Paradossi del “reddito di cittadinanza” e paradossi de “Il Manifesto” e dintorni

13 Febbraio 2019
3 Commenti


 

il requisito di residenza in Italia da almeno dieci anni, di cui gli ultimi due consecutivi è incostituzionale e iniquo perché esclude le persone straniere regolarmente presenti in Italia; i senza dimora, a prescindere dal fatto che siano o meno cittadini italiani; i possibili immigrati italiani residenti all’estero e di ritorno in Italia“. Non sfuggirà al giornalista che c’è stato e c’è un attacco massiccio per la estensione del beneficio ai non italiani. Dunque, i difetti o le lacune lamentate da Ciccarelli sono il prezzo - come spesso accade nelle votazioni - per far passare i benefici a favore di tutti gli altri. Quindi l’impostazione dovrebbe essere rovesciata, e cioè affermare che il reddito di cittadinanza beneficia molti poveri e per gli esclusi ci sono nell’ordinamento altri rimedi. Ad esempio la Consulta, che, investita della questione, può trarre dalla Carta una integrazione alla disciplina vigente, nella parte in cui non include i soggetti segnalati da Ceccarelli. Sono sentenze che spesso la Corte costituzionale adotta, desumendo la disciplina direttamente dalla Costituzione.
La questione riguarda, ad esempio, anche i motivi umanitari per i migranti, come ha detto in un parere la Corte dei conti e dicono molti costituzionalisti.
Ciccarelli lamenta poi la probabile incapienza delle risorse stanziate. Queste “risultano, ad un’analisi più dettagliata, incapaci di coprire l’intera platea dei poveri assoluti (4,9 milioni per il governo Lega-Cinque Stelle; tra i 2,4 e i 2,7 milioni per Inps e Istat) che hanno un reddito Isee inferiore ai 9.360 euro. Avendo mantenuto il tetto massimale di 780 euro, determinato sulla base del 60% de reddito mediano netto italiano da cui detrarre la differenza del valore del patrimonio e dei redditi a disposizione dei richiedenti, il sussidio rischia di penalizzare i nuclei familiari numerosi, i soggetti più colpiti dalla povertà in nome dei quali il governo sostiene di avere istituito questa misura. Secondo Giuseppe Pisauro, presidente dell’ufficio parlamentare di bilancio (Upb) ascoltato ieri dalla commissione bilancio del Senato, la «scala di equivalenza»prevista è concepita male: «Se il beneficio per un single è di 3.423 euro, per una famiglia con più di 4 componenti scende a 1864 euro a persona». Sviluppando la logica del workfare, l’Upb dubita della credibilità dei meccanismi coercitivi ipotizzati dal governo: «Se non fossero stringenti il rischio sarebbe un aumento della spesa per 2 miliardi».
Benissimo, prendiamo per buona questa osservazione. Pone il problema di rivedere la disciplina, ma non ne inficia la bontà di base. O no? Era meglio fare come prima, che nulla (o molto meno) era stato previsto per le fasce in povertà? O è preferibile far qualcosa seppure da perfezionare e migliorare? Per il Manifesto sembra meglio fare come prima.
Ciccarelli giunge così al paradosso, questo sì sorprendente, di ritenere che un provvedimento che sviluppa l’art. 38 della Cost., perché - a suo dire  - lo fa parzialmente e con lacune, costituisca una lesione dei diritti costituzionali delle persone residenti in Italia e rechi un  danno economico.
Poi il giornalista fa proprie le paure di Tito Boeri, e cioé che c’è il rischio che l’INPS, incapace dei controlli, sia “costretto a chiedere la restituzione di cifre fino a 10 mila euro, dopo averli riconosciuti, ad almeno 100 mila nuclei” che li hanno presi indebitamente. Certo, questo è un problema, ma non è motivo per non adottare la misura per temperare la povertà.
Poi, l’altro refrain: il provvedimento di contrasto alla povertà, basato sullo scambio tra sussidio pubblico e obbligo al lavoro (8 ore gratuite a settimana, tra l’altro), genererà esclusioni e diseguaglianze.  Un “impressionante elenco di ingiustizie, e fondate anomalie“, cui si aggiunge  il problema dei «navigator», 4 mila nuovi precari assunti dall’Agenzia nazionale delle politiche attive del lavoro (Anpal) con un contratto «co.co.co.» per i due anni. Solitamente queste situazioni inducono gli interessati e i sindacati all’iniziativa per la formazione e stabilizzazione. E questa mi pare una buona occasione per i 4 mila giovani, anziché una penalizzazione. Fra l’altro, siccome ci sono anche “gli attuali 654 precari dell’Anpal“  e il lavoro è “molto complesso“, sarà più razionale stabilizzarli.
Il Manifesto fa infine propria la preoccupazione della Caritas. Teme la possibilità di una «marginalizzazione del ruolo delle Regioni e degli enti locali», oltre che «dei soggetti sociali e il volontariato», «fondamentali nella costruzione di una rete di supporto alle condizioni di vulnerabilità». Anche qui forse sarebbe bene ricordare che la Caritas preferisce ai diritti riconosciuti dalla Stato, la carità offerta suo tramite ai poveri con risorse pubbliche.
Al coro delle critiche non poteva mancare il garante della privacy, l’orgolese Antonello Soro. L’Autorità Garante della Privacy non entra nella valutazione della validità del sussidio (non può farlo), ma avanza perplessità sulla “disposizione che attribuisce agli operatori dei centri per l’impiego e dei servizi comunali la funzione di monitoraggio dei consumi e dei comportamenti dei beneficiari”. Chiedo ad Antonello: è meglio “monitorare” che qualche vecchio di Orgosolo abbia qualcosa in più da mangiare o lasciare che, nella sua privacy assoluta, tiri la cinghia? E lo stesso chiedo al CAF, patronato CGIL di Cagliari. Un tempo la CGIL e il PCI lottavano per il “pane e il lavoro“. Oggi, con slogans più moderni, dovrebbe farsi lo stesso: “condizioni di vita dignitose e lavoro“. Invece, per il CAF lo slogan sembra la “privacy prima di tutto!” Certo, c’è tanto da limare nel Reddito di cittadinanza, ma se, in attuazione dell’art. 38 Cost., attenua le penurie dei bisognosi, mi pare ragionevole sostenerlo. Poi, certamente, chiediamo anche altro, il lavoro anzitutto e anche la privacy.
Di fronte a tutto questo non c’è da meravigliarsi se Vito Crimi (M5S) ha accusato i sindacati di essere rimasti «in silenzio» «mentre si svendevano i diritti di tutti». Forse è esagerato. Certo è che scioperi contro le misure “lacrime e sangue” del governo Renzi non se ne sono visti, mentre ora si va contro misure a favore, per quanto manchevoli e perfettibili. Bene la lotta dei sindacati. Ci mancherebbe! Ma bisogna non è che ci voglia aggiustatina del tiro?

