Red
Non c’è dubbio che questi ultimi vent’anni possono essere ricordati come “l’età berlusconiana”. Il Cavaliere ha governato ininterrottamente salva qualche pausa rissosa e inconcluente del centrosinistra, ha cancellato dall’Italia la sinistra, ha permeato il Paese del suo modo di pensare, anche gli avversari. Ha modificato la costituzione materiale e forse cambierà anche quella formale, ha l’Italia ai suoi piedi. Ha fondato un grande partito di destra, mentre il centrosinistra è sfaldato, punta credibilmente al 51% dei consensi.
Ora tutto questo non può essere opera di un piazzista. C’è qualcosa di più. L’intercettazzione degli umori profondi del Paese, la capacità di trascinare e anche di rispondere a bisogni reali, seppure in modo effimero o apparente.
E può permettersi anche un’ironia, questa volta vera:’E’ un momento intimo, siamo solo la maggioranza degli italiani”. Sà trattare con gli alleati: ”C’e’ stima e affetto” dice. Non sarà così, ma c’è rispetto. Quello che manca dalle nostre parti. Parla del Pdl come di un ”grande sogno”, ma anche di ”una realta’ gia’ forte e vincente”. Ma soprattutto in crescita, visto che ”i sondaggi ci danno al 43,2% e siamo sicuri di arrivare al 51%”. Sembra guardare ai partiti ‘leggeri’ d’oltreoceano piu’ che a quelli strutturati dell’Europa: gli elettori, ricorda, hanno deciso il nome ed esso e’ una ”precisa indicazione: dobbiamo essere un popolo prima ancora che un partito”.
Il Cavaliere ha chiari anche gli obiettivi, che enuncia con decisione. Con il Pdl, dice, anche in Italia si realizza quella ”rivoluzione liberale, borghese, moderata e interclassista” che si e’ avuta in Francia e Gran Bretagna. Il premier ripercorre le tappe che lo hanno portato su un palco dominato da maxi-schermi: ricorda il suo invito a votare per Fini nella corsa per il Campidoglio nel lontano ‘93 e poi, rivolgendosi al leader di An seduto in prima fila, lo ringrazia per aver ”anteposto l’interesse del Paese a quello personale”, contribuendo cosi’ a scrivere ”questa pagine di storia”. Di fatto, per aver scelto un ruolo istituzionele.
Poi va all’attacco della sinistra: quella ”risparmiata in modo chirurgico dalla magistratura militante”, quella che ha ”pensato di diventare democratica sostituendo la parola comunisti”, quella che ”riceveva finanziamenti dall’Urss”, quella, insomma, che non ha ”mai chiesto scusa e che non e’ mai mutata dai tempi di Palmiro Togliatti”. Il passo dal passato all’oggi e’ breve. Ed e’ il Pd a finire nel mirino: parla con delusione di Walter Veltroni e di Dario Franceschini come di uno che ”rinnega la linea per salvare il salvabile”. Poi attacca la GCIL “il sindacato piu’ estremo”. Infine individua nel ”riformismo liberale” la ”formula vincente”. Insomma, scandisce, ‘’siamo l’unico governo possibile oggi in italia”. Ma, ammonisce, il destino del Pdl ”dipende dal destino anche di chi non ha votato per noi”. Ecco perche’, conclude, le istituzioni sono ”chiamate a tempi reazioni ben piu’ rapidi” di quelli attuali, visto che ‘’sentiamo il patriottismo della Costituzione, ma non fine a se stesso”.
Non si può dire che il Cavaliere non ci abbia avvertito: ora mette mano alla Costituzione. Cosa dovrà dirci ancora per indurci a lasciar perdere le divisioni e a lavorare ad un grande partito della sinistra? Loro - beati! - a destra lo hanno già fatto.
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