Un Consiglio regionale che non ci rappresenta

20 Marzo 2009
2 Commenti


Tonino Bullegas - tecnico di Carbonia

Tonino Bullegas, tecnico a P. Vesme,  ci scrive da Carbonia questa significativa riflessione, che ben volentieri pubblichiamo.

Egregio Direttore,
sono un tecnico in cassa integrazione di P. Vesme, e non esistendo più luoghi di discussione politica, manifesto su Democraziaoggi l’amarezza provata al momento dell’insediamento del nuovo Consiglio regionale.
A parte l’elezione (positiva) per la prima volta di una donna alla Presidenza (fra l’altro è della mia città), è anche la prima volta nella storia dell’istituzione regionale che il mondo del lavoro è senza rappresentanza. In passato c’era sempre un forte gruppo comunista, un gruppo socialista (un periodo anche il PSIUP) e devo ammettere che perfino alcuni settori della DC erano molto sensibili ai problemi dei lavoratori. C’erano poi le rappresentanze territoriali, di cui talora facevano parte lavoratori provenienti dalla produzione, dal sindacato o dal partito. Insomma, i nostri problemi avevano interlocutori attenti e informati. Ricorderà anche lei le tante assemblee di fabbrica alla presenza di folte rappresentanze di parlamentari nazionali o consiglieri regionali, che frequentemente si traducevano in iniziative istituzionali. Ora, per la prima volta, tutto questo manca. La sinistra è scomparsa, non potendo certo assumerne il ruolo quella sparuta pattuglia di consiglieri che così si autoqualificano, e, però, sono espressione di piccoli gruppi, privi di pesso e di radicamento sociale. Ma lo è anche il gruppo Soru a cui si riduce, a ben vedere, il PD. E’ emblematico che l’ex Presidente il giorno dell’insediamento non diserti l’aula ma abbia la mente rivolta al Consiglio di amministrazione di Tiscali. E se un tempo la presenza nell’assemblea regionale di un ex segretario regionale della CGIL aveva un grande significato in un gruppo comunista forte e composito, oggi, con tutto il rispetto per la persona, Giampaolo Diana non rappresenta che se stesso, non potendo svolgere, anche a causa dell’isolamento, la funzione che nelle passate legislature svolsero nel gruppo comunista gli ex sindacalisti.
Ma questo degrado non è improvviso. Viene da lontano. Si è imposto lentamente  ed ha origine nell’abbandono di un progetto. Quando le miniere entrarono in crisi sinistra e sindacati avanzarono un progetto di riconversione e chiamarono alla mobilitazione generale popolazioni, istituzioni, rappresentanze parlamentari e regionali. Il passaggio all’Enel dei minatori è venuto da lì col fine di sistemare le vecchie maestranze fino al pensionamento. Anche P. Vesme è nata dalle lotte su quel progetto per dare un futuro alle nuove generazioni. Sulla crisi di P. Vesme, ormai evidente da almeno un decennio, invece non c’è stato alcun progetto alternativo, nessuna idea di positiva fuoriuscita. Il Presidente Soru (e con lui il centrosinistra), nei cinque anni di governo, non solo è stato assente fisicamente, lo è stato soprattutto sul terreno della prospettiva. La società della conoscenza, da lui teorizzata, non è un’astratta enunciazione di principio. Significa applicare le competenze, le intelligenze a risolvere i problemi della gente. In passato i partiti e i sindacati  lo facevano, coinvolgendo lavoratori e popolazioni. Lo facevano, chi più chi meno, anche i governanti. Il piano di rinascita è nato così. Negli ultimi anni questo è mancato. Ai lavoratori sono venuti meno i tradizionali punti di riferimento. Da cosa pensate origini la massiccia astensione nel Sulcis-Iglesiente e in tutta l’Isola? Parte dalla presa d’atto della mancanza di un progetto su cui battersi. Dalla mancanza di prospettiva. E oggi l’insediamento del Consiglio regionale mostra questo vuoto impietosamente.
Ecco perché, per chi, come me,  ha sempre avuto grande rispetto per le istituzioni, quale strumento per realizzare il progetto, quale  sede di raccolta delle nostre battaglie e dei nostri bisogni, oggi è un giorno molto triste. L’autonomia dei sardi, che è anzitutto capacità, attraverso le sue istituzioni, di avere un’idea del proprio avvenire, di evocare speranze e mobilitare energie, oggi con l’insediamento di questo Consiglio, anziché celebrare il suo momento più alto, registra la sua più palese negazione.    

