1 Febbraio 2017
Francesco Cocco al caminetto parla con Andrea Pubusa di Gramsci (1)
Quando supero il grande portale che immette nel cortile della casa di Francesco Cocco a Villanova, provo sempre la stessa magica sensazione: esco dalla città e, come per incanto, entro nell’atmosfera serena e lenta del paese. Francesco poi riserva ai suoi ospiti un’accoglienza di antica semplicità: caminetto con un fuoco vivace, un mirto o, a scelta, unu fil’e ferru o un moscatino, con una pardula o una pabassina. E così la lingua si scioglie. la parola diventa veloce, un po’ in sardo un po’ in italiano, la chiacchiera scorre piacevole, perché Francesco ti inietta con naturalezza dosi di cultura profonda, frutto di studio rigoroso, di riflessione accurata, il tutto esposto con rara chiarezza. Poi dobbiamo parlare di Nino da Ales e su Gramsci Francesco è maestro, anche se mantiene sempre un profilo basso, modesto di chi sa che quel pensiero è una miniera ancora non del tutto esplorata, sempre ricca di suggestioni e sorprese.
La lunga militanza nel Partico comunista ha dato a Francesco l’opportunità non comune di vivere tutte le ricorrenze della morte di Gramsci. Ed è riandando, sul filo del ricordo, a queste ricorrenze che Francesco ripensa e scandisce la storia del PCI e del Paese. Che magnifica occasione per parlare di Gramsci e del nostro tempo senza ritualità e magniloquenza. E dagli anniversari prendo le mosse nella chiacchierata, mentre sorseggio su fil’e gerru, che preferisco ai liquori dolci.
D. Francesco, certamente l’ottantesimo della morte di Gramsci a te ormai, ottugenario, fa venire in mente tanti ricordi, che tu magisltralmente trasformi in occasione di riflessione sull’attualità, sul difficile momento che oggi vive la democrazia del nostro Paese…
R. Ho chiaro il ricordo delle tante iniziative che dal 1947, in occasione dei decennali hanno dato spunto allo studio e al rinnovato impegno alla resistenza contro qualsiasi forma di potere antidemocratico.
D. Quindi le immagini scolpite nella tua mente tendono a porsi come pietre miliari, come simboli di fatti che hanno segnato la nostra storia…
R. Poprio così. La folla che nel 1947 (primo decennale della morte di Gramsci), stretta attorno alle bandiere col simbolo della falce e martello, ascolta i discorsi di Togliatti davanti al Municipio di Cagliari ed alla casa natale di Ales è la rappresentazione di un partito comunista che sta ponendo solide basi.
D. Dieci anni dopo la pianta comunista e socialista, la sinistra italiana, è già diventata robusta, fondandosi sulle radici solide della guerra di Liberazione…
R. Sì, l’abbraccio tra Emilio Lussu e Mauro Scoccimarro, nel 1957 per il ventesimo , davanti alla platea stracolma e plaudente del cinema Astra di Cagliari, è più eloquente di un saggio sui vincoli che legarono i grandi protagonisti della lotta antifascista.
D. E il 1967 col Convegno di Cagliari, che ricordo anch’io giovane studente universitario, cos’ha rappresentato?
R. Il convegno di studi nel aprile del 67, con le relazioni e gli interventi di alcuni dei più prestigiosi intellettuali italiani e sardi, dà il segno tangibile della crescita culturale della sinistra in Sardegna.
D. Nel 1977 c’ero anch’io davanti al municipio in mezzo ad una folla immensa a sentire Berlinguer…
R. Il ‘77 col discorso di Enrico Berlinguer dal Municipio del capoluogo dell’Isola ad una grande folla assiepata nel Largo e nella via Roma, e quello di Pietro Ingrao il 1° maggio ad Ales sono la testimonianza tangibile della partecipazione della società sarda e delle sue istituzioni autonomistiche all’impegno per la salvaguardia della democrazia in un momento di grandissima difficoltà per la Repubblica.
D. Beh, eravamo nel mezzo del tremendo attacco del terrorismo delle BR, eravamo tutti molto preoccupati, e Berlinguer, anche con quel discorso, seppe imprimere in noi un ferma volontà unitaria di resistenza a quel feroce attacco alla democrazia italiana. Nel 1987, per fortuna, il clima era già mutato…
R. Nel quarantesimo annivesario, il Consiglio regionale organizza un convegno di rilievo internazionale. Giungono nell’Isola (dall’Europa, dagli USA, dall’America Latina, dal Giappone) i più prestigiosi studiosi del pensiero gramsciano, e la Sardegna si accredita così come potenziale laboratorio mondiale di ricerca su Gramsci.
