Andrea Pubusa
Ricevo questo appello di CGIL-ARCI e, con punto esclamativo e interrogativo, ANPI della Sardegna. Punto interrogativo ed esclamativo perché non risulta che l’ANPI (a cui mi onoro di essere iscritto) abbia assunto alcuna decisione negli organismi competenti, tant’è che non è firmato dal cooordinatore regionale.
Ma le sorprese sono più d’una. Infatti, nell’appello si fa riferimento a sindaci sardi che hanno deciso di sospendere in alcune parti la legge (non D.L.) sicurezza, sennonché nessun sindaco sardo ha dichiarato di voler disobbedire, aprire porti o mantenere disponibile l’anagrafe ai migranti con permesso scaduto. Interpellati dalla stampa hanno solo detto di attendere che Conte s’incontri con l’ANCI nazionale. Al di là del titolo giornalistico, ahinoi!, nessuna disapplicazione. anzi il contrario!
A parte questa “piccola” imprecisione, che odora di prurito elettoralistico e disinforma i lettori su inesistenti sindaci ribelli, per il resto il documento è ottimo. Sarebbe bastato non fare riferimento a inesistenti sindaci disobbedienti (i quali, fra l’altro, in larga parte si sono schierati al referendum costituzionale con Renzi per lo sfascio della Costituzione!) per fare un buon documento. Compagni così si fa male alla causa!
Ecco il curioso appello.
LETTERA APPELLO AI SINDACI SARDI
Diversi sindaci, anche in Sardegna, hanno deciso di voler osservare il dettato e lo spirito della nostra Costituzione e di sospendere l’attuazione del D.L. su sicurezza e immigrazione nelle parti che riguardano l’attività dei Comuni, ai quali la legge affida la responsabilità di gestire l’anagrafe dei cittadini.
La gravità del Decreto Salvini sta nel fatto che nega i principi di solidarietà e di uguaglianza sanciti dalla Costituzione, che impone di regolare il trattamento degli stranieri residenti in Italia in modo conforme ai trattati internazionali e non differenziato dagli altri cittadini, nei diritti personali e nell’accesso ai servizi pubblici universali.
Infatti, esso prevede per i migranti l’abolizione della protezione umanitaria, il raddoppio dei tempi di trattenimento nei Centri per il rimpatrio (Cpr), la soppressione dei servizi Sprar affidati ai Comuni - anche espellendo dai centri le persone attualmente in attesa di definizione delle pratiche di soggiorno e di asilo - e sostanzialmente smantella le politiche di integrazione e di accoglienza diffusa che le rendono più sostenibili.
L’articolo 13 stabilisce addirittura il rifiuto dell’iscrizione all’anagrafe al richiedente asilo già in possesso del permesso di soggiorno alla sua scadenza e, cioè, dispone di negargli la residenza, impedendogli di usufruire dei servizi sociali, a cominciare dalle prestazioni socio-sanitarie non fondamentali. Così, migliaia e migliaia di persone, pur presenti legalmente nel nostro Paese, sono giuridicamente discriminate e calpestate per decreto.
Si tratta evidentemente di una norma ingiusta e inumana, che appare finalizzata a creare artificiosamente dei clandestini - la stima dell’Anci è di 130 mila persone, molte donne e minori, risospinte nella dimensione della clandestinità - esponendoli al rischio di dover sopravvivere in condizioni di vagabondaggio, di illegalità, rendendo più difficoltosa la loro identificazione e più facile il loro sfruttamento e anche il possibile loro reclutamento da parte della criminalità.
Il Decreto offende la persona del migrante, degrada lo “straniero” a una minaccia, rende il diverso un nemico e fa diventare la discriminazione una regola, rievocando i momenti peggiori e più bui della nostra storia. Ciò deve indurre tutti i democratici a vigilare costantemente contro gli atteggiamenti razzisti di persone che sembrano ispirati al nuovo corso politico del Paese e contro quei comportamenti emulativi che talvolta sfociano in espliciti atti violenti da parte di gruppi organizzati di estremisti politici, di cui si comincia a vedere una eccessiva frequenza.