2 commenti

  • 1 Gavino Corda
    22 Marzo 2009 - 20:26

    Un contributo al dibattito da condividere per la sostanziale aderenza alla situazione e l’indicazione delle cause della crisi (soltanto?) delle organizzazioni politiche e sindacali che fanno capo al mondo del lavoro.
    La solitudine , l’isolamento dello sparuto e non rappresentativo drappello dell’opposizione in Consiglio regionale, è speculare alla solitudine e l’solamento in cui si viene a trovare il mondo del lavoro e quello che è rimasto delle sue organizzazioni.
    Considero la chiusura della legislatura in un momento in cui incombeva la crisi, una delle responsabilità più gravi della coalizione sconfitta, ma lei ritiene davvero che Soru avrebbe potuto opporsi al destino delle aziende di trasformazione del Sulcis in presenza di una crisi economica così grave e globale? Avrebbe al massimo tamponato qualcosa.
    Ci sono da affrontare i problemi immediati che la situiazione pone con la spietatezza e l’urgenza che conosciamo. Bisognerebbe impostare quelli di più lunga prospettiva sulla ricostruzione delle organizzazioni del mondo del lavoro,degli ambiti di discussione e di eleborazione di strategie di lotta e di sviluppo.
    Nonostante la delusione e lo sfascio, questi sarebbero i compiti da affrontare.
    Ma lei ritiene che questo possa essere possibile con chi esprime compiacimenti ammiccanti per l’elezione (c’è stata anche quella della Jotti e della Pivetti, ma questa è storica perchè è sarda e quelle no) di una giovane donna ad importanti cariche istituzionali?
    A me suona un po’ come i peana ,ma questa volta siamo noi ad intonarli, della vittoria sull’immondezza di Napoli.
    Non ho voglia di un dibattito in questi termini frivoli e poco sobri da sindrome di Stoc- colma, non ho voglia di ridacchiare e fregarmi le mani in un momento che ripropone a chi si sente sconfitto me disarmato, ben più gravi responsabilità. .
    Non ho voglia di un dibattito che si attardi sul fatto che l’elettorato isolano sia diventata una provincia di Berluscopoli o una Vandea dei nostri giorni.
    Non ho voglia di ristrutturare bagni, nè di aggiungere 20% di cubature a quel poco che mi sono fatto, lesinando sullo stipendio e sulla pensione. Nè mi interessa decidere se era meglio il rigorismo di Soru o le deregulations edilizie escogitate dal Berlusca-gliele hanno chieste anche all’estero(!)-..
    Sono molto perplesso siulla possibilità di ricominciare a filare e tessere politica e sindacato secondo il modo in cui son cresciuto e che mi pare somigli al suo, ma non ho voglia di chiacchere garrule.
    Un tempo i bar erano dei centri di aggregazione, oggi non più.

  • 2 admin
    23 Marzo 2009 - 08:51

    Gavino Corda ha ragione. Ma se non iniziamo a capire senza ipocrisie quali sono stati i nostri punti deboli, le nostre incoerenze, il nostro predicar bene e razzolar male, difficilmente potremo reimpostare un lavoro di lungo respiro.
    Certo Soru non avrebbe potuto fare direttamente granché per P. Vesme e i poli industriali. Ma anche in passato le battaglie degli amministratori del Sulcis-Iglesiente partivano da questo dato. Ma ci si è sforzati di avere un progetto e su di esso si è creata una vasta mobilitazione delle istituzioni e delle popolazioni. Qui tutto questo è mancato, la mente era altrove, e spiega la delusione dei lavoratori e la loro astensione. Quindi nessun compiacimento per come sono andate le cose, ma voglia di capire senza coprirci con la classica foglia di fico. Proprio per ricostruire.
    Quanto alle chiacchere da bar, sarebbe interessante, ad esempio, riflettere sul fatto che il Presidente della Provincia Sulcis Iglesiente (centrosinistra) ha sfiduciato tutti gli assessori (tutti insieme!) e da tre mesi governa da solo! Un vero piccolo mostro istituzionale e per di più in piena crisi, quando un’istituzione per quanto debole dovrebbe essere impegnata a fianco dei lavoratori in lotta. E, se ricordate, anche Milia si era dimesso, in contemporanea con Soru, dalla carica di Presidente della Provincia di Cagliari e poi, per dare un tocco di modernità - le ha revocate con un annuncio su Facebook. Voleva essere candidato alle regionali? Forse. Però, come possiamo pretendere di ottenere la fiducia dell’elettorato se ormai il centrosinistra al governo è sinonimo di ingovernabilità e di giochi da politicanti.
    Dire questo non significa tessere gli elogi dell’avversario, è soltanto indivifuare cosa non dobbiamo fare, se vogliamo riavere la fiducia dei cittadini (a.p.).

Lascia un commento