Gianluca Scroccu
“Il problema dell’Aids non può essere risolto distribuendo condom”. Siamo d’accordo Santità. Ci vuole anche altro: cibo, sanità, cultura, lavoro. Ma dire che la menzionata distribuzione “aumenta il problema”, ci pare proprio una forzatura e perfino una provocazione. Il problema lo accresce semmai il contrario, e cioè il sesso senza protezione. Perché - dovrebbe ammetterlo anche il Santo Padre - non distribuire i preservativi, non significa frapporre un ostacolo al fare sesso. Non importa automaticamente castità ed astinenza, come auspica il Papa. La riprova? 25 milioni di esseri umani deceduti per Aids in Africa dal 1980 ad oggi.
Questi interventi esulano dalla sfera strettamente pastorale per rifluire nella politica degli Stati, chiamati non a salvare le anime ma anzitutto a proteggere le persone, la loro salute e la loro vita. Ecco perché, alle parole di Benedetto XVI, sono insorti i più importanti governi europei, col silenzio assordante dell’Italia.
Prende risalto così ancora una volta la questione della laicità dello Stato e la necessità di una forte mobilitazione sui temi eticamente sensibili. Ecco perché è importante ricordare i momenti alti di questa battaglia, che in Italia presenta caratteri particolari per la continua interferenza delle gerarchie ecclesiastiche su temi (v. oggi testamento biologico) nei quali la Chiesa legittimamente non può andare al di là della diffusione della propria dottrina. Senza imporre niente a chi abbia opinioni diverse. Sono questioni sui quali la sinistra in passato si è impegnata con forza, come ci ricorda qui Gianluca Scroccu, ripercorrendo i passaggi più importanti della battaglia sull’aborto. Uno spunto di riflessione dunque per ripartire anche da qui (a.p.).
Ecco ora l’articolo di Gianluca Scroccu
Dal primo tentativo del socialista Loris Fortuna alla fine degli anni Sessanta, sino all’approvazione definitiva del 22 maggio 1978, l’aborto divenne una questione calda del dibattito politico italiano. Tra il contraddittorio atteggiamento della Dc, stretta tra il no assoluto del Vaticano, supportato dalle campagne del “Movimento per La Vita” di Carlo Casini e di Comunione e Liberazione, e le posizioni più sfumate di alcuni importanti prelati come Monsignor Bettazzi e di una parte del mondo cattolico già impegnato contro il referendum sul divorzio, sino all’atteggiamento titubante del Pci, incapace di cogliere in pieno le sollecitazioni del movimento femminista, il percorso della legge viene ricostruito in tutte le sue altalenanti ma appassionanti fasi.
Gigliola Pierobon è un nome che dice poco all’Italia del 2009. Ma è stata una figura importante: fu la prima donna, nel giugno 1973, ad affermare pubblicamente di aver abortito. Subì un processo che destò scalpore e che palesò tutti i limiti di una magistratura che ancora nella metà degli anni Settanta doveva utilizzare le norme del codice Rocco per giudicare chi aveva abortito. È una delle vicende più significative raccontate da Giambattista Scirè nel suo“L’aborto in Italia. Storia di una legge” (Bruno Mondadori, pp. 320, € 22,00). Giovane storico dell’Università di Firenze, già autore di un volume sulla storia del divorzio in Italia, firma ora una pubblicazione, la prima su questo argomento, che offre una panoramica ampia utilizzando un grandissimo apparato di fonti: i resoconti parlamentari, i documenti dei partiti, le principali pubblicazioni a stampa. Emerge un dibattito lacerante e intenso, che si intrecciò con le modificazioni sul piano del costume e della morale sviluppate dall’Italia del miracolo economico e dei tumultuosi anni Settanta. La necessità di legiferare, secondo l’autore, si rese necessaria per il proliferare della orrenda pratica dell’aborto clandestino e per sanare una legislazione che si rifaceva al periodo fascista, quando l’aborto era un delitto «contro l’integrità e la sanità della stirpe». Se i Paesi scandinavi - ma anche gli Stati Uniti, con la famosa sentenza Roe vs. Wade del 1973 - avevano avviato da tempo una seria riflessione giuridica sull’interruzione di gravidanza e sull’utilizzo dei metodi anticoncezionali, l’Italia non aveva dimostrato altrettanto lungimiranza. Ma i cambiamenti della società italiana e un processo di secolarizzazione sempre più forte, seppur tra molte contraddizioni, resero alla fine inevitabile un intervento legislativo che avrebbe alla fine avuto il merito di ridurre drasticamente il numero di aborti anche grazie al ruolo dei consultori, eccezion fatta per le donne straniere come dimostrano i dati più recenti.
La schiacciante vittoria dei no contro l’abolizione della legge nel referendum del 17-18 maggio 1981, pochi giorni dopo l’attentato contro Karol Woityla, a cui si accompagnava però anche la bocciatura di quello dei radicali sulla totale depenalizzazione, sembrò segnare la fine della discussione sull’aborto.
Il dibattito era destinato a ripresentarsi ventisette anni dopo, quando, come dimostra l’autore nelle ultime pagine del libro, sarebbe riemerso prepotentemente durante l’ultima campagna elettorale dell’aprile del 2008.
Vogliamo ricostruire la sinistra? Ecco anche queste grandi battaglie per i diritti civili e la laicità dello Stato ci indicano la strada.
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