Amsicora
Amici miei, avete visto Paolo Maninchedda? Orchestra da par suo, magistralmente, le operazioni elettorali. Che maestria! Che finesse! Quatto, quatto, ci rifila due bluf in uno. Trova quattro concorrenti per convincerci che nelle Primarias c’è competizione vera, e poi crea un grande cortina di fumo sulla sua piena corresponsabilità alla fallimentare esperienza di governo della Giunta Pigliaru. Nella scoperta delle Primarias Paolo mostra tutto il suo talento politico. I sardi potrebbero chiedergli conto della sua compartecipazione a questa giunta regionale imbelle, e lui che fa? Sposta l’attenzione su altro, su un fatto, le Primarias, che diventa assorbente. Una genialta!
E la pluralità dei candidati convince qualcuno sulla effettività della competizione? Neanche un bambino ci crede. I concorrenti di Paolo sono persone serie, sia ben chiaro, ma nessuno di loro è in grado di scalfire la assorbente presenza del leader Maximo del PDS. Zedda avrebbe creato una competizione vera, personale e politica, ma il sindaco di Cagliaria ha scansato l’ostacolo. Ama giocare sempre in casa, fra amici e compagnucci, avventurarsi in campo aperto non è affar suo. Direte: ha fatto primarie con Antonello Cabras, un pezzo da 90 del PD. Sì ma lui, Antonello, aveva dichiarato di non essere attratto dalla cosa, tant’è che se ne disinteressò fino al punto di andarsene ostentatamente in gita negli States mentra Massimo si arrabattava a cercare consensi. Ma Paolo in questo periodo, statene pur certi, non si muove e su ogni cosa - com’è suo carattere - sarà piuttosto preciso e tenace. Non lascerà niente al caso o all’improvvisazione. Certo, Massimo ha ragione ad avanzare una obiezione, anzi due: le regole delle Primarias fissate unilateralmente dal PDS e la questione della natzionalità da accettare. Ma, se Max fosse stato sicuro di fare una passeggiata, non è tipo che sottilizza su questioni di principio, del resto la sua guida ideologica è Uras, al quale tutto si può rimproverare fuorché la schifiltosità teorica e tattica. Massimino, in realtà, al solo pensiero di misurarsi con Paolo su scala regionale, in presenza di un PD in squagliamento, se l’è fatta addosso. e non a torto.
Attenzione, gente, i capitomboli son sempre possibili, ma è anche possibile che ognuno vada per la propria strada. Massimo e Paolo se la vedranno nella campagna elettorale, nella quale cercheranno di misurarsi in un giochino in cui son maestri: il camuffo. Giocheranno di fioretto per dimostrarci, entrambi, che col centrosinistra e con Pigliaru non hanno avuto niente a che fare. L’uno lo farà sfoderando la bandiera nuova fiammante dei Progressisti, l’altro quella della Natzione. Statene certi, ne vedremo delle belle! Sta alla bravura di AutodetermiNatzione rompergli il giocattolo, benché anch’essa, in fondo, abbia lo stesso problema di mettere in ombra i trascorsi pigliariani.
Chi, da questo punto di vista, ha le carte in regola è il M5S: niente alleanze, niente coinvolgimenti. In Sardegna sono vergini. E poi i grillini non sono mai stati teneri con Pigliaru e neanche col centrodestra. Ma i gialli hanno un compito difficile: dovranno riuscire non solo a svelare i nascondimenti delle varie componenti del centrosinistra in fuga, ma sopratutto ad accreditarsi come unica forza capace di battere il centrodestra e Salvini. E questo è un punto nodale non solo regionale. Qui veniamo proiettati sulla scena nazionale. Siamo un pò come ai tempi delle guerre civili a Roma, le battaglie si vincevano o si perdevano non nella capitale del mondo, ma nelle province. Se Salvini sfonda in Sardegna vince anche a Roma, ma se qui viene stoppato, s’infrange subito l’alone di invincibilità, che le destre (e un centrosinistra confuso e autolesionista) gli accreditano. Questa è la reale posta in gioco nelle nostre elezioni: insieme al governo regionale si vota per il futuro della politica nazionale. Qui il M5S deve riuscire a mostrare che non c’è abbraccio con la Lega, che l’antagonismo è forte e che anche l’alleanza nazionale è transitoria e legata allo sviluppo dei rapporti di forza. A partire dalla Sardegna appunto.