3 commenti

  • 1 Aladin
    13 Febbraio 2019 - 09:31

    Anche su Aladinews: http://www.aladinpensiero.it/?p=93272

  • 2 Aladin
    14 Febbraio 2019 - 18:39

    Sulla rivista online “Vogliamo la luna” un approfondito esame del giuslavorista prof. Giuseppe Bronzini sul reddito di cittadinanza, ai fini di una miglior comprensione dell’istituto, al di là delle polemiche più contingenti e della stessa sua sorte parlamentare, segnalatoci da Raniero La Valle e ripreso da Aladinews: http://www.aladinpensiero.it/?p=93442

  • 3 Aladin
    18 Febbraio 2019 - 21:14

    Pier Carlo Padoan, “Serve un assegno universale per i figli” (intervista all’Avvenire).
    Riprendiamo il passaggio finale dell’intervista a Pier Carlo Padoan. Contiene una riflessione positiva, in larga parte condivisibile, laddove sostiene addirittura il vero “reddito di cittadinanza”, cioè quello universale e incondizionato. Distante anni luce dalle bischerate e dalle posizione strumentali che uniscono il Pd di Renzi alla destra italiana (Forza Italia e Fratelli d’Italia in primis) decisamente contro ogni forma di reddito di cittadinanza, a partire da quello assai blando varato dal Governo Conte su impulso del M5S. Ecco il passaggio dell’intervista del giornale cattolico a Padoan. Domanda. “A proposito dei problemi di inclusione, il Reddito di cittadinanza incorporerà di fatto il Rei. Giusto mettere lì 9 miliardi?” Risposta.
    “La vera arma contro la disuguaglianza è il lavoro, non i sussidi. Per aiutare le famiglie e le imprese, oltre al Rei, lo strumento più appropriato, i 9 miliardi li destinerei a un assegno universale per i figli, cui avrebbero diritto anche i lavoratori autonomi e gli incapienti. L’Italia ha un enorme problema demografico: è un Paese che invecchia e anche per questo non può crescere. Sarebbe uno strumento inclusivo che ridarebbe fiducia a imprese e famiglie.”

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