Amsicora
Quando leggete delle ruspe che tolgono le alghe a Spiaggia grande di Calasetta o in quella di P. Pino o in altre ancora voi pensate subito all’ambiente, agli arenili pressati e violentati dai cingoli, ma non pensate mai a me. Sì, proprio così, a me, che da quella maledetta macchina sono stato privato a P. Pino di un’oasi felice in mezzo alle alghe. Si lì dove nessuno osa mettere l’ombrellone. E vaglielo a spiegare ai continentali e anche ai sardi che la Posidonia (le alghe) non è immondezza, ed anzi la sua presenza indica la pulizia e la salute del mare! No. Niente da fare, per i continentali il litorale coi cumuli di posidonia è come un deposito di melma e per i sardi esti s’aliga. L’alga, ma anche l’immondezza. A Carbonia nei bei tempi andati gli spazzini che passavano a raccogliere l’immondezza si annunciavano suonando una trombetta e gridando; con voce ferma; “alliga!“, e tutte le casalinghe scendevano a consegnare i rifiuti. Porta a porta ante litteram semplice ed efficace, ma senza differenziata. Dalle mie parti, nell’assoltato Sulcis, l’alga è s’alliga, e cioé l’alga, ma anche l’immondezza. Mai falsa convinzione fu più benefica: tutti, polentoni e no, lontani dalle alghe e io lì solitario a leggere sotto l’ombrellone e dormicchiare in santa pace, quasi protetto da un filo spinato ad alta tensione!
La ruspetta, maledetta!, ha rotto l’incantesimo. Ieri scendo in spiaggia, al solito posto, e cosa vedo? Gente di qua, gente di là che si affanna a mettere ombrelloni, a stendere sedie a portare immense borse frigo cariche di ogni ben di Dio, panini imbottiti, birrette, coca cola e perfino maloreddus alla campidanese. Sì perché is malloreddus reggono la cottura e al mare o in campagna, all’ora debita, non tradiscono mai.
In mezzo a quel formicaio, frastornato e infastidito, mi metto a compiere le mie solite operazioni preparatorie. Anzitutto, piazzare l’ombrellone. Mentre manovro, ecco una signora, invade la mia piazzola di pertinenza per prendere, senza permesso, una pietra che stava li insieme ad altre due. “No, no, signora – le dico - quella pietra è mia“. “Sua?” – fa lei, sorpresa. “Sì certo mia!” Rispondo con tono perentorio. “Non vede che è nella piazzuola di mia competenza, nel mio spazio“. E lei incredula, pensando che io sia un prepotente un po’ coglione: “non sapevo che le pietre della spiaggia sono di proprietò di qualcuno“. “Ma per quale motivo lei pensa che mi sono messo qui?“, le dico con tono più amichevole, “proprio perché ci cono queste pietre, che impediscono al vento di far volare la mia stuoia“. “Il vento non soffia solo qui, soffia anche da me, e anche il mio asciugamano senza pietra vola.. “, dice lei, insinuando che tre pietre, tutte per me, siano troppe. “Signora, come lo chiamate un sasso così in bidda“, le dico, per trovare una soluzione alla questione. “Concalllli“, dice lei pronta, con doppie sulcitane doc. “Brava!“, e soggiungo: “ma lei di dov’è“. “Di Villaperuccio”, risponde, con prontezza. “E no, cara singora, questa risposta non me la doveva proprio dare. Villaperuccio per noi sulcitani si tzerriada “Sa Baronia“. “E’ berusu - risponde -nonnu narrara “Sa Baronia”, ma a noi a scuola ci hanno insegnato che i baroni non esistono più e dobbiamo dire “Villaperuccio”, e così facciamo, mi scusi“, ribatte, piccata. “Banda beni, signora - riprendo io - forzisi po mei tres perdas funti troppusu. E poi lo sa che io aderisco ad una scuola di pensiero particolare…?” “L’ho pensato subito che lei è un uomo di cultura…,” fa lei per ingraziarsi le mie simpatie.- “anzichè pani cun murtadella e birroncino, si è portato in spiaggia un libro e alcuni giornali” “Io aderiso a quella scuola folosofica che dice “da ciascuno secondo le sue capacità, ad ognuno secondo i suoi bisogni“. “E ita stoccada bolli nai?“, dice lei in madrelingua. “Bolliri nai ca si deu tengu tres concalllis, indi deppu donnai unu a fosteti“. “Ah bella filosofia - osserva lei - lo dice anche don Marco ogni tanto nella predica. Du narada puru Jesu Cristu“. “Proprio così – sentenzio io soddisfatto - anzisi indi dei a deppi donnai unu e mesu, poi fai parisi. Ma custu concallli è troppu tostau e non du poddeus dividi in dusu“. “Ma a mei indi bastada unu“, dice lei.. “Inzandus pighiri una perda e sempri amigus, banda beni?“, le dico, con tono concessorio. “Grazie, l’ho capito subito che lei era una brava persona”. “Non sarà amico di don Marco, lo conosce?“, mi fa, allusiva. Ha pensato che sia anch’io un prete? Ma guarda un po’ cosa ti capita quando le ruspe ti tolgono le alghe di torno!
Mi siedo finalmente e apro il Manifesto, un editoriale di Luigi Manconi. Aiuto! Aggitoriu! .
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