Andrea Pubusa
A me nella procedura avviata dal Tribunale dei Ministri ciò che sorprende non è che il M5S abbia con una consultazione espresso un giudizio sul carattere assorbente dell’aspetto politico nella vicenda, ma che il gruppo dirigente pentastellato abbia messo ai voti fra i propri iscritti la sottoposizione a processo del Presidente del Consiglio dei Ministri e del proprio leader Di Maio. Sì perché di questo si tratta. Dopo la dichiarazione formale di Conte, Di Maio e Toninelli sulla natura collegiale delle decisioni sulla Diciotti, in realtà il vertice pentastellato ha ammesso la possibilità che i propri iscritti potessero mandare a processo i vertici del loro stesso governo. Senza tema di smentita credo si possa affermare che questa decisione nessun’altra forza politica l’ha presa o la prenderà mai.
In questo il M5S mantiene tutta la sua forza spiazzante. E non è un caso l’attacco e la critica concentrica e settaria contro di loro qualsiasi cosa facciano. E’ la eterogeneità delle loro posizioni, l’assalto alla casta, la volontà di rimettere in discussione gli assetti di potere sedimentati, la quatione moorale che li rende urticanti per le altre forze e per l’establishment. Lo stesso PD ha fatto maggiori aperture alla Lega che al M5S su molte questioni sul tappeto, dalla TAV al Venezuela, all’autonomia del Lombardo Veneto che, non a caso, comprende anche l’Emilia Romagna e vede favorevole Chiamparino.
Quanto al merito della vicenda ho già detto e confermo che la questione Diciotti rientra in una decisione più generale, espressione dell’indirizzo di maggioranza e di governo, che, in quanto tale, non ha nei Palazzi di giustizia la sede istituzionale appropriata per essere sindacata. Quel luogo è il Parlamento e il paese con la sua libera iniziativa democratica, e il Presidente della Repubblica, la cui funzione di controllo e di stimolo costituzionale può sempre esprimersi in vario modo e con la massima autorevolezza attraverso i messaggi al Parlamento.
Questo è ciò che si può dire sul piano costituzionale, fermo restando che il sindacato di merito sulla politica in ordine ai migranti è altra partita. Salvini, su questa come su altre questioni, va battuto sul piano politico, non chiedendo la supplenza delle aule di giustizia, la cui invocazione è il segno più evidente della mancanza di proposta e iniziativa politica. Da questo punto di vista il misero dibattito, questo sì senza fantasia!, messo in campo dai candidati alla segreteria del PD, ne è la riprova inequivocabile. E se non si smuove niente nel PD e dintorni in direzione del disgelo verso il M5S, non ci sono Tribunali che tengano, Salvini, col suo forno alternativo di centrodestra (e le simpatie del PD su TAV, autonomismo differenziato e altro), rafforzerà sempre più la sua posizione di decisore principale della politica nazionale. La rottura dell’alleanza M5S/Lega non va gridata, va costruita.
4 commenti
1 Aladin
19 Febbraio 2019 - 09:45
Anche su Aladinews: http://www.aladinpensiero.it/?p=93648
2 aldo lobina
19 Febbraio 2019 - 15:38
Caro Professore, non è questo il punto. La responsabilità penale in Italia è personale. Se c’è una commissione di reato e se ci sono complicità sono sempre di qualcuno. Non del governo astrattamente. Il fatto che un cittadino - innocente fino al 3° grado di giudizio - sia indagato non è un abominio. Se il cittadino indagato è un deputato o un senatore esiste una procedura parlamentare che vaglia l’autorizzazione a procedere richiesta dai magistrati. Ma attento: i 2,5 Stelle sono sempre stati costituzionalmente favorevoli alle autorizzazioni a procedere, cioè a far decidere al potere giudiziario sulla responsabilità penale dei cittadini deputati o senatori. Ne hanno fatto una bandiera. Ora, per proteggere un loro sodale di governo, questo atteggiamento cambia. Le regole per i 2,5 Stelle valgono solo per gli altri. Non per i loro amici . Legga cosa diceva Di Maio nel 2014 a proposito di immunità parlamentare. O non era Di Maio? Ora in verità è Di Febbraio! Poveri noi!
