Francesco Cocco
Credo che la recente vicenda per il rinnovo del consiglio regionale abbia posto non piccola parte dell’elettorato legato alla sinistra di fronte ad un interrogativo molto sofferto. Anche se in dimensioni ridotte, era lo stesso interrogativo che hanno dovuto affrontare, durante il Novecento, molti militanti del movimento operaio: restare fedeli allo schieramento di appartenenza anche se lo stesso si allontana dai principi interiorizzati come sintesi d’ idealità?
Si pensi allo stato d’animo dei tanti militanti che avevano avvertito come la prassi dello stalinismo (le grandi purghe degli anni ‘30, assassinio di Trotzky compreso) fosse contro le idealità di libertà e di eguaglianza che avevano abbracciato. Si ponga mente alla crisi dei partiti comunisti dopo l’accordo Molotov-Ribbentrop, ed ancora al travaglio seguito nel 56 all’invasione dell’Ungheria da parte dell’Armata Rossa.
Farò un breve cenno a quest’ultimo avvenimento perché più vicino alla memoria di molti. Allora il tormento di coscienza nasceva dall’evidente contrasto tra essere fedeli al “campo socialista” o agli ideali di libertà, che pure erano nel patrimonio dichiarato dei partiti comunisti. La linea ufficiale, pur con tanti distinguo e contraddizioni, alla fine fu quella pro “campo socialista”. Con quali e quante lacerazioni è noto a tutti noi. E così la fedeltà allo schieramento si tradusse in una sostanziale riduzione delle potenzialità dei partiti comunisti dell’Occidente. Era la naturale conseguenza all’ affermazione di una linea dogmatica che finiva per far corpo con le “ragioni” (interessi) dell’URSS.
Il possibile conflitto tra fedeltà allo schieramento e fedeltà ai principi è frutto della moderna politica dei partiti di massa, delle loro aggregazioni, della politica che cessa di essere un fatto meramente elitario e coinvolge nella partecipazione larghi strati della società. In passato la coerenza con i principi era vissuta in una dimensione essenzialmente individuale o di piccoli gruppi. In ogni caso pur comportando ricadute in larghi settori della società non la coinvolgeva nel suo complesso.
Il più delle volte idealità e schieramento in gran parte s’identificano (dovrebbero coincidere e per fortuna il più delle volte coincidono), anche perché le idealità sono l’anima dello schieramento e dei partiti che lo formano. Senza idealità i partiti s’inaridiscono, finiscono per diventare dei puri comitati elettorali, e non di rado preda di processi d’impossessamento (la genesi del partito personale) sino a vere e proprie forme di avventurismo politico.
E’ facile constatare che il presente momento di profonda crisi della politica vede l’accantonamento delle idealità. Viviamo una realtà magmatica in cui la confusione regna sovrana. Certamente anche le idealità sono destinate ad assumere configurazioni nuove, ad adattarsi ai processi di trasformazione della società. Ma se vogliamo evitare che tutto precipiti occorre ancorarsi ai principi che il movimento democratico è andato costruendo nella sua storia. Questi principi, in ultima analisi, sono l’unica bussola d’orientamento rispetto al marasma che investe i partiti ed i relativi schieramenti, spesso lontani ed in contrasto con i valori originari.
Nella recente consultazione elettorale, molti elettori tradizionalmente di sinistra nel loro intimo hanno avvertito, anche se non sempre con lucida consapevolezza, che nella prassi di governo regionale venivano messi in discussione e disattesi molti punti saldi su cui è andato costruendosi il loro orientamento ideale. A cominciare dall’arroganza nell’esercizio del potere che nulla a che vedere coll’imparzialità e l’efficienza dell’ amministrazione. Perché poi il contenuto della democrazia non lo si salvaguarda soltanto ribellandosi a chi vuol mettere in discussione le strutture portanti del nostro edificio costituzionale, ma anche respingendo nel quotidiano i tanti comportamenti che quell’edificio vanno lentamente erodendo (le molteplici forme di quel che Gramsci chiamava “sovversivismo dall’alto”).
Vi sono molti aspetti della realtà di oggi che richiamano la grande confusione che portò con sé il fascismo nei primi anni Venti del secolo scorso. Anche allora molti scambiarono le novità del fascismo per sostanziale innovazione e rinnovamento. Di qui i tanti passaggi verso quella che sembrava essere una coerente e più moderna scelta di schieramento.
In Sardegna il fenomeno del sardo-fascismo fu un chiaro esempio di tale magmatica confusione. E la nostra Isola non fu certo un caso isolato. Alla fine l’errore fu evitato solo da coloro che si ancorarono ai principi, e non mancò il lodevole esempio di chi appena avvertito l’equivoco se ne distacco anche pagando prezzi personali. Nel profondo della sua coscienza democratica non piccola parte dell’elettorato ha comunque avvertito che certo schieramento della sinistra ufficiale non marciava nella direzione dei propri principi. Di qui l’astensione e la dispersione, sino al voto dato al candidato dichiaratamente avversario.
Credo che per qualsiasi processo di ricostruzione della sinistra (della cui urgenza ci siamo ampiamente occupati) sia necessario un atteggiamento di grande attenzione e dialogo verso coloro cui sfugge, nella grande confusione odierna della vita politica ed istituzionale, che non basta operare secondo una logica di schieramento, e che la stessa può portare a risultati contradditori e talvolta aberranti, anche perché lo schieramento spesso diventa antitetico al punto di partenza.
Sarebbe sciocco e sbagliato non comprendere che chi ha voluto mantenersi fedele ad uno schieramento merita rispetto ed attenzione. Non servono le condanne ed i muri contrapposti. Occorre piuttosto una coerente azione politica che faccia emergere chiaramente come oggi le scelte debbano avvenire sui principi non semplicemente (semplicisticamente) sugli schieramenti, anche perché questi tendono sempre più ad essere un vuoto richiamo nominale, spesso strumentalizzato, rispetto all’ispirazione originaria. E’ necessaria un’attenta opera di chiarimento non solo nel momento della consultazione elettorale, ma ancor prima nella politica che si fa momento organizzativo della società. Per questo, ancor più che in passato, dobbiamo saper coniugare il massimo della comprensione col massimo del rigore.
Fedeltà allo schieramento o ai principi?
11 Marzo 2009
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