglianza sociale non ha certo accattivato il tanto spesso evocato “voto popolare”.
A me per esempio un po’ di fastidio lo ha dato.
3 Aladin
17 Giugno 2019 - 21:17
Anche su Aladinpensiero online: http://www.aladinpensiero.it/?p=97877
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