De Magistris sui migranti: movimento senza velleitarismi

29 Gennaio 2019
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 Andrea Pubusa

(De Magistris al Teatro Augusteo)

Tutto si può dire di De Magistris fuorché che non sia un sindaco di sostanza, uno che sulle questioni essenziali ci mette la faccia, si schiera. Per capirci, non è come il nostro primo cittadino che dice e non dice e su tutti i temi presenti nel dibattito pubblico glissa. Ciò - ovviamente - non vuol dire che su tutto ciò che il sindaco di Napoli fa o dice si debba essere d’accordo. Prendete le sue ultime iniziative. Ce n’è una imteressante e ricca di prospettive e una un po’ velleitaria.
La prima. Il Comune di Napoli il 4 gennaio ha attivato un servizio per raccogliere le offerte di aiuto: circa 13mila le disponibilità arrivate, la metà da Napoli ma anche dall’estero, tra sostegno economico, ospitalità e offerta di servizi. De Magistris ha convocato così  tutti quelli che hanno offerto il loro aiuto al teatro Augusteo («Simmo ggente ’e core» il titolo della manifestazione) per verificare la possibilità di organizzare una rete solidaristica strutturata.
Ora a me questa pare un’iniziativa che può dar luogo alla “pratica dell’obiettivo“, ossia ad un movimento di massa che fa seguire alle parole i fatti, con comportamenti inequivocabili che non parlano di accoglienza ma la fanno vivere. E’ un’iniziativa fuori dal coro, fuori dal rito, dove in effetti si usa l’accoglienza nelle diverse varianti (dal sostegno senza se e senza all’ostilità ad essa) come schermo per le proprie propensioni politiche pro PD, pro M5S o pro Lega. Insomma, l’accoglienza o il respingimento come surrogato della battaglia politica pro o contro il governo. «Napoli – ha detto de Magistris – mostra il suo volto umano rispetto a questa raccapricciante disumanità che, utilizzando lo schermo del potere formale del governo per becero consenso politico, lucra sulla pelle delle persone. Dopo il nostro appello, siamo stati travolti dalla generosità di migliaia di persone, siamo qui con alcuni di loro per decidere insieme come continuare il percorso».
Mi sembra invece poco realistica la proposta del sindaco partenopeo di avviare una sottoscrizione per dar vita a «una flotta napoletana» che possa essere pronta a scendere in mare qualora non sia dato il via libera a entrare nel porto cittadino a navi con a bordo migranti. E’ velleitario o no proporsi questo obiettivo? Salvo che non lo si avanzi come gesto simbolico.
Laura Marmorale, assessora al Diritto alla cittadinanza con delega all’immigrazione, ha distinto bene le due cose: «Potrà accadere ancora che Napoli debba dichiarare il suo porto aperto, come fa da sempre, offrendosi di accogliere chiunque abbia bisogno di soccorso in mare. È importante, nel frattempo, capire cosa si fa per i tanti migranti e le tante persone povere o disagiate che già abitano in città, che hanno bisogno di progetti di inclusione e accoglienza. Utilizzeremo le disponibilità arrivate per organizzare albi e gruppi dedicati per progetti di solidarietà attiva, che diventeranno parte integrante dell’azione amministrativa. L’inclusione, per essere efficace, ha bisogno del coinvolgimento del contesto sociale». Questa saldatura tra accoglienza delle tante persone povere o disagiate napoletane e l’accoglienza dei migranti mi pare l’idea più intrigante, un terreno utile a mettere insieme quanti si battono per il reddito di cittadinanza e coloro che sono per un’apertura ai migranti nella convinzione che si tratti di due obiettivi da tenere uniti contro chi invece vuole la guerra fra poveri. E’ questo un modo concreto per battere l’impostazione che sta alla base del “prima agli italiani” perché promuove l’idea del mettere insieme l’inclusione di italiani e non.
Questo è anche il modo per far sì che l’Italia un po’ alla volta si “desalvinizzi”, come ha detto De Magistris. Nel Teatro pieno, in platea uno studente calabrese spiega «Il Paese vive una deriva culturale. Io ho messo a disposizione un contributo economico, vestiario e la mia stessa persona in caso di necessità». E una signora veneziana: «Napoli può essere la città da cui iniziare il recupero di ideali e cultura». Ecco, forse questo è un modo per superare il fiume di parole a schema, condizionate molto dalle opzioni partitiche e di schieramento, che, in fondo, minano la causa stessa dei migranti. Fra l’altro, proprio da Napoli sale la richiesta di intervento pubblico nella redistribuzione della ricchezza e nel sostegno a chi è in povertà. Immaginiamo quale ragalo si farebbe a Salvini e alle destre se l’attenzione fosse riservata solo ai migranti senza tener conto dei nostri ceti disagiati. Più che “prima gli italiani” bisogna far passare allo slogan “insieme agli italiani”. Del resto la lotta pei i ceti disagiati del nostro paese, se ben condotta, non può che includere anche la solidarietà verso i migranti. Se si fa prevalere l’idea dell’inclusione, questa è contagiosa, non può essere limitata a gruppi o a parti, acquista carattere di universalità. Questa può essere la mission di Landini, ma le iniziative di sindaci come De Magistris possono offire spunti e stimoli.

 

 

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