Risposta
Caro Lobina, non ero d’accordo con la posizione di Di Maio nel 2014 e quindi confermo la mia opinione secondo cui le decisioni in materia si prendono caso per caso. Nel caso Lockeed il Ministro Tanassi era accusato di aver incassato una tangente. L’autorizzazione fu sacrosanta e la Corte Costituzionale, secondo la disciplina del tempo, lo giudicò e lo condannò. Qui il caso è diverso. Un ministro viene accusato di aver compiuto un reato nell’esercizio di un indirizzo politico di maggioranza e di governo (coinvolgere l’Europa nell’accoglienza deo migranti), come poi confernato dalle memorie Conte, Di Maio e Toninelli. In questo caso penso che sull’indirizzo politico e sui suoi esiti debbano sindacare organi costituzionali, il Parlamento e il Corpo elettorale. Non mi pare materia da Tribunale ordinario. Quando dico che le persone in queste valutazioni generali non contano, lo dico per mettere in evidenza che stiamo discutendo di rapporti tra organi costituzionali e di bilanciamento dei poteri. Ci sono anche le persone, non solo quelle presenti ma anche quelle future. Il giudizio quindi deve tendere non a stangare il ministro avversario o a salvare quello amico, deve basarsi su dati oggettivi, sapendo che le prassi costituzionali diventano norma consuetudinaria, applicabile ai casi futuri. E, per quanto mi riguarda, non ritengo che l’indirizzo politico debba essere sindacato dai tribunali nè oggi nè mai.
Quanto alla consultazione solo i ciechi non possono vedere che i 5S hanno adottato una decisione inusuale, stravagante. Rimettere ai propri iscritti la decisione di mandare davanti ai giudici i propri rappresentanti nel governo insieme al loro alleato. Nessuno l’ha mai fatto e lo farà mai. Moro, in un famoso discorso, disse che la DC non si sarebbe mai fatta processare, e parlava di scelte politiche non di ordinaria criminalità dei politici. FI e PD addirittura coprono i loro politici per reati comuni. Il M5S mantiene invece un ammirevole rigore morale (e questo è uno dei motivi di maggiore fastidio del mondo politico). Queste sono considerazioni fondate su fatti, osservati senza pregiudizi.
Se invece volete sapere cosa penso di Salvini, l’ho detto più volte e lo ribadisco: va battuto politicamente, attraverso la costruzione di un’alternativa a questo governo, alternativa che - a mio avviso - per ragioni numeriche e politiche, non può non ricomprendere il M5S. L’idea che, se i pentastellati crollano, “vince la sinistra” (quale?) è una disastrosa cavolata che fa il paio con la sparata di Renzi dello stare a guardare, mangiando pop-corn.
Andrea Pubusa
3 Salvatore Carboni
20 Febbraio 2019 - 20:20
Ora, con i genitori ai domiciliari, innocenti fino a 3°grado di giudizio, mi sa che l pop-corn gli andranno di traverso.
Sottoscrivo il suo postato.
Un attivista del M5S e già Suo “esaminato” in dirtto Pubblco Ec. e Com. anni ‘70.
La politica è cambiamento continuo. Solo i somari non cambiano e coloro che fanno leva sul pregiudizio.
La saluto cordialmente.
Risposta
Ricambio i saluti, che per un prof., se inviati da un allievo, sono graditissimi, perché accompagnati da un affettuoso ricordo.
Mi fa piacere poi che da me abbia appreso non solo il diritto pubblico…
Cordiali saluti anche a lei.
Andrea Pubusa
4 EMANUELE TRUDETTINO
27 Febbraio 2019 - 03:51
Salve prof., noi non ci conosciamo ma leggendo il suo articolo concordo pienamente con la sua analisi e aggiungerei il preminente interesse pubblico che in fondo non è altro che il volere degli italiani votanti. Questa, diciamo, intromissione della magistratura mi puzza di bruciato perchè rifacendomi alle parole di un personaggio del calibro del giudice Davigo che, intervistato a La7, disse: “Un magistrato non dovrebbe fare politica” se usò il condizionale vuol dire che a lui risultano giudici che si prestano a questi giochetti poco puliti. Non concordo in assoluto con le politiche 5S, in alcune cose come la disoccupazione io avrei preferito altre soluzioni, ma in quel particolare frangente un giudice non si puo mettere in scacco un intero governo specie se si parla di uno stato sotto stretta sorveglianza della comunità europea. Cordiali saluti.
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