La Sardegna a un bivio, test anche nazionale

10 Settembre 2018
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Andrea Pubusa

Confesso che, dopo aver letto tutta l’estate riflessioni verbose e inconcludenti sul rilancio della sinistra, tenermi su un piano teorico mi pare poco utile, E poi ammetto: mi sento inadeguato. Mi fermo banalmente ai fatti, alle considerazioni empiriche. Applico semplicemente i canoni logici propri nella materia delle decisioni in uso anche nel sindacato dei provvedimenti amministrativi, il mio campo professionale.
Primo: la decisione, per essere corretta, deve muovere da presuppsti corretti. Da questo punto di vista rilevo un errore manifesto nel dire che i 5 Stelle sono di destra o addirittura fascisti. Penso che se Mussolini fosse rimasto a fare il giornalista, non sarebbe diventato il duce. Grillo, pur avendo compiuto un’impresa politica straordinaria, potendo ambire alla presidenza del consiglio, ha ripreso a fare il suo mestiere, il comico. Nessuna persona di normale raziocinio può vedere nel M5S, privo di organizzazione, pericoli per la democrazia, anche perché a loro dobbiamo in larga misura (non esclusivamente) la difesa della Costituzione contro l’attacco del PD.
Il M5S non è neanche un movimento di destra. Si batte per introdurre misure di temperamento delle disuguaglianze e delle povertà: reddito di cittadinanza, ricalcolo delle pensioni superiori ai 5 mila euro mensili per incrementare quelle minime; si batte per mitigare nel rapporto di lavoro il potere ormai libero e arbitrario dell’impresa; avanza l’idea di una presenza dello Stato nei settori strategici e nella gestione dei beni comuni; è ambientalista; ha reintrodotto l’idea che le funzioni pubbliche si devono svolgere “con dignità e disciplina”; ha sempre sollevato la questione morale, assumendo iniziative di contrasto alla dilagante corruzione. Scusate se sono poco esigente, ma a me pare ci siano tutti gli elementi per considerare il M5S un soggetto con cui discutere ed eventualmente collaborare. Ci sono i presupposti perché forze e movimenti democratici li assumano ad interlocutori per battaglie comuni. Ritengo sbagliato assecondarne la tendenza all’isolamento, perché in questo modo se ne accentuano i difetti e se ne limitano le potenzialità positive e riformatrici.
In Sardegna, in vista delle elezioni regionali, queste considerazioni mi hanno indotto e m’inducono a proporre convegenze che consentano di battere il centrodestra, ripeto e sottolineo: battere il centrodestra. E il PD? Non è l’alternativa. Nè sul piano politico, stante la modesta opera di governo  in questa legislatura e l’autosfascio che si è inferto. Chi, a sinistra, insegue il PD lo fa perché correo e perché ormai è alla disperazione, essendosi tagliato tutti i collegamenti con la società civile. Si può far ricostruire il ponte a chi lo ha lasciato crollare? Si può affidare la ricostruzione della sinistra a chi l’ha distrutta?
Il M5S, per bocca di Marilotti, ma ancor prima di Mario Puddu, ha declinato l’invito ad un accordo o “contratto” preventivo non con un partito - si badi -, ma con una “concentrazione sociale” di volenterosi, non compromessi con passate discutibili gestioni, e mossi dal solo intento di battere il centrodestra e dare alla Sardegna un governo di reale cambiamento. Una novità sul panorama nazionale, dettata dalla legge truffa regionale ipermaggioritaria, e dalla volontà di contribuire a prendere un voto in più del centrodestra. Quella del M5S sardo non è una chiusura, perché Marilotti e Puddu non sono chiusi, è un errore. Ciò non impedisce ai volenterosi di dare liberamente una mano, ma, senza un coinvolgimento diretto, è chiaro che l’impegno è passivo, si traduce nel voto e spesso porta all’astensione.
So cosa mi si obietta. E l’alleanza di governo con la Lega? E il contratto con Salvini? Appunto. Se non si offrono alternative, si lascia il campo a forze che vorremmo vedere lontane dal governo. Salvini è vice-premier per il diniego di interlocuzione e pefino di incontro del PD. Salvini sarà magna pars in viale Trento e in via Roma se non battiamo il centrodestra, di cui la Lega è componente organica. Il salvinismo cresce se non lo si stoppa. In Sardegna c’è il primo banco di prova elettorale a breve. Quali dinamiche innesca, anche sul piano nazionale, la vittoria in Sardegna del centrodestra a trazione leghista? E quale la sconfitta di esso ad opera del M5S con l’apporto di una lista di volenterosi, democratici, qualificati e animati solo dal fine di soddisfare il bene pubblico? Ognuno risponda a questo semplice quesito, senza esasperare i distinguo e con un po’ di realismo e buon senso. Per parte mia, nel rispetto di tutte le opinioni, a questa domanda rispondo nell’unico modo che mi suggerisce la mia coscienza democratica e la mia responsabilità verso la democrazia sarda e nazionale.

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