La Sardegna non è una Vandea

27 Marzo 2009
6 Commenti


Andrea Raggio

Non è la prima volta nella storia dell’Autonomia che una legislatura inizia sotto il segno della speranza e finisce nella delusione. Questa volta, però, alla delusione si accompagnano una grande confusione politica, una forte scomposizione elettorale della sinistra, influenzata anche dalla personalizzazione, e un successo travolgente e immeritato, in buona parte regalato, del centro destra. Renato Soru è il responsabile di questo sconvolgimento oppure è la vittima del tradimento dei sardi servi, venduti a Berlusconi, vandeani e succubi del “potere cagliaritano delle tre M, Medicina, Massoneria e Mattoni con l’aggiunta della C di Chiesa”?
La lettura della vicenda politica e amministrativa dei cinque anni appena trascorsi non è facile, così come facile non è quella dei dati elettorali del 15-16 febbraio. Un fatto è però innegabile: il “sorismo”, intendo dire il decisionismo autoritario, è stato duramente condannato dagli elettori. Ed è stato condannato non solo per la sua inconcludenza ma perché estraneo alla cultura politica autonomista. I fondamenti dell’autonomismo sardo, infatti, sono costituiti essenzialmente dall’intreccio tra lo sviluppo economico e sociale e la democrazia.
Il sorismo, anche questo va detto, viene da lontano. Renato Soru ci ha messo molto del suo ma non è l’unico responsabile. C’è una responsabilità dell’intera classe politica regionale che, a partire dagli anni ’90, cioè dal mutamento del quadro politico internazionale e interno seguito alla caduta del muro di Berlino e dall’esaurimento della politica di rinascita, non ha avuto la capacità di avviare una nuova fase dello sviluppo della Sardegna e si è rifugiata nei falsi miti del decisionismo senza consenso, della stabilità politica da caserma e dell’etnocentrismo. La stessa classe politica nel 2004 si è aggrappata a Renato Soru come all’ancora di salvezza e vi è rimasta aggrappata in ruolo subalterno per l’intera legislatura. Ecco perché si è giunti alla rottura drammaticamente messa in luce dal voto. Dobbiamo prendere onestamente atto della realtà e riconoscere le rispettive responsabilità.
La sconfitta del sorismo è stata per molti della sinistra un’amara, dolorosa necessità. Molti che hanno votato Soru soltanto per disciplina di schieramento e in odio a Berlusconi, hanno accolto la sconfitta come una liberazione. Altri di sicura fede progressista si sono astenuti o hanno votato Cappellacci, e non lo nascondono. Ma ora, a urne chiuse e a voti contati, il compito che ci attende è quello di rimettere la politica con i piedi per terra, avendo come fondamentale punto di riferimento i danni economici e sociali provocati dalla crisi globale e la ricerca di nuove vie dello sviluppo. Ecco perché ai soriani irriducibili che per il dopo Soru annunciano soltanto sciagure mi permetto di dire che la faziosità non ha aiutato e non aiuta. E che è necessario e possibile dar vita a un nuovo centrosinistra impegnato a mettere riparo ai guasti di questi anni e di decenni.
La Sardegna è oramai feudo di Berlusconi? In realtà il PDL ha ottenuto il 30% dei voti validi mentre circa il 20% è andato a formazioni (UDC-PSA-Riformatori- UDS) che berlusconiane non sono e non mi pare vogliano essere scambiate per tali, pur facendo parte, anche a causa della sicumera del centrosinistra, dello schieramento di centrodestra.Il centrosinistra ha circa il 39%, è meno del passato, ma non è un dato da sottovalutare. In conclusione i sardi che hanno votato PDL sono solo uno scarso su tre. Quanto ai gruppi di potere che condizionano l’Istituzione regionale, e quella comunale di Cagliari, dobbiamo ammettere che sono forti anche perché la tracotanza soriana li ha rafforzati spingendo molti piccoli operatori a fare blocco con loro. E sono oggi, purtroppo, abbondantemente rappresentati nella nuova Giunta regionale. Contrastarli non sarà facile ma non impossibile. L’autonomia delle Istituzioni e la loro vitalità democratica, favorite dalla riforma statutaria, e la crisi globale dovranno, dunque, costituire i temi centrali del confronto nella legislatura appena avviata. Il centrosinistra avrà buon gioco se sposterà l’asse dell’azione politica dalle mere polemiche di schieramento, oggi prevalenti anche all’interno dei partiti, alle questioni concernenti le condizioni di vita e di lavoro dei cittadini e i loro diritti. Attenzione, dunque, a non ricascare nell’errore della scorsa legislatura, quello della contrapposizione frontale, alimentata da destra e da sinistra. La competizione tra schieramenti alternativi, se è vera, giova alla democrazia e giova alla Sardegna.

