Sul TAV si ricompatta il mondo degli affari per un governo senza il M5S. Quale alternativa?

4 Febbraio 2019
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Andrea Pubusa

Lo scontro sul TAV è emblematico della situazione politica attuale e delle possibile evoluzioni. E’ noto che il M5S è attestato sulla linea del NO, mentre sull’altro fronte ci son tutti Lega e PD compresi. Proprio in questi giorni Deborah Serracchiani, sulle orme di Martina, ha confermato un SI’ “senza se e senza ma” all’opera. “Siamo in recessione e le opere sono tutte ferme. Fin quando al Governo continueranno a litigare il Paese continuerà a scendere.
Del resto il TAV è stato uno dei temi che ha indotto il PD a defilarsi da una ipotesi di governo col M5S subito dopo il 4 marzo. Ma, com’è noto, solo Emiliano è stato sostenitore del passo indietro del Pd sul TAV e dell’allenza di governo PD/M5S, ma senza successo.
Ora il PD torna all’attacco e scende in piazza con tutto il fronte del centrodestra e degli affari, in un evidente tentativo di accerchiamento del M5S e di creazione di un nuovo assetto di governo del Paese che mandi i grillini all’opposizione. Nel tessere questa tela  restauratrice non solo FI e Fratelli d’Italia, ma anche il PD fanno ponti d’oro alla Lega per un ribaltamento dell’alleanza di governo. Il tanto vituperato Salvini, come il mitico Dr Jekyll and Mr Hyde ,  ha due facce, un buon alleato di notte e fascista di giorno. Gli affari prima di tutto!
Ora, la partita non interessa solo le regioni del Nord, ma investe pesantemente il Sud. Dire NO al traforo significa liberare risorse per tutto il paese e per il Sud, certamente bisognoso di infrastrutture e d’interventi pubblici in ogni settore a partire dai trasporti su ferro.
Questa vicenda interessa, dunque, direttamente anche la Sardegna. Sarebbe interessante sapere cosa ne pensa Zedda, che glissa su tutti i temi caldi pur di arraspare voti a destra e a manca.
Ma la questione è interessante perché mostra come sul rapporto col M5S si giocano le partite decisive sulle sorti politiche del Paese. Alla trama restauratrice in atto per mandare il M5S all’opposizione e riportare in sella lor signori con Salvini in testa, bisogna opporne un’altra per creare intorno al M5S un vasto fronte democratico, senza Salvini. In questa vicenda è dunque centrale il giudizio sui 5 Stelle. Chi ne accentua con paroloni la natura destrorsa o addirittura fascista crea un pregiudiziale muro ad un dialogo su singoli temi e sulla prospettiva. Chi, anche con critiche afferma la natura democratica dei grillini, auspica un assetto di governo che li ricomprenda.
Ma è possibile questo dialogo? Vediamo i fatti. L’agenda del M5S è di facile lettura. Redistribuzione della ricchezza a favore dei piu’ deboli, lotta all’austerità e per una UE più democratica, accoglienza europea dei migranti, questione morale, dignità del lavoro, accrescimento degli strumenti di democrazia diretta. Questi in sintesi i temi posti dai pentastellati al centro del dibattito politico nazionale. Un ribaltamento rispetto ai governi “lacrime e sangue” del centrodestra e del centrosinistra. Su questi temi si può discutere e intessere un dialogo? A me pare di sì. Il nuovo segretario del PD su questo dovrebbe misurarsi senza pregiudiziali e su questi argomenti credo debba lavorare anche Landini, nella creazione di un vasto movimento per il lavoro, la democrazia e la solidarietà nel segno della Costituzione. E in questa direzione dobbiamo muoverci anche noi democratici senza appartenenze, fedeli solo alla Costituzione.  In mancanza, all’orizzonte non ci sono mete luminose, ma la riedizione in forme nuove dei governi dei sacrifici per i soliti noti. Neanche questo sarà il fascismo, di cui oggi parlano i sostenitori palesi ed occulti del renzismo, ma sarà certo un passo indietro.

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