Andrea Pubusa
E’ sconcertante la leggerezza dell’opposizione in Italia. Prima tifava per la Commissione europea e invitava il governo a conformarsi senza trattativa, ora stigmatizza come resa il 2,04, ancorché sia ben noto che quando si prevede una trattativa le parti indicano cifre in eccesso sia al rialzo che al ribasso. La ragione è semplice: per incontrarsi a metà strada. Conte, da buon avvocato esperto di queste cose, ha condotto da par suo la trattativa, riportando un indubbio successo. Ha anche detto che il parametro per la chiusura del contenzioso era il mantenimento degli impegni di governo. Il rispetto degli obiettivi su cui si è chiesto il voto. Quota 100 e reddito di cittadinanza, anzitutto. Nello stesso giorno il governo incassa l’approvazione della legge anticorruzione e per il M5S è un altro obiettivo raggiunto. Non si può dire che questa maggioranza sia così scassata come si vuol far credere.
Ci sono anche altri risultati, passati sotto silenzio, ma significativi, anche se più piccoli. Ad esempio, l’obbligo del PM di sentire nei tre giorni la donna che denuncia violenze. Si parla molto dei diritti umani, giustamente e in modo preoccupato in relazione ai migrnati, ma questa misura sulle donne, la lotta alla corruzione dilagante e il reddito di cittadinanza, visti sotto il profilo dei diritti, tendono a far pendere la bilancia dalla parte di parti solitamente indifese, donne, onesti, poveri.
Ovviamente i provvedimenti presentano molti punti discutibili e bisogna entrare nel merito senza sconti, ma non vedere l’inversione di rotta che i pentastellati hanno impresso alla politica nazionale è da ciechi. Non a caso l’opposizione arranca e appare priva di bussola.
Altre tre considerazioni: questo è un governo che nasce dal parlamento, a differenza dei governi degli ultimi dieci anni, di matrice presidenziale. Secondariamente, si tratta di un esecutivo che, nel male e nel bene, mira a conformarsi al programma elettorale su cui le singole forze hanno chiesto ed ottenuto i voti. Ed anche questo, sul piano della democrazia formale (sottolineo formale), è un fatto positivo in raffronto agli esecutivi precedenti. Renzi, per esempio, ha fatto una politica eversiva della Costituzione e dei diritti del lavoro, che non era minimamante presente nel programma elettorale del buon Bersani. Un vero tradimento (per usare un linguaggio demodé), ed è quanto poi il PD ha pagato, perdendo verticalmente la sua credibilità, ormai difficilmente recuperabile. Infine, forse sarebbe il caso che i molti detrattori di Conte, rivedessero il loro giudizio. Il Prof. a livello internazionale sta mostrando di avere credibilità e di saper rappresentare dignitosamente il Paese. Niente a che vedere con Renzi o Gentiloni, ad esempio.
Tornando all’accordo sulla Manovra, riportiamo un giudizio di qualche giorno fa del Prof. Gustavo Piga, notoriamente contrario al Fiscal Compact e alle politiche liberiste. Piga ieri ha dichiarato alla radio che il governo italiano ha ottenuto una vittoria storica, perché ha infranto il Fiscal Compact, anche se sull’onda dei gilet gialli e della resa di Macron.
Non si può far a meno, quindi, di mettere in luce come le lotte (ormai dimenticate dalla c.d. sinistra, diventata destra) hanno determinato un cambiamento di rotta in Italia (referendum costituzionale e sconfitta del PD) e stanno scalfendo la politica di austerità dell’Europa (manova italiana e resa di Macron).
Questa considerazione incoraggia la mobilitazione dei movimenti sui temi caldi dei diritti, anche se, per essere credibili, i diritti bisognerebbe considerarli tutti, primi fra tutti quelli della povera gente senza reddito, ad esempio.
Ecco ora l’opinione di Piga, di qualche giorno fa, ma riferibile ad oggi.
1. LA RETROMARCIA DI MACRON SUL SADO-MASOCHISMO AUSTERO? UNA VITTORIA DELL’ITALIA. PARLA IL PROF. PIGA
Michele Arnese per www.startmag.it
È finita l’era del Fiscal Compact con il discorso di Macron in Francia. L’analisi dell’economista Gustavo Piga
“Se siamo arrivati a questo punto, a un Presidente francese che inscena una retromarcia clamorosa per non perdere per la prima volta nella storia della Repubblica la poltrona prima della fine del mandato, è perché le condizioni politiche e sociali sono diventate insostenibili per una larga fetta della società transalpina. Un disastro epocale, che sancisce la condanna definitiva delle sue politiche economiche, in linea con l’afflato austero dell’Europa che lui voleva rilanciare”.
È il commento di Gustavo Piga, economista, da tempo sostenitore in Italia del superamento del Fiscal Compact, dopo il discorso di ieri era del presidente francese Emmanuel Macron. (qui la sintesi degli annunci di Macron nell’articolo di Start Magazine)
Proprio ieri sera Piga ha twittato:
E’ finita l’era del Fiscal Compact, oggi, con il discorso di Macron. E’ finita. Forse l’Europa si potrà ancora salvare. Forse no. Ma la condizione necessaria per il salvataggio è finalmente sul tavolo, una vittoria.
Professore, vedo che su Twitter esulta dopo il discorso di Macron. E’ stato picconato il Fiscal Compact dall’Eliseo dunque?
