Andrea Pubusa
I fatti di Torre Maura non possono essere passati sotto silenzio, anche perché l’azione squadrista è ancora in atto. Riassumiamo. Nei giorni scorsi in questa zona di Roma circa 200 abitanti del quartiere, supportati anche da militanti di Casapound, sono scesi in strada per protestare contro il trasferimento di alcuni rom in un centro di accoglienza di proprietà del Comune. C’è stata una vera e propria rivolta, sono stati dati alle fiamme un cassonetto e un’auto in sosta lungo la strada noleggiata dalla coperativa che opera nella struttura. Nel corso dei tafferugli sono stati calpestati e distrutti i panini destinati ai rom: “Devono morire di fame” hanno urlato alcuni. “Dateci i terremotati, gli zingari non li vogliamo”. Poi è rimasto nel luogo un ‘presidio’ dei residenti.
La procura di Roma indaga per odio razziale. I reati ipotizzati sono di danneggiamento e minacce aggravate dall’odio. La giustizia farà il suo corso. Deve farlo, la legalità e i diritti costituzionali delle persone devono essere ristabiliti prontamente e con fermezza. Guai a lasciar fare. Ma non è questo l’aspetto fondamentale della vicenda. Ciò che colpisce è la violenza, è l’assenza di umanità, l’aspetto quasi sacrilego del calpestare il pane, in un paese in cui fino a qualche decennio fa, nella società contadina, questo era un atto impensabile. Ricordo che i vecchi non permettevano neppure che il pane in tavola rimanesse rivoltato, e, se questo casualmente accadeva, provedevano immediatamente a rimetterlo a posto. Come del resto era impensabile buttare il pane. esistevano molti modi, anche gustosi, per cucinarlo e ammrbidirlo, se diventato duro. Su mazzamurru> riordate quanto era buono!
Bene ha fatto la Raggi a dire: “Non cederemo a odio di Casapound e Forza Nuova”, e ad adottare misure alternative. Le 70 persone (33 bambini, 22 donne delle quali tre in stato avanzato di gravidanza) saranno spostati nelle altre strutture cittadine “entro sette giorni”.
E’ importante, ma neanche questo è l’aspetto fondamentale. Ciò che preoccupa è “il clima molto pesante, di odio” come ha detto la sindaca di Roma, odio verso bambine e donne incinta, famiglie. Rischiavano la vita e l’incolumità personale. Vien da chiedersi cosa stia succedendo nel profondo di questo paese.
Non voglio nascondermi dietro un dito nè essere reticente ed ipocrita. Avere zingari o situazioni di degrado nel cortile di casa non è allettante. Anche sinceri democratici - è inutile negarlo - non gradiscono queste situazioni. Ma una cosa è discutere con le autorità competenti per una soluzione ragionevole ed accettabile per tutti, altro è dar vita a manifestazioni che ricordano il Ku Klux Klan di triste memoria, che linciava e impiccava i neri. Gli “strani frutti” pendenti dagli alberi di cui ci parla in modo struggente nella sua canzone Billy Holiday:
«Gli alberi del sud danno uno strano frutto,
sangue sulle foglie e sangue sulle radici,
un corpo nero dondola nella brezza del sud,
strano frutto appeso agli alberi di pioppo.»
E’ un campanello di allarme dell’esistenza nella nostra società di aree in cui ha attecchito il morbo peggiore, il male assoluto. La reazione della magistratura e delle forze dell’ordine è necessario, ma occorre spezzare le sorgenti che alimentano questo humus nero, bisogna rilanciare la cultura, la scuola, tutte quelle sedi in cui si educa alla civiltà e al piacere della convivenza.
Ma è difficile in situazioni degradate, abbandonate. “Le nostre case, gestite dal Comune, sono abbandonate al degrado. Il mio balcone si muove, ho dovuto riparare una perdita al bagno a spese mie perché ogni volta che aprivo il rubinetto l’inquilino al piano di sotto veniva a suonare”. Così Giuliana, che abita in una delle palazzine di via delle Alzavole, a Torre Maura, come del resto la maggior parte dei residenti scesi in strada, la notte scorsa, per protestare. “Viviamo in questo appartamento da 41 anni - racconta Anna, che di anni ne ha 88 -. Prendo 600euro di pensione al mese, il soffitto del bagno mi sta per crollare in testa. Quando chiamo il Comune, mi tengono in attesa un tempo infinito e ora mantengono questi rom”. Muri portanti con crepe profonde, visti più volte dai vigili del fuoco, balconi senza vetri dopo l’ultimo vento forte che li ha letteralmente fatti saltare, cornicioni a pezzi, citofoni aggiustati alla bell’e meglio dagli inquilini. “Giorni fa un pezzo di cemento mi è caduto sulla macchina, dopo essersi staccato all’improvviso dalla facciata sopra al portone - racconta un uomo -, il parco davanti lo manteniamo noi, i lavori dentro casa pure. Capite che è questo ad accendere il fuoco dell’intolleranza?”. Sembra illogico spendere per i rom e lasciar loro in questa situazione inaccettabile.
Una situazione veramente difficile, che interroga i democratici su questa deriva. La risposta si trova - come diceva un vecchio abitante di questo quartiere alla radio - nello smantellamento del tessuto della sinistra in quei luoghi. Prima c’era la sezione del Partito comunista, ch’era punto di incontro, aggregazione e formazione. I fatti di questi giorni con quella presenza sarebbero stati impossibili, impensabili. I fascisti non avrebbero avuto neanche il coraggio di presentarsi nè avrebbero avuto gli agganci per farlo. Oggi agiscono spavaldi e indisturbati, anzi col consenso di molti degli abitanti.. Una risposta civile è ineludibile, ma parte dalla ripresa di contatto e del radicamento delle forze democratiche nel quartiere. La sola repressione non risolve il problema.
1 commento
1 Aladin
6 Aprile 2019 - 08:30
Anche su Aladinews: http://www.aladinpensiero.it/?p=95346
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