Alessandro Tedde - Presidente nazionale Sinistra XXI - per l’alternativa di società
Proseguiamo la riflessione sul che fare? a sinistra dopo il voto regionale con questo intervento di Sinistra XXI
La vittoria del centrodestra sardo-leghista ha radici profonde nell’assenza di qualsiasi visione prospettica da parte delle forze alternative, dopo il fallimento del progetto di cambiamento della Sardegna promosso dal centrosinistra guidato da Renato Soru ormai quindici anni fa, nella XIII legislatura.
Da quel momento, è mancata una reale alternativa strategica agli elettori sardi: nessuno dei gruppi dirigenti locali si è più assunto il compito storico, non transitorio, del buon governo dell’Isola; nessuno ha ricostruito le basi di un progetto di Rinascita sarda come parte integrante della strategia di sviluppo costituzionale dell’Italia.
Il secolare progetto di autogoverno della Sardegna fondato sulla centralità del lavoro non ha trovato interpreti autorevoli. Tutt’al più, il progetto di un blocco di forze fondato sull’autonomismo “come aspirazione popolare [e] ideale di tutti” (così Emilio Lussu) si è tradotto in proposte meramente tattiche ed elettoralistiche, a volte tendenti a privilegiare maggiormente il tema dell’autogoverno dei sardi (2014: 10,30% per Michela Murgia con il solo 6,77% alla coalizione), a volte il tema della centralità del lavoro (“Sinistra Sarda”, 0,6% pari a 4273 voti di lista nel 2019 contro il 2,04% pari 13.982 voti di lista del 2014).
Se da un lato è corretto rifiutare la resa alla logica che ogni spazio di alternativa debba integrarsi organicamente nel centro-sinistra guidato dal Partito democratico, dall’altro è pur vero che la storia non ha finora premiato chi ha tentato di ingaggiare una sfida meramente elettorale per il governo. Quest’anno è toccato al Movimento 5 stelle che, con il 9,72% alla lista e l’11,18% al candidato presidente, ha visto sconfitto, sul piano regionale, lo schema tripolare delle elezioni politiche.
Anche le operazioni di maquillage condotte con volti giovani o candidati civici hanno dato ben pochi risultati: la sostituzione del liberista Pigliaru con il socialdemocratico Zedda non è stata sufficiente a far dimenticare il naufragio del centro-sinistra, né tantomeno ha sortito l’effetto di convincere tutte le forze di alternativa presenti in quella coalizione a riconfermare la desistenza concessa di cinque anni prima.
Vero è che poco sarebbe cambiato e per le sorti della Sardegna (che oggi si ritrova guidata da un sardo-leghismo che ricorda il sardo-fascismo contro cui si batté Emilio Lussu) e per quelle della sinistra sarda, intesa come progetto strategico piuttosto che come cartello elettorale (quale è stata la lista presentata con questo nome per ovviare al problema della raccolta delle firme).
Le elezioni regionali hanno fatto scontrare la sinistra e i sinceri autonomisti con la dura realtà dell’impossibilità di rivitalizzare una guerra di movimento, tattica ed elettoralistica, che in verità ha sempre mostrato scarso appeal quale credibile alternativa al centrodestra. Si è sottovalutato, come da tradizione, il valore di un più ampio disegno ispirato alla visione gramsciana della guerra di posizione, in cui la proposta elettorale si strutturi almeno lungo tutto il quinquennio antecedente il voto.
L’intuizione dell’alleanza delle forze che nei loro statuti e nei loro programmi intrecciano la tradizione politico-culturale del movimento dei lavoratori con quella dell’autonomismo sardo, dotata di una potenziale massa critica per ambire al governo della Sardegna senza necessità di alleanze spurie (peraltro suffragata da dati reali: nelle elezioni del 2014 con un bacino elettorale di circa 150 mila voti a sinistra del PD), rimane alla base dell’azione di Sinistra XXI, nuova componente del coordinamento italiano di Sinistra europea, poiché rimangono valide ed attuali le ragioni di un progetto strategico di sinistra sarda inteso anche come opzione politica unitaria della sinistra e degli autonomisti, che si assuma il compito di far uscire l’isola dall’oscuro periodo di strapotere personale che si prospetta con la nuova disastrosa esperienza di centrodestra.
Per disegnare un nuovo modello di sviluppo fondato sulla tutela degli ultimi, costruito a partire da un percorso partecipativo di tutte le realtà culturali, politiche e sociali che porti ad un governo regionale capace di guardare con attenzione al territorio, all’ambiente, alle fasce deboli della società, ai lavoratori e alle lavoratrici, cioè di mettere al centro della propria azione politico-istituzionale la Comunità sarda, riteniamo necessario intessere un rapporto stabile tra i partiti di alternativa e i movimenti sociali, come primo passo verso una sorta di esquerra unida i alternativa della Sardegna.
La prospettiva unitaria delle vicine elezioni europee potrebbe aiutare non poco ad attivare nuove ed impreviste energie, ma per far questo è necessario iniziare a sostenere con i fatti che la Sinistra Sarda non si risolva in un cartello elettorale composto da forze distinte e discordi (poiché, come detto, nell’Isola per i progetti meramente elettorali non è data una terza opzione), ma piuttosto rappresenti una proposta nuova di sinistra sarda collegata alla sinistra europea e mediterranea, come parte di un progetto strategico per cui le elezioni siano solo un momento di verifica di quanto già fatto nella società e non un mero tentativo di rilancio affidato al caso.
2 commenti
1 admin
16 Marzo 2019 - 09:08
Il sardo-leghismo, piu’ che il sardo-fascismo degli anni ‘20, ricorda l’alleanza del Psdaz col centrodestra nei governi regionali degli anni ‘50, contro cui pure combatte’ Lussu. Viviamo in un ordinamento democratico, con una dialettica politica e istituzionale democratica (A.P)
2 Aladin
16 Marzo 2019 - 09:28
Anche su Aladinews: http://www.aladinpensiero.it/?p=94595
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