C’è poco da esultare. Se siamo arrivati a questo punto, a un presidente francese che inscena una retromarcia clamorosa per non perdere per la prima volta nella storia della Repubblica la poltrona prima della fine del mandato, è perché le condizioni politiche e sociali sono diventate insostenibili per una larga fetta della società transalpina. Un disastro epocale, che sancisce la condanna definitiva delle sue politiche economiche, in linea con l’afflato austero dell’Europa che lui voleva rilanciare, e che oggi è sparita dal suo vocabolario. Mi pare che non abbia mai menzionato la parola Europa, nel suo discorso, ha notato?
Sì, sì. Solo Francia, nazione, République. Una marcia indietro una inversione di marcia?
Direi un funerale. Possiamo chiamarlo sovranista, ora, Macron? Ho visto in questi giorni di protesta sui muri la scritta Macron=Luigi XVI; ed in effetti possiamo dire che abbiamo a che fare con una decapitazione, in stile moderno.
Dunque Macron annuncia più spese e meno tasse. E il commissario Moscovici che dirà? Sta finendo davvero l’ortodossia di Bruxelles?
Bruxelles è l’ultimo degli attori rilevanti, segue una recita a soggetto, a metà tra improvvisazione e copione scritto da altri. Finita l’ortodossia in Francia, con una leader tedesca cattolica ed i verdi in crescita, finisce questa Commissione Europea di cui i libri di storia ricorderanno solo il sado-masochismo austero.
Svolta populista o svolta realista quella di Macron?
Cosa intende? Se per lei populismo significa finte promesse, allora no, Macron porterà a termine quanto annunciato a costo di far fuori il suo primo ministro, ovvio e solito capro espiatorio. Se per lei populismo significa ascoltare il popolo, direi di sì, con una buona dose di realismo. Ho un dubbio tuttavia.
Quale dubbio?
Un leader conduce. Se un leader segue, paradossalmente avrà vita breve, ha perso qualsiasi autorità.
Dalla Francia arriva un buon segnale per il governo in Italia?
Direi piuttosto che è una vittoria italiana. E’ la ripetizione dei Mondiali del 2006, non ce la fanno a superarci, con tutte le loro superiorità.
EMMANUEL MACRON BRIGITTE GILET GIALLI
Torniamo alla politica, prof.
L’Italia ha dato prova di democrazia, dando un mandato politico di rappresentanza per le classi più deboli che non fosse né estremista, né violento. E che lungimiranza! Siamo un grande popolo, che fiuta la vita come si fiuta il buon vino. I francesi hanno dovuto scegliere Macron per evitare Le Pen, come scegliere tra due vinelli acetosi, senza rendersi conto che erano comunque finiti in un vicolo cieco.
Ora dunque i saldi della manovra italiana non saranno toccati?
Beh, buona domanda. Io rilancerei il deficit al 2,4%, ma solo con investimenti pubblici fatti di appalti di piccole dimensioni, per le piccole imprese, a dimensione d’uomo, come l’Europa a cui aspiriamo.
1 commento
1 Tonino Dessì
20 Dicembre 2018 - 14:29
Andrea, intanto l’intervista a questo per me sconosciut signore è abbastanza datata.
Tralascio il riferimento alla vicenda francese, perché sotto il profilo dell’esame delle compatibilità finanziarie delle modeste concessioni di Macron da parte della UE se ne parlerà solo a primavera, o addirittura dopo le elezioni europee, mentre la piazza dei gilets jaunes già sembra afflosciarsi e anche dei suoi possibili effetti se ne parlerà ormai in sede elettorale.
Ma sostenere che il Governo italiano abbia scalfito il Fiscal Compact è una tesi risibile.
In realtà il risultato della trattativa è un autocommissariamento sotto dettatura, sotto vigilanza stretta e con la spada di damocle dell’aumento dell’IVA al 26 per cento in caso di disallineamento dei conti. Più i vari tagli e vari contenimenti di stanziamento, fra i quali in particolare l’insufficiente dotazione del Fondo Sanitario Nazionale è quello che preoccupa di più. Sta a vedere che proprio il servizio pubblico più universale dovrà subire le conseguenze di una manovra così precaria, che per ora prevede anche quota cento pensionistica e reddito di cittadinanza come mere poste finanziarie ridotte e senza contenuto.
Ma a dirla tutta non è poi neanche tanto decisivo il fatto che dopo essersi scompostamente scalmanati, i massimi rappresentanti politici e istituzionali della maggioranza che governa il Paese abbiano esposto l’Italia a una umiliazione cocente nelle trattative con la vituperata Commissione UE.
Forse non è nemmeno troppo clamoroso che la manovra economica che il Parlamento italiano si accinge a ratificare per quanto riguarda le macro-grandezze finanziarie imposte dall’esterno e a infarcire, di proprio autonomo contenuto, delle solite mezze misure senza costrutto alle quali ci ha abituato una ormai lunga serie di coalizioni di governo di vario segno politico, sia meno che modesta.
Ma che per delle scarse risorse da distribuire in giro, probabilmente pure eventuali, si siano consumati scambi politici dai quali son venute fuori leggi repressive e reazionarie e si sia funestato il clima civile di questo Paese fino a intossicarlo di esalazioni fascistoidi, questo sì, rende inaccettabili non dico toni trionfalistici, ma neppure cauti apprezzamenti.
Non c’è onore, in questi primi sei mesi di nuova legislatura.
E sia ben chiaro.
Non ce n’è, onore, per un governo e una maggioranza di verbosi e pericolosi incapaci, ma neppure per un’opposizione parlamentare imbelle, sulla quale grava ancora irreparabilmente lo sputtanamento della legislatura precedente e la paralisi della più completa, perdurante confusione politica.
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