Andrea Pubusa
Quando ci sono posizioni strane, penso sempre di essere io a non capire e vado guardingo. Anche nelle cause, talora vedo giovani colleghi sostenere tesi in apparenza stravanganti, fuori dal seminato, possono essere frutto di recentissime acquisizioni, penso, e cerco di capire. Poi comprendo che sono cavolate - come avevo intuito - e mi comporto di conseguenza.
Ora mi pare che sulla questione UE nella sinistra siamo nella stessa situazione, qualcuno sostiene tesi stravaganti, fuori dal seminato.. La UE ci dice, tramite i burocrati europei, che dobbiano stare nel recinto dell’auterità. Non dobbiamo uscirne con politiche a favore degli strati deboli della popolazione, impoveriti proprio dalle politiche iperliberiste europee. Ma, compagni e compagne, non abbiamo detto per decenni che l’austerità è espressione dell’iperliberismo e che bisogna batterla? Non abbiamo criticato e critichiamo aspramente il pareggio di bilancio in Costituzione? Non abbiamo detto e diciamo che è una forma scorretta ed impropria per costituzionalizzare una teoria economica? Quella della Mont Pelerin Society di von Hajek? Non è questo gruppo che fin dal 1947 si è proposto di abbattere le Costituzioni del dopoguerra come la nostra e, con esse, il keynesismo allora dominante? E non origina da qui l’austerity che ha affamato l’E'uropa e il mondo? Parola di Stigliz e Krugman, da noi asempre seguiti. Ecco, in pillole cosa dicono i due premi Nobel. Il progetto europeo è sempre stato pensato dall’alto verso il basso. Incoraggiare i tecnocrati a guidare i vari paesi elude il processo democratico, imponendo politiche che portano ad un contesto di povertà sempre più diffuso. La realtà è che gran parte dell’Unione europea, con l’austerità, è caduta in depressione. Ad esempio, la perdita di produzione in Italia dall’inizio della crisi è pari a quella registrata negli anni ’30. La cura neoliberista non sta funzionando e non c’è alcuna speranza che funzioni; o meglio che funzioni senza comportare danni peggiori di quelli causati dalla malattia. L’Europa ha bisogno di un maggiore federalismo fiscale e non solo di un sistema di supervisione centralizzato dei budget nazionali. I leader europei riconoscono che senza la crescita il peso del debito continuerà a crescere e che le sole politiche di austerità sono una strategia anti-crescita. Ciò nonostante, sono passati diversi anni e non è stata ancora presentata alcuna proposta di una strategia per la crescita sebbene le sue componenti siano già ben note, ovvero delle politiche in grado di gestire gli squilibri interni dell’Europa e l’enorme surplus esterno tedesco che è ormai pari a quello della Cina (e più alto del doppio rispetto al PIL). In termini concreti, ciò implica un aumento degli stipendi in Germania e politiche industriali in grado di promuovere le esportazioni e la produttività nelle economie periferiche dell’Europa. Quello che non può funzionare, almeno per gran parte dei paesi dell’eurozona, è una politica di svalutazione interna (ovvero una riduzione degli stipendi e dei prezzi) in quanto una simile politica aumenterebbe il peso del debito sui nuclei familiari, le aziende ed il governo (che detiene un debito prevalentemente denominato in euro). L’Europa ha bisogno di riforme strutturali come insiste chi sostiene le politiche di austerità. Ma sono le riforme strutturali delle disposizioni istituzionali dell’eurozona e non le riforme all’interno dei singoli paesi che avranno l’impatto maggiore. Se l’Europa non si decide a voler fare queste riforme, dovrà probabilmente lasciar morire l’euro per salvarsi.
L’Unione monetaria ed economica dell’UE è stata concepita come uno strumento per arrivare ad un fine non un fine in sé stesso. L’elettorato europeo sembra aver capito che, con le attuali disposizioni, l’euro sta mettendo a rischio gli stessi scopi per cui è stato in teoria creato.
