Cari amici e compagni, quando da questo blog, da Sardegna1TV e dalle pagine de L’Unione ho lanciato, anche a nome del CoStat, un appello alla più vasta unità per impedire a Salvini di vincere in Sardegna, molti hanno pensato ad una sparata propagandistica, ad una iniziativa per avere visibilità, secondo un malvezzo dilagante. Come CoStat abbiamo anche assunto un’iniziativa pubblica, invitando i candidati presidenti dell’area indipendentista. Nessuno ha abbozzato una risposta. Ora che Salvini è giunto in Sardegna e ha riempito piazze osannanti, forse si è capito che la mia era preoccupazione vera, forte è motivata. Mi faceva male solo pensare cosa avrebbe detto. Sentite. “Se fra un po’ a Oristano ci saranno più stranieri che sardi, l’integrazione ve la imporranno loro e si andrà in giro con un bel burqa e non si mangeranno più pane e porchetta, pane e salame e il maialino: penso che ognuno a casa sua debba poter fare quello che i nonni gli hanno insegnato a fare”. O altre amenità di questo genere fra gli appalusi dei sardi e lo sventolio di bandiere coi quattro mori. Con quel minchione (politicamente parlando) di Solinas congolante, mentre Zedda per incontrare qualcuno si imbosca in iniziative discutibili come il ricordo di Mario Melis a Nuoro o l’invenzione di una pressione dal basso inesistente. E Maninchedda? Si inventa una Natzione con un clic! E la libertà dei sardi alla Pili? In riga e in divisa dietro Salvini.
Ciò che colpisce è che il titolare del Viminale si stato accolto da un alto numero di ragazzi, di giovani, che evidentemente, al faccino di Massimo o alle indipendenze promesso in ordine sparso, preferiscono la sagoma scura, ingombrante e dura di Salvini quando rassicura gli oristanesi dopo l’arrivo di Cesare Battisti nel carcere di Massama: “Avete il mio impegno che il signore qui, in giro per Oristano, non lo vedrete mai perché starà in galera fino all’ultimo dei suoi giorni”.
Ai continuismi e alle generiche promesse la gente preferisce chi dice di voler rompere con la giunta in carica e di essere passato “dalle parole ai fatti”, perché l’anno scorso aveva annunciato che i porti sarebbero stati chiusi e “ci sono stati 100mila sbarchi in meno, gli immigrati ospitati a spese dei sardi sono meno della metà ma l’obiettivo è arrivare a zero: in Sardegna arrivi solo se hai il permesso di soggiorno per arrivare”. E poi di fronte ad un governo regionale che ha abbandonato i ceti popolari, colpisce lo slogan: “prima vengono i sardi, poi il resto del mondo”. Fa effetto verso chi cerca lavoro senza avere risposte anche la precisazione che coi soldi risparmiati dai tagli all’accoglienza degli stranieri verranno assunti nuovi esponenti delle forze dell’ordine. “In arrivo in Sardegna più uomini e mezzi“, ha assicurato per dare una risposta a chi chiede un intervento dello Stato per garantire la sicurezza degli amministatori sardi spesso oggetto di intimidazioni. “Le parole, le lettere e i convegni li lascio agli altri – ha aggiunto – in Manovra sono stati stanziati i fondi per assumere ottomila tra poliziotti, vigili del fuoco e agenti della guardia di finanza”. E molti giovani sognano un futuro tranquillo in divisa. Un tempo gli amministratori e i politici sardi chiedevano meno caserme e più scuole. La Commissione Medici sul malessere delle zone interne suggerì interventi per cultura, servizi e lavoro, ora si chiedono più caserme e si smantellano scuole, poste, uffici e servizi pubblici. Ecco chi serve dunque per soddisfare queste richieste: il Ministro leghista. Le folle che lo accolgono lo vedono come il coerente realizzatore di quelle domande.
A Salvini non si può rispondere con parole rituali e politiche di piccolo cabotaggio nè con il grido “al lupo, al lupo!” “al fascista, al fascista!“. Ci vuole una risposta politica straordinaria, coraggiosa, che rompa gli schemi stantii e deteriori. Non una lista di scarti elettorali dietro l’utimo dei moicani, di una sinistra in estinzione, ma un movimento popolare stimolato da una ritrovata unità delle correnti democratiche. La Lega si presenta con orgoglio, il PD si nasconde e manda avanti una coalizione senza identità, le forze indipendentiste vanno in ordine sparso. Il loro avversario non è la Lega è il M5S, che, dal suo canto, celebra i suoi riti isolazionisti, ormai stanchi e a livello locale perdenti. Il tutto condito con un fiume di parole e astratti propositi. Ci vuol molto a capire che in un ambiente così sfibrato e frantumato l’arrivo di un leader che dà la sensazione di voler fare quanto gli altri hanno invano promesso, sbanca il piatto.
Zedda e Desogus si contendono il secondo posto, Maninchedda, Pili e Murgia si arrabbattano per superare la soglia di sbarramento, quarti, quinti o sesti. Ci vuol poco a capire chi sarà il primo? Irresponsabili!
3 commenti
1 Serenella
17 Gennaio 2019 - 08:22
Perfetta e lucida analisi. Aggiungo che il primo appuntamento elettorale sarà quello di domenica prossima e dovremmo cercare, in quella occasione, di “stoppare” la Lega. La Lega, ma ci rendiamo conto di cosa stiamo ragionando?
2 Aladin
17 Gennaio 2019 - 10:13
Anche su Aladinews: http://www.aladinpensiero.it/?p=92238
3 roberto murgia
19 Gennaio 2019 - 20:49
Salvini spopola in Sardegna e in tutta Italia grazie all’appoggio che il M5S garantisce quotidianamente alla sua linea politica in seno al Governo. Tuttò ciò, nel pieno rispetto della ormai consolidata doppia morale pentastellata che prescrive di criticare Salvini solo quando conviene e tacere quando è contrario agli interessi del Movimento.
Lascia un commento