Il dna italiota dei leghisti

21 Agosto 2018
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15 Settembre 2010
Francesco Cocco

Qualcuno potrebbe osservare che le faccende leghiste non riguardano i poveri “terroni” del Sud, e noi sardi comunque legati alle vicende meridionali. E’ un’ osservazione non valida perché la Sardegna, con qualche sezione leghista che comincia a far capolino e con la presenza celodurista alle elezioni amministrative della scorsa primavera, sembra pur essa da annoverare tra le terre di conquista del Carroccio. Questo non già perché noi sardi siamo assimilabili ai biondi Celti della Padania, ma perché una manciata di voti è comunque utile per arrotondare le cospicue messi elettorali del Nord.
I dirigenti della Lega, da Bossi in giù, hanno sempre distinto tra i popoli eletti della Padania e gli “italioti”, razza inferiore, pigra, corrotta e infingarda, “mantenuta” dalla laboriosa intraprendenza dei nordici .
La parola “italioti” non è un neologismo leghista. E’ usata da oltre mezzo secolo in certo linguaggio politico per distinguere gli Italiani seri, col senso della cosa pubblica e dei doveri sociali, dai cialtroni (gli italioti appunto) che da esigua minoranza di un tempo tendono sempre più a farsi larga maggioranza.
In questa accezione la parola “italioti”, e la categoria antropologica che contraddistingue, è certamente condivisibile. Così essa è applicabile agli atteggiamenti riscontrabili nella dirigenza del “popolo padano”, specie quando entra in contatto con i benefit del potere istituzionale.
Il familismo, carattere inconfondibile dell’ italiotismo, sembra aver contagiato il leader maximo dei popoli padani che ha cooptato nelle istituzioni il figlio “Trota”, noto per la scarsa propensione alla speculazione intellettuale (ma a che serve l’intelletto in politica !?). Parentopoli, come riferisce la stampa in questi giorni, ha finito per essere la categoria organizzativa che presiede alla formazione degli apparati di gabinetto della giunta regionale piemontese. Anche l’uso spregiudicato delle auto-blu sembra essere un nuovo attributo della dirigenza leghista.
Insomma il virus dei privilegi del potere sta corrompendo il celodurismo della Lega. Ed anche per questo non ci convince il tipo di federalismo dalla stessa tanto propugnato. Anche perché su questo tema noi sardi abbiamo la ben più profonda elaborazione di Gramsci e di Lussu che non mirava a sfasciare l’Italia ma a dare all’unità nazionale più salde radici.

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