Non un “partito della Regione”, in Sardegna occorre un partito dei cittadini

4 Settembre 2018
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Aldo Lobina

 

I “politici” dovrebbero ricordarsi ogni tanto che sono dove sono per grazia ricevuta. Perché gli elettori, a torto o a ragione, ne hanno decretato la elezione. E che ad essa non corrisponde immediatamente la capacità di rappresentanza, che pretende studio, competenza e buona coscienza, ma solo la rappresentanza , che non va tradita con incapacità, incompetenza e cattiva coscienza.
Io  non sono tra quelli che si augurano che a vincere le prossime elezioni in Sardegna sia il partito dei qualunquisti di prima o ultima generazione.  Ma certo che  la riproposizione di personaggi come quelli citati, pronti a tutti i compromessi pur di sopravvivere a se stessi  mi induce a considerazioni propedeutiche al voto delle regionali prossime.

Se chi governa oggi non è qualunquista ed è addirittura disposto a realizzare qui e subito il partito della regione (non essendo andato in porto il partito della nazione), se non è qualunquista, che cosa è? La brutta legge elettorale, la pessima riforma amministrativa, che ha peggiorato anziché migliorato il sistema di governo democratico del territorio sardo, la abominevole riforma sanitaria, che ha impoverito e umiliato l’assistenza sanitaria, non sono frutto forse di volontà capricciose destruenti le garanzie sociali, non hanno di fatto contrastato l’assetto politico istituzionale precedente, propugnando una   visione malamente amministrativa della gestione della Regione,
senza cogliere obiettivi di progresso e crescita?
Chi ha tratto vantaggio da queste trasformazioni, da questa miscela venefica? Perché la giunta Pigliaru è stata così ingrata, perché ha così profondamente deluso i Sardi?
Il PD locale è dilaniato e lacerato da lotte intestine, perché da tempo ha perso la capacità di sperare e sognare una Sardegna migliore, affidato come è alle cure di pochi signorotti,   che si alleano o si sfidano quasi  usque ad sanguinem  pur di imporsi gli uni agli altri, in un mero esercizio di potere fine a se stesso. Abusare della pazienza dei cittadini elettori con proposte irricevibili – come quella del candidato non eletto al Senato, dovrebbe portare a seri ripensamenti.  Cioè ad azzerare la situazione, a certificare  qui in Sardegna  il fallimento del PD, la sua definitiva scomparsa,  con la nascita di un sistema partito nuovo, creativo, ispirato a valori di alta socialità e spirito di servizio, aperto a persone di buona volontà, capaci di   progetti e di   proposte e sufficiente ad attrarre e includere anche il consenso di quei frammenti  satelliti ,  abusati oggi come serbatoio o ruota di scorta (Uras docet). 
Un partito che nasca dal basso, dai cittadini elettori e che si faccia valere per la forza delle idee e la nitidezza dei propositi.
Solo così, facendoci scudo di valori da contrapporre a quelli di una cultura egoista, xenofoba, omofoba, alla quale indulgono di fatto anche  i pentastellati alla sequela di Salvini, solo così potremo continuare a sperare in una Sardegna migliore, parte di una nuova Europa  delle nazioni.
La nostra  politica regionale si arricchirebbe di un dibattito su scelte e prospettive, e su utili correzioni di rotta. L’alternativa la conosciamo: un Pudduqualunque al governo, qualunquemente accompagnato dall’esito di pentastellarie insufficienti e deludenti.  

  

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