1958. Convegno degli intellettuali sardi: un insegnamento attuale

5 Agosto 2018
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17 Ottobre 2008

 

Francesco Cocco



Mezzo secolo fa, organizzato dalla rivista Ichnusa, si tenne a Nuoro un convegno degli intellettuali democratici sardi. Antonio Pigliaru, Sebastiano Dessanay, Michelangelo Pira, Renzo Laconi: sono i nomi  di alcuni dei protagonisti scomparsi. Credo che indicarli sia di per sé sufficiente a darci il senso dello spessore di quell’incontro.
A sollecitare i partecipanti era la volontà di dare il proprio contributo al processo di Rinascita che stava muovendo i primi passi. A rileggere gli interventi e le relazioni è evidente la loro volontà di porsi al servizio del riscatto  della  Sardegna, di dare il loro contributo alla storia che il popolo sardo aveva iniziato a scrivere nel ‘49 con le prime elezioni regionali, poi soprattutto col grande Congresso del Popolo Sardo tenutosi a Cagliari nella primavera del ’50. Quest’ultimo fu certamente uno dei momenti di più intensa democrazia partecipativa e propositiva vissuti nella moderna storia dell’Isola.
Con l’iniziativa del ‘58 gli intellettuali democratici sardi si ponevano al servizio dell’autonomia e della rinascita, si facevano carico del compito di approfondire alcuni aspetti del Congresso del Popolo Sardo rimasti in ombra, ed affermavano il proprio ruolo di stimolo e di controllo nei confronti del potere. “Cani da guardia del potere”,  non nel senso di acritica difesa dei detentori dei ruoli istituzionali, ma di vigilanza democratica esercitata nei confronti degli stessi.
E’ vero che allora i ruoli istituzionali non erano quegli elargitori di benefici, come poi sono andati realizzandosi. Non lo erano di certo nella misura attuale, anche se nella seconda metà degli anni Cinquanta certi processi di scadimento cominciavano a far capolino. Tenere alto il confronto dialettico, in ossequio al ruolo che gli intellettuali democratici si erano dati, era un modo per scongiurare  o quantomeno allontanare i processi di degrado.
Allora si era ben lontani da quelle forme di cortigianeria che nel momento storico presente l’intellettualità democratica sarda non solo non è stata in grado né d’impedire né di ostacolare, ma talvolta ha finito per favorire. Così come non si dimostra capace di porre limiti a forme di esercizio autocratico del potere, pur essendo le stesse in netto contrasto con la democrazia autonomistica.
Oggi un’iniziativa, come quella di 50 anni fa, è improponibile. Ad impedirlo è innanzitutto, ma non solo, il contesto storico. Tuttavia sentiamo il dovere di ricordarla  nella speranza che, pur se irripetibile, possa suscitare nell’intellettualità sarda  uno stimolo per ritrovare il senso di quell’antico ruolo di stimolo democratico.

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