L’Europa secondo uno dei suoi padri: Altiero Spinelli

26 Maggio 2019
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Red

Oggi si vota per il parlamento europeo. Ci pare utile ricordare il pensiero e la vita di un padre dell’Europa, Altiero Spinelli, nobile figura di antifascista e di combattente per la libertà.
Il suo impegno ci mostra quanto lontana sia l’UE dal disegno e dallo spirito dei suoi migliori artefici. Combattere la politica antipopolare dell’UE, l’austerità e il liberismo, non significa avversarne l’esistenza, ma semmai impegnarsi per un’Europa migliore,  fattore di uguaglianza e di democrazia. In questa direzione il voto di oggi è importante e - come abbiamo scritto ieri - offre alternative, che vanno dal M5S alle liste di sinistra.

 

 Altiero Spinelli e il federalismo europeo

  «La via da percorrere non è facile, né sicura. Ma deve essere percorsa, e lo sarà!» (Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Il Manifesto di Ventotene, 1941)

Articolo già apparso sulle pagine della rivista http://www.treccani.it
Il federalismo europeo «è nato durante gli anni più duri della guerra nell’animo di alcuni uomini della Resistenza, di vari Paesi d’Europa, che nelle prigioni, nei campi di concentramento, nelle isole di confino, o nascosti alla macchia come partigiani o cospiratori, senza conoscersi fra loro, poiché la loro condizione era di una diaspora nell’illegalità, contemplando la rovina vergognosa dei vecchi Stati e meditando su quel che si sarebbe dovuto fare una volta abbattuta l’idra nazista, non si contentarono di progettare restaurazioni democratiche nazionali e riforme sociali ed economiche nazionali, ma intravidero come impegno di lotta politica la costruzione di una federazione europea»: in una bellissima voce pubblicata nel 1977 nell’Enciclopedia del Novecento, così Altiero Spinelli raccontava la nascita di una nuova idea d’Europa, che avrebbe dovuto creare le condizioni di una “pace perpetua” – per usare le parole di Kant – tra gli Stati del continente, ponendo fine al sistema delle sovranità nazionali, che aveva condotto a entrambe le guerre mondiali e alle crisi economiche che le avevano intervallate.Spinelli, dopo quasi dieci anni di carcere (1928-37) e due di confino a Ponza (durante i quali era stato peraltro espulso dal Partito comunista per la sua avversione a Stalin), fu trasferito nel 1939 fino al ’43 sull’isola di Ventotene, dove scrisse, assieme all’esponente di Giustizia e Libertà Ernesto Rossi, il Manifesto per un’Europa Libera e Unita. Progetto di un Manifesto (1941), meglio conosciuto come Manifesto di Ventotene, che fu clandestinamente stampato a Roma nel 1944 dal socialista Eugenio Colorni, che ne redasse anche la prefazione.
In esso, che costituisce come noto uno dei testi base dell’europeismo, ricco di progettualità e speranza, si indicava come causa della guerra non il capitalismo, ma la sovranità assoluta degli Stati-nazione, fra loro perennemente rivali: secondo Spinelli, non si sarebbe data pace in Europa se alcune delle principali competenze attribuite fino ad allora agli Stati, quali «la garanzia del rispetto delle regole di vita democratica, la politica estera, la politica militare, la politica economica e monetaria», non fossero state delegate a organi sovranazionali, affidate a istituzioni politiche comuni. Da qui, nell’ideale progetto spinelliano, sarebbe dovuta ripartire la ricostruzione postbellica europea.Poiché a suo parere la vera, nuova distinzione tra progressisti e reazionari era l’aderire o meno a un’idea di Europa federale, egli cercò di coordinare i diversi gruppi europeisti in un “movimento” e non di organizzarli in un partito, dando pertanto vita all’Union Européenne des Fédéralistes e poi al Mouvement Fédéraliste Européen. Pur cogliendo affinità con l’europeismo funzionalista di Jean Monnet, inoltre, egli considerava illusoria l’idea che dal potere amministrativo potesse discendere infine un potere politico: «Nessuna agenzia settoriale europea avrebbe avuto una forza trascinante per il resto delle economie e della società europea, ove fossero mancati impulsi politici nuovi provenienti dal di fuori dell’agenzia stessa».Tuttavia, già il Congresso dell’Aia del 1948 decretò la sconfitta dell’utopia federalista. Come lo stesso Spinelli ammetteva, i federalisti «si rendevano scarsamente conto che il ritmo delle realizzazioni politiche è assai più lento e più tortuoso di quello della formulazione del pensiero. La penetrazione delle loro idee sarebbe stata assai più difficile di quel che essi avevano immaginato, ma la loro critica e il loro disegno, benché ancora non realizzato, è rimasto sino ad oggi il lievito fondamentale dell’europeismo».