La decisione dei Sindaci di non dare attuazione a quelle norme che si pongono in conflitto con i doveri e le prerogative delle Amministrazioni locali appare coraggiosa anche sul terreno istituzionale, perché propugna la difesa del diritto e della nostra civiltà giuridica, sanciti dalla Costituzione e dalla Dichiarazione Universale dei diritti umani: se c’è contrasto fra leggi ordinarie e tra queste e la Costituzione, occorre che venga alla luce con chiarezza, affinché la Corte Costituzionale possa pronunciarsi.
L’ANPI, l’ARCI, la CGIL si schierano al fianco dei sindaci sardi che hanno deciso di sospendere l’attuazione del D.L. “insicurezza” e chiedono a tutti i sindaci della Sardegna di assumere posizioni che, nel rispetto della Costituzione, tutelino i diritti fondamentali di tutti.
Michele Carrus, Segretario regionale CGIL Sarda
Piero Cossu, Vicepresidente nazionale ANPI
Franco Uda, Segretario regionale ARCI Sardegna
2 commenti
1 Aladin
5 Gennaio 2019 - 11:00
Un plauso, ma anche un invito ad evitare fughe elettoralistiche che indeboliscono la causa. Anche su Aladinews: http://www.aladinpensiero.it/?p=91779
2 Tonino Dessì
5 Gennaio 2019 - 12:02
Ho rivolto in privato le mie obiezioni a uno dei sottoscrittori del documento regionale della CGIL e dell’ARCI, al quale è stata a quanto pare rocambolescamente apposta un’adesione dell’ANPI sarda senza che i suoi organi si siano pronunziati. Quel documento contiene affermazioni non veritiere. Non ci sono atti di “disobbedienza” dei sindaci sardi. Ci sono dichiarazioni sulla stampa di dissenso per un decreto-Salvini che non esiste più, perché ora c’è una legge del Parlamento. In secondo luogo le tre organizzazioni hanno ruoli e funzioni diverse, che fanno più o meno bene a praticare ciascuna per la propria specificità. Tuttavia recintare la loro posizione in un documento che sa di documento “frontista”, di schieramento a favore di rappresentanti del csx, fa degradare quel documento a mero atto di propaganda. A me come a tanti altri non interessano atti di propaganda: interessano indirizzi di azione concreta utili per un movimento di opinione e istituzionale il più ampio possibile, finalizzato a modificare il più presto possibile l’assetto normativo. E questo non si fa neppure usando il termine giornalistico improprio di “disubbidienza” alla legge da parte di responsabili delle istituzioni, che sta infatti già creando strumentalizzazioni e mettendo tutti in difficoltà. Sono settimane, che con altri mi sto ingegnando a spiegare le vie legali percorribili. Sono state settimane di silenzio, di non cale. Ora un Sindaco intelligente e giuridicamente accorto come Orlando sembra indicare un’iniziativa che considero propizia. Più debole quella di Demagistris, ma stiamo a vedere. Non è accettabile da parte di esponenti politici un mero accodamento con dichiarazioni a esclusivo uso mediatico. Non stiamo facendo una battaglia di testimonianza: stiamo difendendo diritti e persone. E nel far questo bisogna essere “etici”, cioè limpidamente e trasparentemente determinati a fare realmente gli interessi generali e quelli dei soggetti che intendiamo tutelare. A me la questione pare tanto chiara che non ho raccolto nemmeno le esortazioni rivolte al sindaco di Cagliari affinché apra il porto: a parte tutto, quelle navi sono assai lontane da qui e il problema neppure potrebbe porsi. Per converso attendo di conoscere quali provvedimenti intendono prendere i Sindaci sardi sardi per aprire un conflitto di natura istituzionale sull’attuazione della legge razzista e repressiva. Mi pare conclusivamente che questa sia una posizione chiara e operosa, non meramente critica.
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