Gentile Direttore,
leggo spesso Democraziaoggi, ma devo confessare d’essere un po’ sorpresa. Da un lato, prevale una critica severa verso la politica di Soru, ma, dall’altro, pubblicate interventi di assoluto favore verso di lui. Non basta: date spazio anche ad interventi di chi ha semplicemente fatto il salto della quaglia, e cioè è passato a centrodestra, votando addirittura Cappellacci. Non vi piace neppure la sinistra di Uras, Ben Amara e Zedde. Insomma, siete critici di tutto e di tutti, sembrate dei disperati senza prospettiva. Cosa volete? Non capisco. Può spiegarmelo con semplicità?
Maria Bonaria Pisu - Carbonia
Cara M. Bonaria,
perché pubblichiamo interventi di vario contenuto? Basta leggere il titolo del blog per capirlo. Ma non è solo il puro esercizio della democrazia a indurci a quest’apertura. E’ che c’interessa capire e far capire. E la conoscenza - com’è noto - richiede che i fatti e le opinioni su di essi non siano filtrati da qualcuno, ma esposti dai diretti interessati, da coloro che li formulano. E in quest’ottica se, per esempio, un “rondista” c’inviasse un intervento utile a comprendere il fenomeno, noi lo pubblicheremmo. In questo senso l’articolo di Franco Branca è utile perché il transito di voti a Capellacci da sinistra è stato più esteso di quanto non si creda. E’ un tradimento? E’ un semplice salto della quaglia, come dici tu e - mi pare -, quasi con spirito censorio, il compagno Marcello Madau? Forse. Ma sembra qualcosa di più profondo e non pare una scelta irreversibile. Anzi alcuni sono e rimangono nel PD o nella CGIL. Al momento questa posizione muove dall’idea che l’offerta propostaci dai due candidati fosse bloccata perché in ogni caso di destra. Soru più chiuso e ed escludente. Capellacci più aperto e disponibile. Quindi, l’alternativa si poneva fra astensione o voto ad una delle due declinazioni di destra. Personalmente, condivido la premessa, non condivido la decisione di votare Cappellacci. Esistevano candidati nelle liste del centrosinistra meritevoli del voto e candidati alla Presidenza, sempre della sinistra, sui quali segnalare un voto di dissenso e di protesta. Meglio del voto a Cappellacci anche l’astensione o la scheda bianca, che in realtà non ho mai amato.
Tuttavia, la posizione di Branca pone un problema, su cui disinvoltamente le sigle e molti intellettuali di sinistra hanno glissato, causando la disfatta: la questione democratica. La mia generazione ha vissuto questo dilemma di fronte all’Unione sovietica, all’epoca ancora considerata la patria del socialismo. Molti di noi, da sinistra, rilevarono un grave deficit di democrazia: partito unico, mancanza divisione dei poteri, scarse o nulle libertà democratiche. Su questo tema si sviluppò, a fine anni ‘60, la battaglia del gruppo del Manifesto, con Pintor, Rossanda, Magri, Castellina e Parlato. Nel ‘72 presentammo le liste alle elezioni politiche. Piazze piene, urne vuote. Fu un plof. Venimmo accusati di disperdere voti e di fare vincere, conseguentemente, la DC. Ma noi tenemmo duro. Ed oggi, col senno del poi, vien da dire che se la critica del Manifesto sulla questione democratica fosse stata ascoltata forse la vicenda del PCI non avrebbe avuto i disastrosi approdi attuali.
Perché allora non avremmo dovuto tener duro nella critica a Soru, che è ben poca cosa rispetto a quel grande partito che fu il PCI? A ben vedere, Mister Tiscali, nel piccolo, aveva in mente un modello perfino peggiore di quello sovietico. Li c’era pur sempre un partito per quanto gerarchizzato. Qui si puntava ad un solo uomo a guida dell’esecutivo, del Consiglio e del partito, attraverso la formazione di un Listone Soru, assorbente anche delle sigle della sinistra, assolutamente fidelizzate. Un modello, dunque, quello soriano di stampo gheddafiano, con la variante, certo non di poco conto, dell’esistenza di un’opposizione. Ma a tutto questo noi del centrosinistra non eravamo abituati. Ci è estraneo. Anche nel PCI, quando c’era il centralismo democratico, la discussione era forte, e le decisioni erano collettive. La dirigenza era affidabile, anche perché vincolata ai deliberati congressuali e degli organi dirigenti. Insomma, c’erano problemi di democrazia, ma certo infinitesimamente minori di quelli posti da Soru. Non vi siete accorti che nel centrosinistra e nella società sarda si è diffusa, negli ultimi tempi, una specie di angoscia? E a cosa era riconducibie? Al fatto che oramai ogni decisione, piccola o grande, era rimessa all’insondabile volontà di Soru. Bene, molti nel centrosinistra hanno inteso superare questo incubo, eliminare questo corpo estraneo col voto disgiunto, altri con l’astensione, altri votando addirittura Cappellacci. Anche in passato c’è stato chi ha cercato a destra la soluzione della questione democratica. Noi la cerchiamo a sinistra, come alla fine degli anni ‘60 e negli anni ‘70.