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 La vita di Altiero Spinelli (dal sito del Comitato A. Spinelli)

Altiero Spinelli nasce a Roma il 31 agosto 1907. Dopo i primi anni passati con la famiglia in Sud America, dove il padre, laico e socialista, era vice console, nell’estate del 1912 rientra a Roma, e qui frequenta le elementari, il ginnasio e il liceo classico. Già negli ultimi anni di scuola comincia a interessarsi alla politica, in questo influenzato dal padre e dalle letture di testi socialisti. Dopo la fondazione dei Partito comunista sceglie la militanza in questo partito: infatti nel 1924 si iscrive alla facoltà di giurisprudenza dell’Università di Roma e, contemporaneamente, al gruppo universitario comunista e alla cellula di quartiere Trionfale della Federazione giovanile comunista, di cui diviene, dopo poche settimane, segretario. Da questo momento partecipa attivamente all’attività antifascista clandestina del partito, che lo nomina, nell’autunno del 1925, nel Comitato della federazione laziale e poi, un anno dopo, segretario interregionale. Arrestato nel 1927 a Milano, viene condannato a sedici anni e otto mesi dal tribunale speciale per cospirazione contro i poteri dello stato. Avendo beneficiato di alcune amnistie parziali, sconta dieci anni di carcere (nei penitenziari di Roma, Lucca, Viterbo e Civitavecchia), ma, al momento di essere rilasciato, viene inviato per sei anni al confino, prima a Ponza (dal 1937 al 1939) e poi a Ventotene. Nel frattempo matura il distacco dal Partito comunista, iniziato durante gli anni del carcere, che diviene definitivo negli anni dei sanguinosi processi staliniani contro i dissidenti del regime. A Ventotene, tra l’inverno del 1941 e la primavera del 1942, dopo un’approfondita elaborazione, cui partecipa un gruppetto di confinati – tra i quali Eugenio Colorni – scrive, in collaborazione con Ernesto Rossi, il Manifesto per un’Europa libera ed unita (Manifesto di Ventotene), il documento di base del federalismo europeo. Caduto il fascismo, viene liberato il 19 agosto 1943 e dieci giorni dopo fonda a Milano, insieme a una trentina di reduci dal confino, dal carcere e dall’esilio, il Movimento Federalista Europeo.

Altiero Spinelli e Ursula Hirschmann, Sabaudia 1984
Altiero Spinelli e Ursula Hirschmann, Sabaudia 1984

Dopo l’8 settembre si rifugia in Svizzera, dove organizza le prime riunioni federalista sovranazionali a Ginevra, a conclusione delle quali viene approvato un documento che sarà la base di alcuni programmi della Resistenza europea, soprattutto in Francia. Chiamato da Leo Valiani a Milano, alla segreteria politica del Partito d’Azione Alta Italia, partecipa per alcuni mesi alla Resistenza.
Nel marzo dei 1945 organizza, insieme a Ursula Hirschmann vedova di Eugenio Colorni, trucidato dai fascisti pochi giorni prima della liberazione di Roma ‑ il primo congresso federalista internazionale a Parigi, cui partecipano, tra gli altri, Albert Camus, George Orwell, Emmanuel Mounier, Lewis Mumford, André Philip. Terminato il congresso rientra in Italia riprendendo il suo posto nella Resistenza e nel giugno 1945 segue Ferruccio Parri, nominato presidente del Consiglio. Nel febbraio 1946, a seguito delle conclusioni del I Congresso, lascia il Partito d’Azione insieme a La Malfa, Parri, Reale e un gruppo di azionisti con i quali fonda il Movimento per la democrazia repubblicana, che abbandona alla vigilia delle elezioni alla Costituente.
Dopo una breve parentesi nell’impegno federalista durante il quale lavora come fiduciario nell’Azienda Rilievo Alienazione Residuati (ARAR), nel 1948 viene eletto segretario dei Movimento federalista europeo, successivamente membro del Bureau Executif e delegato generale dell’Union Européenne des Fédéralistes (UEF). Per quattordici anni è l’animatore di tutte le più importanti battaglie in favore della federazione europea, in particolare quella della Comunità europea di difesa (CED) e della Comunità politica.
Abbandonate, nel giugno 1962, tutte le cariche federaliste, fra il 1962 e il 1965 fa parte della redazione de «il Mulino» ed è tra i promotori dell’«Associazione di cultura e di politica “il Mulino”», l’istituzione di controllo di tutte le attività promosse dal gruppo bolognese. Dal 1962 al 1966 è Visiting Professor al Centro di Bologna della School for Advanced European Studies dell’Università Johns Hopkins, ove tiene corsi sulla Comunità europea. Nel 1963 crea il Comitato italiano per la democrazia europea (CIDE) e nel 1965 fonda l’Istituto Affari Internazionali (IAI), per promuovere ricerche e studi sul ruolo e le responsabilità dell’Italia nella Comunità europea e di questa nel mondo.
Dal dicembre 1968 al luglio 1969 è consulente per gli affari europei dei ministro degli Esteri Pietro Nenni. Dal 1970 al 1976 è membro della Commissione esecutiva della Comunità europea, che tenta di trasformare nel vero motore politico dei processo di integrazione sovranazionale.
Eletto deputato al Parlamento italiano nel giugno 1976, come indipendente nelle liste del PCI, è presidente del gruppo misto alla Camera, e nello stesso anno viene nominato al Parlamento europeo. Nel 1979 gli è riconfermato sia il mandato al Parlamento italiano (dove è membro del gruppo misto), sia quello al Parlamento europeo (eletto per la prima volta a suffragio universale). Qui svolge un ruolo di particolare rilievo, facendosi soprattutto promotore, nel luglio 1980, dell’iniziativa istituzionale il – Club del Coccodrillo – che porta alla formulazione dei progetto di trattato di Unione europea da lui elaborato e approvato a larghissima maggioranza dal Parlamento europeo, il 14 febbraio 1984, con l’appoggio di deputati europei di tutti i gruppi politici e di diversi Paesi.
Rieletto nel 1984 al Parlamento europeo – dopo l’affossamento dei progetto di trattato fatto dai Vertici di Milano e di Lussemburgo –, rilancia nella primavera dei 1986 una nuova iniziativa costituente, ma qualche giorno dopo, il 23 maggio 1986, muore in una clinica romana.

E. Paolini

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