3 commenti
1 Aladinews
20 Novembre 2018 - 09:33
Anche su Aladinews: http://www.aladinpensiero.it/?p=90056
2 aldo lobina
20 Novembre 2018 - 14:08
Amsicora, sono d’accordo solo in parte. Concordo con te per la questione che riguarda i sedicenti Progressisti Sardi e la furbata di Maninchedda, che finisce per suonarsela e cantarsela con l’espediente delle Primarias. Niente da dire, mi sono infatti già espresso a proposito. Scrivere però che i Cinque Stelle siano vergini in Sardegna è affermazione che lascia alquanto perplessi, perché – ammesso e non concesso che la verginità politica sia una virtù – essa è per sua natura labile, di breve durata, come dimostra il salvimaio del governo Conte. Infatti i 5Stelle fino a qualche mese fa erano vergini in Italia. E poi tutti sanno come è andata. Coltivare l’illibatezza in Sardegna, dopo averla mercanteggiata alla bisogna con un contratto di governo proprio con la destra di Salvini, non può accreditarli in Sardegna come unica forza capace di battere il centrodestra e Salvini. Se tanto mi dà tanto non è improbabile che alla fine contrattino anche qui qualcosa, pur di governare. Dimostrare che non c’è abbraccio con la Lega, quando non serve per governare, è facile. In campagna elettorale – e certi partiti sono in campagna elettorale perenne – il fine giustifica i mezzi propagandistici, ma poi la realtà del dopo elezioni mostra il vero volto di chi contratta la sua dichiarata verginità.
Risposta
Caro Lobina,
verginità intesa nel senso che qui non hanno mai calcato la scena regionale. Poi tutto è possibilie. Al momento tuttavia, pur, riconoscendo che è molto improbabile che, a febbraio prossimo, il M5S replichi nell’Isola la percentuale del 4 marzo, deve ammettersi che quella gialla è certamente la lista che contende al centrodestra e a Salvini la vittoria. Se poi - come ventilava lunedì nel suo intervento Codonesu - non scattano i premi, perché nessuno supera il 25%, e si torna al proporzionale, credo che il M5S dovrà sforzarsi di aggregare, per formare una maggioranza, le altre forze democratiche che superano la soglia di sbarramento. Qui il PD potrebbe finalmente mutare atteggiamento nei riguardi dei pentastellati, come - a parti invertite - nel Lazio. Ecco perché penso anch’io che l’area c.d. sovranista dovrebbe mettere da parte antiche frizioni e unirsi, chiamando ad un tavolo anche le piccole forze di sinistra da LeU o Si a Potere al popolo. Insieme supererebbero certamente la soglia e manderebbero una preziosa pattuglia in Consiglio. Sarebbe imperdonabile la dispersione anche di un sol voto.
Replica di Aldo Lobina
Molti di quelli che mi leggono conosceranno senz’altro la storia di Nicole, una bella studentessa italiana, dallo sguardo dolcissimo, che ha messo recentemente all’asta (l’espressione cade a proposito) la sua verginità per potersi permettere gli studi nell’Università di Cambridge. Riservandosi pure il diritto di veto se il partito, per quanto generoso, non era di suo gradimento. La verginità è un bene prezioso, ma in certi casi può essere oggetto di contratto cioè di un accordo tra parti interessate al conseguimento di certi risultati, di caratura diversa: il conseguimento di una laurea in economia da una parte,la concupiscenza dall’altra. Mutatis mutandis - per rimanere in tema - la verginità pentastellata è già durata molto poco in Italia se si pensa al salvimaio e io non vedo come essa in Sardegna possa esistere e trionfare, in considerazione del fatto che chi incarna il movimento nella maggior parte dei nostri territori non ha le stigmate di classe dirigente, fatta qualche eccezione, come quella del collega Macciò, proveniente dal centrodestra e candidato in pectore per la Presidenza della Regione.
Comunque né la preparazione politico amministrativa dei candidati selezionati dalle due o tre dozzine di click delle regionarie, né appunto i trascorsi elettorali nel centrodestra di Macciò, potranno rappresentare valido usbergo di quella presunta verginità. Non bastando evidentemente la sua specializzazione in ginecologia a preservarla.
Per questo, Amsicora, in politica la verginità rischia di essere un falso mito, come quello della cintura di castità. Ammesso che quest’ultima sia davvero esistita, è facile immaginare la coesistenza di doppie, triple chiavi per indossarla o toglierla. Così sono le chiavi di lettura che nel mio piccolo ho voluto utilizzare per sfatare un mito, sardo e pentastellato
3 Aldo Lobina
21 Novembre 2018 - 09:00
Ma l’ l’avere associato la metafora della verginità alle carte in regola ha tosto evocato in me quelle considerazioni tra il serio e il faceto, (anche perché commentavo Amsicora). Perché la verginità - anche intesa nel senso dell’esordio nel palcoscenico regionale- è una garanzia farlocca, fino a prova contraria. Del resto non sarà un ginecologo proveniente dal centrodestra ad accreditarla.
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