Il gatto rumeno

8 Marzo 2009
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Corvino

Un lettore di Iglesias c’invia, firmandolo con uno pseudonimo, questo racconto che volentieri pubblichiamo.

E’ cresciuta in famiglia fin dal giorno in cui arrivò, piccolissima e spaurita.
Qualche piccolo incidente di adattamento, fino a quando si è abituata alle persone ed ai luoghi e diventò centro di attenzione, motivo di distrazione e di giuoco.
E’ stata sempre sufficientemente riservata e silenziosa. La trovavi spesso nei suoi angoli preferiti da cui si muoveva per venirti incontro, solo se disposta a farlo.
In caso contrario, sorda ad ogni richiamo, pareva non curarsi di alcuno che gli stesse intorno. Per questo fu chiamata “Principessa”, per il suo concedersi, senza esagerare alle carezze ed ai giuochi.
Crebbe deliziosamente agile e flessuosa, senza un’oncia di carne che l’appesantisse.
Gli occhi avevano le iridi di colore diverso: giallo l’uno ed azzurro chiaro l’altro, spesso indefinibili, ma sempre nettamente differenti.
Il pelo corto e lucido, assolutamente bianco. Per questo la chiamavano” Weiss”.
Da giovane usciva spesso dalla casa, per esplorare il giardino, strusciarsi e mordicchiare dell’erba, beata di sole tiepido.
A volte, da dietro i vetri, puntava verso l’esterno e dimenava la coda verso l’alto, schioccandola senza far rumore: allora era certo che fuori passava qualche altro gatto, o che qualche uccelletto becchettava saltellando sul pavimento del loggiato.
Fu resa sterile dopo un parto, conseguenza di un’occasionale avventura giovanile, quasi a punirla, ma senza esagerare, di un peccato non previsto.
D’inverno, circolando attorno al caminetto, domandava di essere presa in braccio, o di giacere accanto sulla poltrona. Ma per niente querula: due o tre giravolte, il muso triangolare ed i magnifici occhi esoticamente colorati in modo differente, puntati verso chi seduto godeva del tepore del fuoco e se non le si dava retta, girava di spalle e si allontanava con dignità verso altri angoli in cui accoccolarsi.
Pulitissima e discreta, non ha mai rubato un boccone non suo. Beh, qualche fetta di panettone incustodita, l’abbiamo trovata mordicchiata, talvolta e quando fu vecchia, vicino ai 20 anni, ormai molto magra e con il pelo sciupato, ma sempre candido, sporcava occasionalmente un poco, accanto al cestino in cui dormiva.
Fu trovata un giorno nel loggiato con una vasta ferita su un fianco. Aveva appena la forza di lamentarsi.
Da un po’ di tempo nel giardino circolava un robusto gatto tigrato, prepotente ed arrogante che non temeva minacce e riusciva sempre ad eclissarsi tra l’erba ed i cespugli prima d’essere identificato in modo chiaro.
Un gatto qualunque, girovago e senza riferimenti di appartenenza: chiaramente dedito
ad imprese non consentite. A volte faceva la posta alla gabbia dei pappagallini, a volte circolava indolente in cerca di prede e di avventure, tra i vasi dei fiori. E si allontanava rapido e furtivo, non appena qualcuno apriva la porta per uscire sul loggiato.
“ …è stato il gatto romeno! Poverina, ha tentato di violentarti e ti ha ferita. Il gatto romeno”.
Le cure furono lunghe e pazienti prima che la vasta ferita si rimarginasse. E non mangiò per giorni.
Guarì dopo qualche mese. Era sempre magra ed infelice, sebbene non abbia mai dato segni clamorosi del suo malessere. Fu curata ed accudita più del solito, perdonata per qualunque comportamento che prima non era concesso.
E lei pareva rendersi conto di quelle cure per il suo malessere, la sua eccezionale longevità, la violenza subita.
Quella comprensione che le dimostrava quella famiglia di persone affettuose, intelligenti, aperte, raffinatamente sensibili.
Poi, una sera, al ritorno dal cinema non fu più trovata. Era stata lasciata in casa, le porte chiuse, ma non c’era più. Non c’era nel loggiato, non nel giardino, non nel terreno circostante.
Fu…..è una perdita molto sofferta.
“…E’ stato il gatto. Il gatto romeno”
Potenza della suggestienza.

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