16 Luglio 2010
Francesco Cocco
Mi capita talvolta di dover di soggiornare in “terre padane” e di avvertire il fastidio che in quei luoghi il “popolo della Lega ” manifesta verso l’Unità d’Italia. Da quando alcuni esponenti della Lega Nord fanno parte del governo della Repubblica, non ho più visto in vendita i posacenere a forma di vaso da notte con impressa sul fondo la bandiera italiana. Ma la parola d’ordine dominante nelle manifestazioni di partito continua ad essere “Padania libera ed indipendente”.
Nei ragionamenti (si fa per dire) dei leghisti continua a dominare il vecchio luogo comune del “Sud palla al piede del Nord”, del “Settentrione che lavora e produce” e dei “meridionali parassiti e mantenuti”. Insomma una visione di stampo sostanzialmente razzista quanto pressappochista. Sono mille le argomentazioni da opporre a un tale assurdo modo di argomentare. Sono però tutte inutili quando il mito (il dio Po, il dna celtico, l’ampolla d’acqua del Monviso, la pochette con la rosa camuna) rifiuta la ragione.
Forse non avrei steso queste brevi considerazioni se nella recente campagna elettorale il simbolo della Lega Nord non fosse apparso nei manifesti elettorali di un candidato alle provinciali, e se in qualche angolo della nostra Isola non fossero comparse sezioni con i simboli leghisti. La cosa non mi sorprende: in questa epoca di dipendenza acritica dai mass-media è comprensibile che a qualcuno venga in mente di sfruttare il successo elettorale ottenuto dalla Lega nelle regioni del Nord.
Anche nel capoluogo sardo esponenti leghisti di primo piano e con incarichi di governo hanno “tentato” di prender la parola in pieno centro cittadino. Hanno dovuto subito smettere subissati dai fischi. Confesso che io sono perché a nessuno venga impedita la parola, tutti debbano poter esprimere in assoluta libertà e serenità la propria opinione.
Forse i dirigenti leghisti volevano dirci che loro sono l’avanguardia del federalismo, l’ unica possibilità che in Italia si realizzi un ordinamento federalista. Solo che noi sardi siamo stati abituati dagli eventi storici a distinguere tra federalismo e rottura dell’ Unità nazionale. Erano federalisti, in unione col pensiero di Cattaneo e Ferrari, grandi spiriti dell’Ottocento come Tuveri ed Asproni. Sono stati federalisti nel Novecento Emilio Lussu ed Antonio Gramsci. Ma il loro federalismo era finalizzato a render più forte, più democratica, più coesa l’Italia non già a disintegrarla separando i “nordici” dai “sudici”, i presunti “discendenti dei Celti” dai “terroni” del Meridione.
Non mi convince il federalismo separatista della Lega. Né credo che la Sardegna avrebbe un qualche avvenire di libertà in un quadro istituzionale realizzato seguendo i canoni bossiani. Tra la visione federalista del “senatur” e quella di Lussu e Gramsci vi sono distanze abissali: appunto tra una Sardegna libera con stretti vincoli di fratellanza e solidarietà con le altre regioni ed una Sardegna fatta colonia marino-vacanziera dominata dall’ arroganza di chi farnetica l’ascendenza celtica.
1 commento
1 Aladin
22 Agosto 2018 - 09:00
Anche su Aladinews: http://www.aladinpensiero.it/?p=86119
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