Andrea Pubusa
Avendolo conosciuto ed essendo stato protagonista della sua esperienza di governo dai banchi del Consiglio regionale, trovo poco elegante l’uso smaccatamente elettoralistico del nome di Mario Melis, già visibile nell’intitolazione dell’iniziativa “Mario Melis, da sindaco a presidente“, nell’inserimento di Massimo Zedda fra i relatori e, dunque, immancabilmente del relatore più mediaticamente visibile, ancorché si tratti di persona per nulla attrezzata alla bisogna. Di più e peggio il periodo elettorale dell’iniziativa. Una commemorazione inopportuna, nella quale più che rendere onore alla memoria dell’illustre personalità della Sardegna, si è teso ad annoverarlo, lui che nulla può dire o obiettare, fra i sostenitori di Zedda, in cammino “da Sindaco a Presidente“. Un minimo di buon gusto prima che il rispetto avrebbe imposto anzitutto di collocare l’evento in una data non elettorale, e, in secondo luogo, di dargli un carattere squisitamente storico-culturale. Fra l’altro ci sono ancora in attività molti protagonisti della stagione della prima Giunta comunista-sardista, guidata da Mario Melis, più adatti a tracciare un quadro di quella fase della politica sarda, per molti versi ancora insuperata.
L’iniziativa tradisce la percezione di una carenza di legittimazione culturale di Zedda, il quale forse, per i suoi trascorsi, meglio avrebbe potuto richiamarsi a personalità come Renzo Laconi o Umberto Cardia, se non fosse che quelli erano esponenti di una grande forza politica, mentre il Sindaco di Cagliari è obiettivamente la ciambella di salvataggio dei resti di un patrimonio democratico e di sinistra ormai depauperato proprio da Zedda e dai suoi sostenitori.
Dopo aver creato questi disastri e avendone perfetta consapevolezza, richiamare a proprio supporto un personaggio della levatura di Mario Melis, non direttamente collegabile all’esperienza di Zedda e della sua lista, è antistorico e, sopratutto, imperdonabile.
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