6 commenti

  • 1 Sergio Ravaioli
    27 Marzo 2009 - 08:42

    Condivido in pieno il ragionamento e l’appello finale.
    A fortiori …. una pipincaggine: i voti per lo schieramento Cappellacci presi dai partiti diversi da PDL sono il 25,87% (arrotondabile al 26%) e non il 20%.

  • 2 Enea Dessì
    27 Marzo 2009 - 10:45

    Caro Raggio, all’indomani del voto referendario sulla statutaria fui io a proporre una alleanza tra i partiti e i movimenti che sostennero il No a quella legge. La risposta corale fu negativa e oggi in molti si mangiano le unghie perchè si capisce che ai due pretendenti se ne poteva aggiungere un’altro potenzialmente con gli stessi numeri? Io sono nella stessa condizione di Ravaioli: iscritto al PCI negli anni 70/80, profondamente vicino alla sinistra e al progetto Prodi negli anni 90 e 2000, tra i convinti sostenitori di Progetto Sardegna fino a che Soru…. . Mi piace il blog di Sardegna e Libertà, mi sono avvicinato molto al PSD’Az ma lo vedo arcaico e chiuso rispetto a tante istanze che vengono dalla società. Apprezzo questa voglia che c’è di ricominciare ma non ne vedo la base programmatica. E se pensassimo a un modo moderno di richiedere sovranità e indipendenza? Ovvero a un modo per superare l’autonomismo che, a quanto vedo, non prende più consenso?

  • 3 stefano de candia
    27 Marzo 2009 - 16:00

    Sig. Enea
    Lei vede chiuso e arcaico un partito che vuole mantenere la propria identità che dichiara il suo essere indipendentista e non accetta per forza ogni sorta di istanza dalla società ma cerca di accettare soltanto quelle con esso collimanti.
    Noi abbiamo intrapreso un percorso innovatore soprattutto nei modi di approcciarci alle alleanze, non richiudendoci più solo in un angolo nell’attesa di sparire, abbiamo capito che per governare ed essere riconosciuti come possibili portatori delle istanze dei sardi dobbiamo stare nella stanza dei bottoni anche a costo di farsi venire il mal di stomaco.
    Stiamo portando avanti anche cambiamenti interni e molte nuove persone stanno aderendo al progetto ma per favore basta con questa tiritera che siamo chiusi ecc.
    Le ricordo che Prodi fù talmente aperto da durare 2 anni ogni volta a causa delle troppe differenze nella coalizione…
    Le ricordo che il Pd è talmente aperto da avere dentro teodem e radicalie e infatti non riesce a trovare sintesi su nessuna posizione di carattere etico.
    Noi preferiamo crescere lentamente ma in maniera consolidata…
    Inoltre se è un fans di Sardegna e Libertà Le consiglio di vedere anche qualche consiglio nazionale e magari capirà che mentre dalle altre parti la democrazia è finta da noi è reale…
    FORTZA PARIS

  • 4 M.P.
    27 Marzo 2009 - 16:29

    Anch’io sono nella condizione di Ravaioli, nel mio piccolo. Da oltre un anno sono iscritto al Psdaz (lo fui in realtà giovanissimo). Che il Partito Sardo sia da svecchiare è il motivo per cui Maninchedda va avanti.
    Si tratta di organizzazione, più che di istanze. Credo che E. Dessì veda chiaro; bisognerebbe concretizzare.
    D’accordo con la conclusione di Raggio.

  • 5 Quesada
    27 Marzo 2009 - 17:00

    Chissà che, per una volta, una legislatura iniziata nella delusione non finisca sotto il segno della speranza!

  • 6 Enea Dessì
    27 Marzo 2009 - 19:27

    Caro De Candia, non è un caso che da più di un anno mi sono iscritto al PSD’Az (seconda tessera della mia vita) perchè mi convinse Maninchedda che era un partito per cui valeva la pena costruire un certo lavoro. E non è un caso che in questo sito scrivo che c’è necessità di superare l’autonomismo per approdare verso un moderno programma per la sovranità e l’indipendenza della Sardegna. Sul PSD’Az mi sono permesso di esprimermi usando i termini arcaico e chiuso perchè ancora oggi fa fatica a venir fuori da dinamiche che oserei chiamare di protosardismo. Comunque sono convinto che nel PSD’Az ci saranno cambiamenti importanti e che potrà candidarsi ad essere punto di riferimento di un nuovo modo di organizzare e guidare la Sardegna verso il riconoscimento di stato indipendente dell’Europa.

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