Anche Amarthia Sen attacca le politiche di austerità. “L’Europa ha bisogno di riforme: pensioni, tempo di lavoro, eccetera. E quelle vanno fatte, soprattutto in Grecia, Portogallo, Spagna, Italia. Ma non hanno niente a che fare con l’austerità. È come se avessi bisogno di aspirina ma il medico decide di darmela solo abbinata a una dose di veleno: o quella o niente. No, le riforme si fanno meglio senza austerità, le due cose vanno separate”.
Noi ci siamo nutriti di queste idee ed ora che i 5 Stelle ne hanno fatto iniziative di governo, siamo critici, per pregiudizio, come se i pentastellati ci avessero tolto qualcosa. No, compagni e compagne, non ci hanno tolto un bel nulla: la sinistra non è stata uccisa, si è suicidata. Ed posso testimoniarlo avendo assistito (o partecipato?) dall’interno, a livello regionale e nazionale, a questa auto-cancellazione. Quindi nessun rancore verso chi si è preso i voti su tematiche spesso non lontane dalle nostre. Anzi! Per fortuna ci sono e reggono, se no rimarrebbe campo libero alla Lega e chissà a chi.
Questo non vuol dire che le misure sociali del governo, di marca M5S, non debbano essere sottoposte a serio esame e criticate nelle loro declinazioni, ma l’attacco all’austerità e alla burocrazia anti o a-democratica dell’Unione è nel DNA della sinistra, è nel nostro patrimonio genetico, non possiamo avversarlo. Non possiamo seguire quanti hanno fatto il salto ed hanno cambiato campo. Con lo stesso spirito dobbiamo vedere le riforme sociali di Di Maio: reddito di cittadinanza, pensioni sociali etc.. Forse sono insufficienti, forse vanno migliorate, ma - non dimentichiamolo - iniziano a redistruibuire a favore delle fasce più deboli. Unirci all’attacco della destra è autolesionismo allo stato puro.
Non so come andrà a finire, ma credo che dobbiamo opporci alle imposizioni di Moscovici & C. in nome non solo e non tanto della dignità nazionale, ma di quel pensiero antiliberista e antiausterità che abbiamo sempre professato. Noi siamo sempre stati con Keynes (e molti con Marx), contro Friedrich August von Hayek e Milton Friedman. Ora è il momento di essere conseguenti.
2 commenti
1 Aladinews
6 Ottobre 2018 - 17:25
Anche su Aladinews: http://www.aladinpensiero.it/?p=88186
2 Tonino Dessì
6 Ottobre 2018 - 20:25
Caro Andrea,
siamo ormai all’avvio della campagna elettorale europea e i diversi partiti hanno occhio al proprio elettorato interno: Moscovici per conto di Macron, il lussemburghese Junker per conto di Merkel (la quale, non ti sfugga, oggi ha dato notizia che la Germania rispedirà in Italia i profughi che hanno transitato le frontiere tedesche provenienti in varia forma dal nostro territorio).
Se la scommessa è vedere fino a che punto la Commissione regge uno scontro rigido col Governo italiano, la considero un azzardo dagli esiti non prevedibili.
Ciascuno guarderà al proprio elettorato interno e l’Italia sarà un argomento di campagna elettorale interna alla Francia e alla Germania.
Ben sapendo che Lega e M5S possono avere un buon risultato in Italia, ma che Germania e Francia competeranno ancora per la leadership di un’Europa il cui asse resterà, comunque vadano le elezioni, in mano a un nuovo asse franco-tedesco, più o meno sbilanciato in senso conservatore a seconda dei risultati che avranno i partiti aderenti al PPE. Dei partiti aderenti al PSE infatti non è prevedibile il successo.
Quindi è presumibile che tutta questa discussione anti austerity già nelle prossime settimane si rivelerà inservibile, se non nella propaganda interna italiana.
Il problema semmai resterà quanto ci costerà da lunedì questa partita a poker e fino a che punto saranno bruciate risorse nel gioco dei mercati finanziari.
Ma su questo il Governo dice “me ne frego” e a molti commentatori imbevuti di ideologie spicciole e di reminiscenze economiche remote sembra non fregare più di quanto fregherà alle varie componenti politiche estere della UE (salvo forse Draghi).
Credo che altra inclinazione intellettuale e un po’ più di fantasia ci necessiterà nei prossimi giorni.
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