Andrea Pubusa
Cari amici/e e compagni/e,
in queste ore, mentre penso alle persone care e a voi, coi quali condivido l’impegno per un mondo migliore e più giusto, la mente va a Francesco Cocco, che ci manca da un anno.
Spesso, nei giorni ricchi d’incertezze di questo 2018, l’ho pensato e ho cercato in lui ispirazione per avere un orientamento, una indicazione.
Abbiamo vissuto e viviamo tempi enigmatici, fatti complessi e contraddittori. Il 2018 ha segnato uno spartiacque fra un assetto politico sepolto dal voto popolare, come onda lunga del referendum del 4 dicembre, e un futuro incerto, da costruire.
In Sardegna ci attendono prove complicate e difficili. Veniamo da decenni di azione regionale devastante di esecutivi di destra e di centrosinistra, da politiche succubi alla politica accentratrice e antipopolare nazionale. Il risultato è la perdita della stessa idea di autonomia regionale come garanzia costituzionale di libertà collettive in aggiunta a quelle individuali. C’è stato anche da noi un attacco sconsiderato al governo locale e al Welfare, dalla sanità alla scuola al lavoro, che limita diritti costituzionali fondamentali. I due schieramenti finora dominanti hanno perfino approvato e mantenuto una legge elettorale che nega l’uguaglianza nel voto ai sardi e ne limita fortemente la rappresentanza. Ma ciò che è peggio è che quanti si propongono per le elezioni regionali nascondono sotto nuovi simboli l’appartenenza ai gruppi politici che finora ci hanno sgovernato, e perfino molti di coloro che con parole roboanti si dichiarano per s’indipendentzia hanno fatto (e fanno) parte integrante ed organica dei governi pregressi e dell’attuale. Nella nostra Isola c’è bisogno di una svolta, ma, mentre è facile capire chi cela un sostanziale continuismo, è difficile capire chi ne può essere promotore, perché per questa opera immane occorre cultura programmatica e di governo, di cui si vede poco all’orizzonte.
Avvertiamo l’avvicinarsi di sommovimenti ma ne vediamo il segno ambivalente fra regresso e avanzamento, e questo tormenta le nostre menti e spesso divide o divarica analisi finora comuni. C’è chi vede rosso da una parte e nero dall’altra, e risolve i suoi e gli altrui problemi seguendo con convinzione una strada. C’è chi - e io son fra questi - in tutte le vicende attuali vede oscurità, ma anche elementi di novità, baratri da scongiurare con decisione e prospettive da incoraggiare, equilibri fragili e transitori da superare con assetti democratici stabili e sicuri. E in questa realtà multiforme e contraddittoria, dove serve distinguere e lavorare con tenacia e pazienza per distinguere il loglio dal grano, per raccogliere e accumulare il secondo e gettar via il primo, certamente le riflessioni di Francesco ci avrebbero aiutato. Ci avrebbe dato una mano lui che nell’analisi metteva in campo una finezza rara, frutto di profonda cultura gramsciana, accompagnata da una onestà intellettuale cristallina e da una esperienza di impegno politico alla scuola dei grandi dirigenti comunisti, coi quali ha avuto dimestichezza di rapporti, da Velio Spano a Renzo Laconi, da Enrico Berlinguer a Umberto Cardia. Questo gli consentiva di avere sempre un metro di misura con al centro i lavoratori e le classi subalterne. Così Francesco riusciva a trovare sempre il bandolo per individuare una via in direzione di maggiore giustizia sociale e impegno democratico. Così fece in tutta la sua vita operosa e così fece quando fu in prima linea nella battaglia contro la legge statutaria di Soru come nella dura lotta per la difesa della Costituzione dal vile attacco del PD e di Renzi. E solo dio sa quanto fu preziosa quella sua presenza, per il prestigio ch’egli aveva verso la vecchia area comunista e il mondo democratico sardo. Francesco ci ha dato a livello regionale quella copertura a sinistra che Carlo Smuraglia ha assicurato sul versante nazionale.
Certo, non posso arrogarmi di far dire a lui ciò che penso io dell’oggi, come spesso si fa con chi non c’è più, ma è sicuro che, se non una luce, lui ci avrebbe dato una torcia per cercarla.
Ciò che consola in questi tempi difficili è tuttavia la certezza d’essere e di voler stare saldamente ancorati al messaggio di uguaglianza e di libertà che promana dal comune patrimonio ideale. E questo deve mantenerci uniti, anche di fronte a letture diverse della situazione attuale e della dinamica politica.
Caro Francesco, ci manchi molto, ma, al tempo stesso, non ci manchi perché sei vivo nel nostro affetto e ci conforti nel quotidiano impegno democratico.
3 commenti
1 Aladin
25 Dicembre 2018 - 10:06
Anche su AladinpensieroNews: http://www.aladinpensiero.it/?p=91273
2 Marco
27 Dicembre 2018 - 14:52
Grazie Andrea!
3 annamaria
30 Dicembre 2018 - 11:01
Bello l’articolo ma la foto mi ha profondamente colpito grazie grazie Andrea
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