Aquarius: in tanti alzano la voce a sproposito

13 Giugno 2018
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A.P.

La vicenda dell’Aquarius fa alzare la voce non solo al ministro leghista. Si è aggiunta al coro anche la neo ministra della Giustizia spagnola, Dolores Delgado. L’Italia - ha detto in un’intervista a Cadena Ser - rischia “responsabilità penali internazionali” in relazione al rispetto del diritto umanitario, le convenzioni e gli accordi internazionali. “È una questione di umanità, è una questione di generosità, ma anche e fondamentalmente, si tratta di rispettare le convenzioni e i trattati internazionali di cui tutti gli Stati fanno parte”, soggiungendo  che ”la violazione di queste convenzioni e trattati internazionali potrebbe determinare responsabilità internazionali”. Il diritto umanitario è “essenziale” e che esistono “meccanismi” per perseguirne il mancato rispetto. Che anima bella! Lo dice, la ministra, mentre la Spagna tiene chiusi i porti e ha eretto un muro di filo spinato dalla parte del Marocco. Lo dice mentre il suo governo compie il bel gesto una tantum, ma non dichiara disponibilità all’accoglienza permanente.
E che dire dei francesi? “Considero vomitevole la linea del governo italiano - ha detto Gabriel Attal, portavoce di ’En Marche’ - è inammissibile giocare alla politica con delle vite umane, lo trovo immondo”. Intervistato dall’emittente Public Senat, Attal ha aggiunto: ”Un pensiero va prima di tutto alle 629 persone che sono sulla nave Aquarius”. E il presidente francese Emmanuel Macron? Ha avuto addirittura l’ardire di denunciare “una forma di cinismo e di irresponsabilità” dell’Italia. Peccato che il suo Paese e il suo governo, dopo che la Francia ha spadroneggiato in Africa creando disastri, oggi chiuda la frontiera a Ventimiglia e i suoi porti in terraferma e in Corsica.
E’ ipocrita anche richiamare le regole del mare perché se è vero e ragionevole che chi incappa in naufraghi o persone in pericolo nel mare deve soccorrerle ed è sensato che debba sbarcarli nel porto più vicino; è altrettanto vero però che la regola vale per i casi imprevisti. Ma possono queste regole applicarsi all’ipotesi in cui sia in atto una migrazione epocale? Può in questo caso ritenersi soddisfacente la regola ordinaria? O all’eccezionalità del fenomeno deve accompagnarsi una disciplina altrettanto eccezionale? La risposta al quesito è di tutta evidenza, occorre una disciplina speciale. Certo, deve rimanere ferma la regola che la vita e la sicurezza delle persone sono sacre e vanno anteposte a tutto, ma è altrettanto evidente che il fenomeno è di tali dimensioni che è l’intera Europa a doversene far carico. Dunque le regole del mare devono avere un’integrazione, prevedendo che l’accoglienza sia assicurata, ma venga spalmata in tutti i membri della UE. Il Regolamento di Dublino va dunque aggiornato.
Da questo punto di vista le reazioni spagnole e francesi sono di segno uguale e contrario alle sparate verbali di Salvini. Con la differenza che il ministro italiano, a ben vedere, chiede a tutti di aprirsi, mentre gli altri esigono da noi l’umanità che loro negano. Insomma, dalle reazioni di questi esponenti spagnoli e francesi non viene nulla di buono, così come non è incoraggiante il plauso di Orban, che il problema dell’accoglienza lo nega in radice.
Si è discusso molto nei giorni scorsi, durante la tortuosa formazione del governo, della centralità dell’Europa, della necessità di rispettarne e non metterne in discussione le regole e i trattati. Ma l’Europa è anche questa ed ha la faccia matrigna di chi nega i diritti dell’uomo, proclamati nelle sue Carte. Che si fa? Si lascia tutto com’è o si tenta di cambiare? E’ democratico fare buon viso a regole irragionevoli o è meglio chiederne altre, adeguate alla straordinarietà del fenomeno migratorio? Nei modi dovuti, naturalmente.


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