D. Molti dei momenti di cui abbiamo parlato sono contenuti in atti già pubblicati e quindi facilmente consultabili Ma ci fu un intervento memorabile di Ingrao che non è mai stato dato alle stampe Tu però c’eri e ce ne puoi parlare.
R. Molto volentieri riporto alcuni passi salienti di quel mirabile discorso che Ingrao, allora presidente della Camera dei Deputati , tenne ad Ales il 1° maggio del ‘77. Lo faccio avvertendo che la ricostruzione del discorso, attraverso gli appunti che ebbi modo di prendere, è necessariamente sommaria e solo i brani virgolettati sono integralmente riferibili allo stesso Ingrao.
D. Cosa ti è rimasto di quella giornata?
R. Mi è rimasta impressa la grande folla convenuta da tutta l’Isola, nella giornata dedicata alla festa del lavoro. Era lì anche per manifestare la volontà di nuova Resistenza contro la barbarie delle Brigate Rosse e le continue minacce alle istituzioni democratiche (meno di un anno dopo si sarebbe giunti al tragico epilogo del rapimento e dell’assassinio di Aldo Moro).
D. Un clima cupo che contrastava con la primavera delle campagne sotto il monte Arci…
R. Una giornata di luce dolce ed intensa, con quel piacevole tepore, con quel verde dei campi, punteggiato di rosso e di giallo, che sa regalare la primavera sarda prima delle lunga arsura estiva.
D. Ingrao forse fu ispirato anche da quell’ambiente…
R. Sì, da quello spettacolo della natura prese le mosse il discorso d’ Ingrao, perchè è da esso che “si ricava l’impressione di riconoscere le strade le case, le luci conosciute leggendo quelle lettere straordinarie e struggenti che dal chiuso di una cella Antonio Gramsci spediva ai familiari“; è in quest’ambiemte naturale ed umano che “ad ogni passo pare di riconoscere la sua presenza e la sua voce e quella straordinaria carica umana che ha fatti di lui uno dei personaggi più singolari del nostro tempo…”
D. Il legame di Gramsci con l’Isola è ben noto…
R. Ingrao colse mirabilmente questo aspetto, un’ altra annotazione che dà il senso dell’universalità dell’uomo Grasmci proprio per il rapporto profondo con l’ambiente sardo: “… il legame con questa terra, con queste zolle, con queste case, con gli uomini che stanno dentro …. non è stato solo nel senso fisico ed individuale, ma in un senso più profondo, perchè poi è da qui , dalla vostra storia , che prende avvio tutta la sua riflessione.”
D. E’ partendo dalla condizione del popolo sardo che inizia la battaglia che consente a Gramsci di allargare la riflessione dall’ Isola al Mezzogiorno…
R. Sì è muovendo dal popolo sardo che Gramsci - secondo Ingrao - matura la necessità di una concezione complessiva della storia italiana, e la conseguente visione unitaria che deve guidare le classi subalterne, particolarmente gli operai ed i contadini, per attivare un processo di liberazione sociale ed anche di superiore unità nazionale.
D. Qui c’è già il Gramsci dei consigli di fabbrica…
R. Sì c’è la riflessione sul ruolo egemone attribuito alla classe operaia: “… era lui, l’operaio della grande fabbrica moderna, il protagonista della soluzione che bisognava dare. All’operaio con cui s’incontrava nella Torino industriale non prometteva una battaglia facile, anzi lo chiamava ad una grande prova“.
D. A questo punto viene in luce la questione meridionale come questione nazionale…
R. Si un interrogativo attraversa il discorso d’Ingrao :”Che cosa significava quella linea che chiamava l’operaio di Torino a stringere la mano al contadino del Mezzogiorno, a saldarsi alla lotta delle masse povere del Meridione?”.
D. Il discorso diventa complesso e forse è bene riferire in altra occasione della risposta a questo quesito centrale della lettura gramsciana di Ingrao.
R. Sì, se vogliamo parlarne in modo non approssimativo è bene farlo specificamente una prossima volta.
Prima di alzarmi, mi finisco il fil di ferro, mi metto l’impermeabile e saluto Francesco come sempre con grande cordialità …e col pugno chiuso. Poi, supero il grande portale che immette in via S. Saturnino, esco da quell’atmosfera paesana e torno in città.
1 commento
1 Aladin
12 Agosto 2018 - 09:06
Anche su Aladinews: http://www.aladinpensiero.it/?p=85888
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