Marino Canzoneri - Iglesias
Lo sciopero generale di ieri del Sulcis Iglesiente è pienamente riuscito. Carbonia - come nelle grandi lotte degli anni ‘50 e primi anni ‘60 - è stata invasa da 20 mila persone (15 mila per la Questura) giunte da tutta la zona. Il corteo ha manifestato per le vie di Carbonia, “chiusa per sciopero”, esprimendo la solidarietà ai 900 lavoratori dell’Eurallumina, che “non si deve chiudere”. La grande manifestazione si è conclusa in piazza Roma, dove accanto agli operai delle fabbriche in crisi - Eurallumina, Portovesme Srl, Alcoa e Rockwool - sono convenuti anche i lavoratori della Carbosulcis, delle imprese d’appalto, i commercianti che hanno abbassato le saracinesche, gli agricoltori con trattori e bandiere della Coldiretti e semplici cittadini.
Cgil, Cisl e Uil, che hanno indetto la giornata di mobilitazione, chiedono alla Giunta regionale d’intervenire con misure straordinarie a sostegno del lavoro e per maggiori tutele sociali da inserire nella Finanziaria 2009. Dal canto loro i 23 sindaci della provincia si preparano a una nuova “missione” a Roma. “Questa non è una giornata di lotta di disperati - ha detto nel comizio finale il portavoce Salvatore Cherchi, sindaco di Carbonia - ma vogliamo evitare che la crisi si scarichi sul settore produttivo che conta già 1.500 lavoratori in cassa integrazione”. Cherchi, a nome di tutto il Sulcis, ha chiesto alla Regione e al Governo di fare ciascuno la propria parte ed ha ammonito: “non deve passare l’idea che non si può far nulla per Eurallumina perché il padrone è lontano, perché allora lo stesso ragionamento si farà per Alcoa e per le altre aziende controllate da multinazionali”.
Sull’Euroallumina ecco una riflessione di Marino Canzoneri, che ringraziamo per il prezioso contributo.
La vicenda dell’Eurallumina coinvolge con l’indotto circa 1000 persone, che, da un giorno all’altro, corrono il rischio di vedere il loro futuro svanire, ma anche perché può essere assunta come paradigma della crisi più generale, internazionale e nazionale, e di come questa crisi viene gestita e di che cosa può fare la società civile e l’associazionismo culturale per intervenire in maniera più incisiva per attenuarne gli effetti. Per sommi capi la vicenda è questa:
il polo industriale di Portovesme, insediato in questa area del Sulcis per la programmata chiusura delle miniere già dai primi anni settanta, è caratterizzato dalla presenza di tutta la filiera dell’alluminio esclusa l’estrazione della bauxite. Ci sono, infatti, tre aree produttive principali:
La trasformazione della bauxite in allumina
La trasformazione dell’allumina in alluminio
La produzione dei profilati di alluminio.
La realizzazione del polo industriale è stata possibile grazie all’intervento statale nel periodo delle Partecipazioni Statali. Successivamente, in maniera progressiva, lo Stato ha venduto a privati l’intero comparto. L’Eurallumina, la più importante azienda produttrice di allumina in Italia, è oggi proprietà di una multinazionale russa, la RUSAL, e fin’ora ha garantito grandi profitti anche in relazione all’alta qualità tecnologica degli impianti e al loro costante rinnovamento. La crisi economica mondiale ha fatto però crollare la domanda di alluminio e così, da circa tre anni, vi è una costante limatura dei profitti dovuta all’abbassarsi dei prezzi e alla mai risolta questione del costo dell’energia in Sardegna e del bacino in cui stoccare i rifiuti tossici della produzione. Perché c’è una caduta della domanda? Sicuramente una parte è dovuta al nuovo tipo di guerra che l’Occidente intraprende contro i paesi produttori di materie prime, in una parola gli aerei non vengono abbattuti e non c’è necessità di sostituirli;
La politica del capitalismo finanziario di bassi salari e di compressione di diritti sindacali ha inoltre fortemente ridotto la capacità delle classi popolari di assorbire la produzione di beni durevoli; non ci sono redditi che possano permettersi di pagare il mutuo della casa, dell’auto, e di tanti altri prodotti in cui l’alluminio è fondamentale.
Cosa propone il governo? Nella campagna elettorale per le Regionali, Berlusconi è stato chiaro “telefono a Putin e il problema si risolverà”. Una risposta che nasconde la necessità di superare la crisi con un punto di partenza nuovo, rilanciare cioè una politica economica che dia maggiore ricchezza e maggior potere alle classi subalterne.
Perché la Sardegna ha creduto di più a Berlusconi? La risposta è che in Europa vi è un ritardo culturale e politico, sia della destra, sia della sinistra, sia del capitale ma anche del sindacalismo, che impedisce il pensare risposte alternative alla politica delle pezze nel culo per tamponare i disastri della crisi, aspettando che la nottata finisca.
Quando si chiede di fare come Obama, cioè una politica che toglie ricchezza e potere alle classi privilegiate, si risponde che l’Europa non è come gli U.S.A. e che in Europa non si possono fare. L’Europa, infatti, è diversa per un piccolo particolare. La struttura che guida la politica economica degli Stati europei è la Commissione Europea, un organismo non eletto. Cos’è infatti la Commissione Europea? E’ l’espressione diretta proprio di quelle classi che si sono arricchite, opprimendo gli interessi delle classi subalterne e non trovano di meglio che chiedere l’innalzamento dell’età pensionabile, togliendo ulteriore reddito ai lavoratori. Esattamente il contrario di quel che fanno gli U.S.A e di quel che occorre. L’importante è non superare la crisi ma che il loro potere e loro ricchezza non venga sfiorata. In questo contesto il compito dell’associazionismo culturale è enorme-: svelare questa verità.
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