Ed allora, se è così, non bisogna nascondere la testa sotto la sabbia o giocare a rimpallarsi le responsabilità. No, per tentare di ricostruire qualcosa di sinistra occorre ripartire dalla questione democratica, che è questione non solo formale. Infatti, essa si sostanzia nel rimettere al centro i problemi dei lavoratori e delle persone normali. Ecco, quindi, l’ineludibile confronto col dramma della crisi globale capitalistica e sui contraccolpi ch’essa genera sulle masse e sul ceto medio. Ed anche qui, come non vedere gli errori grossolani di Soru? Anziché dettare l’agenda politica su questi temi, si lascia invischiare nella carnevalata elettorale: maschere ridanciane per Berlusconi e Cappellacci; vellutino e collo alto per Soru. Slogan frivoli degli uni e dell’altro a base di ritorni di sorriso o di paragoni tipo “meglio Dash”. Soru assume a riferimento l’intellettualità appagata (e talora pagata) e il mondo virtuale del web. Dimentica la gente in carne ed ossa. Anche perché, per rispondere ai problemi dei lavoratori in carne ed ossa, non ci vogliono slogan, vellutini o fans, ma applicazione, duro lavoro, organizzazione e partecipazione.
3 commenti
1 Carlo Dore jr.
8 Marzo 2009 - 20:50
Caro Professore,
la sua analisi è, come sempre, lucida e assolutamente rispettabile.
Su una cosa però voglio essere assolutamente chiaro: come Lei sa, sono sempre stato a sinistra, e mi piacerebbe contribuire alla creazione di quella nuova realtà progressista a cui più volte abbiamo fatto riferimento anche in questo blog. Ebbene, da uomo di sinistra, non accetterei mai di fare parte di un progetto politico a cui pretendono di partecipare anche persone che non fanno mistero di avere votato per il centro-destra, di fatto attribuendo una legittimazione democratica a quello che di fatto è un regime mascherato odioso ed amorale. Rispetto le opinioni di tutti, ma considero i sostenitori di Berlusconi degli avversari da battere, non degli interlocutori con cui discutere. Per una ragione molto semplice: io sono di sinistra, loro no.
2 admin
9 Marzo 2009 - 00:43
Caro Carlo, le persone che vanno verso il centrodestra, se non mutano opinione, non possono e non vorranno far parte di un progetto di sinistra. Quindi il pericolo da te paventato non esiste. Tuttavia, quando argomentano le loro posizioni e le espongono con rispetto, anche coloro che hanno scelto diversamente da noi, ci aiutano a capire un fenomeno, che per chi vuole contendere il governo alla destra, è di vitale importanza. Fra l’altro, sono convinto che c’è un po’ di gente iscritta al PD e alla GCIL che ha fatto, senza dirlo, ciò che Franco Branca, Sergio Ravaioli ed altri hanno ammesso pubblicamente. Per loro Soru è peggio di Cappellacci. So che questo a molti sembra una provocazione da rimandare al mittente senza esame. Ma non vorrei che così facendo all’improvviso ci sorprendessimo di sapere che molti iscritti alla CGIL ed ex iscritti a partiti del centrosinistra si astengono o, talora, votano addirittura centrodestra (il mese scorso molti tramite il Psd’az o l’Udc). Insomma, non vorrei che succedesse quanto accaduto in Lombardia e dintorni dove un bel giorno si è scoperto che più di un compagno di fabbrica (ex PCI ed ancora CGIL) vota Lega. Non è meglio capirlo prima e correre ai ripari? Se quegli operai lombardi votano Bossi vuol dire che lo ritengono migliore di Veltroni o Fassino o D’Alema. E coloro che si sono astenuti nel Sulcis e da altre parti chi pensi che siano? Traditori? Sono persone sindacalizzate, molte delle quali hanno avuto la tessera del PCI e dei DS. Vogliamo capire cosa dobbiamo fare per essere ai loro occhi meglio di Bossi o di Cappellacci? D’altrone qui in Sardegna la scelta non è migliore. Per una persona di sinistra non sentire il richiamo di Uras, Ben Amara o Zedde sarebbe perfino più facile!
Tu che sei un giovane e valoroso giurista ben sai distinguere la cognitio dalla jurisdictio. Una cosa è la fase conoscitiva, nella quale tutto dev’essere considerato e vagliato, altra cosa è la decisione e l’azione, nella quale ognuno ci mette ciò che gli sembra utile e rilevante e però lo fa al fine di recuperare anche il consenso perduto. Un blog (non di partito) serve alla cognitio, per la jurisdictio serve un’organizzazione da fondare con chi condivide un progetto. Sono due fasi distinte. E certo chi è ammesso al primo, innanzitutto per sua scelta, non può far parte della seconda. E’ così difficile capirlo? (a.p.)
3 Marcello Desole
9 Marzo 2009 - 12:14
Non dimenticate un piccolo fattore nei vostri ragionamenti. Vi sono forze in campo - seppur dotate per ora di scarso peso elettorale ed organizzativo, ma non programmatico (e quindi di autorealizzazione per i sardi) ed alcuen non entrare in consiglio - che con la sinistra e la destra sarde sono in competezione perchè entrambe “conservatrici” di una libertà imposta, limitata e decisa altrove. Votare P.S.d’Az non significava votare Berlusconi o centro destra ma solamente realizzare le cose che sono state proposte. Alla sfida di Carlo Dore jr. io ne aggiungo una più grande: pensare alla Sardegna per insegnare agli altri un modello di sviluppo socioeconomico e di democrazia. Realizzati potremo poi aiutare gli altri popoli e naturalmente anche l’Italia.
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