Andrea Pubusa
Cenzo non ricordo quando e dove l’ho conosciuto. Ha fatto sempre parte del mondo degli amici e dei compagni da quando ho iniziato a occuparmi delle cose del mondo. Non so se l’ho conosciuto già a Carbonia, dove da ragazzi abbiamo entrambi vissuto. Certamente ci siamo incontrati nella facoltà di giurisprudenza e nelle manifestazioni studentesche e sindacali. Lui in quei casi sfoderava la sua macchina fotografica e documentava ogni cosa, persone, striscioni, cartelli. Chissà, se ha conservato le foto, che archivio ha lasciato della vita poltica e sindacale di Cagliari!
Di Cenzino ricordo la naturale cordialità, la sua faccia sempre pronta al sorriso, reso ancora più evidente dalla folta barba che negli anni si era fatto crescere. Abbiamo militato ne Il Manifesto e lui, di vecchia scuola comunista, manteneva, pur in tempi di eresie e di eretici, una disciplina spiccata verso le indicazioni che venivano dalla dirigenza, nazionale e locale. Talvolta questa sua attitudine mi ha sorpreso, quando mi chiedeva lumi su una certa situazione politica o sindacale. Fu anche sindacalista all’ENEL e la sua collocazione a sinistra era naturale e scontata. Talvolta peccava di astratezza, come quando mi disse che non acquistava la casa, ma preferiva pagare l’affitto perché contrario per principio alla proprietà privata. Ma erano eccessi di gioventù, poi si convinse del contrario.
Dopo la fine del Manifesto come organizzazione politica, ci vedevamo di meno, non mancava mai, però, alle manifestazioni pubbliche, ed era un piacere incontrarlo e scambiare due chiacchiere.
Ora che ci ha lasciato, non possiamo neppure promettergli un impegno in un’organizzazione o in un partito. Siamo finiti tutti senza. Di una cosa però puoi star certo, Cenzo, compagno e amico di sempre, ci batteremo ancora per gli ideali che ci hanno accomunato fin dagli anni verdi. E se non ora, certo un giorno, il tuo sogno di una società di uguali s’invererà.
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