P. Vesme: saltimbanchi e mascherine tornano a casa e lasciano i lavoratori nel dramma

7 Marzo 2009
2 Commenti


Red

Che il Cavaliere fosse inaffidabile è risaputo. E dunque non meraviglia che, finite le elezioni, da buon saltimbanco, non mantenga la parola. Non c’è però da farne una colpa ai lavoratori, se, col voto, non l’hanno sanzionato anticipatamente, perché - com’è noto - per l’ammalato terminale anche l’effetto placebo è di grande consolazione, riaccende la speranza. Ricordate la cura Di Bella? Era un imbroglio palese. Provato e comprovato da mille scienziati. Ma dava sollievo e illudeva il paziente. Solo la tragica prova sperimentale, ossia la morte dei pazienti, fece cadere l’illusione su cui la scienza aveva già messo in guardia. Ora Berlusconi e Cappellacci mettono giù la maschera ridanciana e mostrano il loro vero volto. Certo è che se il governo di centrosinistra alla Regione non si fosse squagliato per improbabili furbizie politicanti, senza neppure approvare la finanziaria, e si fosse mobilitato in difesa dei lavoratori insieme alla maggioranza assembleare, quel venditore di fumo di Berlusconi avrebbe riso di meno e sarebbe stato obbligato a confrontarsi coi  drammi della Sardegna vera, dei lavoratori in carne ed ossa. Insomma, non avrebbe avuto campo libero e neppure partita vinta per abbandono dell’avversario.
Ora, usciti di scena saltimbanchi e mascherine, il dramma si consuma tragicamente e inesorabilmente. E non si vedono spiragli. L’Alcoa ha annunciato circa 90 esuberi, di cui 70 fra i lavoratori degli appalti, che hanno subito risposto con lo sciopero davanti ai cancelli della fabbrica. La ragione? La crisi mondiale ha ripercussioni negative sulle quotazioni dei metalli e, dunque, ridimensiona il mercato. Questo allarme si aggiunge alle emergenze in corso di Eurallumina e Otefal. La fermata dello stabilimento della Rusal, previsto nei prossimi giorni, come in un gioco di birilli, travolge anche le imprese d’appalto. E così queste ultime comunicano alle organizzazioni sindacali lo stato di crisi dovuto ai ritardi nei pagamenti, perfino di 6 mesi, della Rusal. Il rimedio? Le ferie forzate, anticamera dei licenziamenti. Prospettive? Pari a zero, visto che l’Eurallumina è praticamente già ferma. I segretari territoriali dei metalmeccanici sono stati ricevuti dal Presidente della Regione, che, di colpo, ha perso il sorriso e non sa neppure se riuscirà a strappare al suo dominus gli ammortizzatori sociali.
All’improvviso, la campagna elettorale fasulla, fatta di slogans, sorrisi e vellutini, impatta con la gelida realtà. I guasti, però, sono già prodotti e sono profondi. Non si vede nell’aria neppure una mobilitazione generale (oggi si direbbe bipatisan) delle forze politiche e del Consiglio regionale a sostegno dei lavoratori. Ricordate le grandi mobilitazioni unitarie degli anni ‘50 e ‘60 in difesa della miniere e per il passaggio dei minatori e delle maestranze all’Enel? Oggi, il bipolarismo ha polverizzato tutto.
Solo i sindacati e i sindaci costituiscono un ancoraggio prezioso, anche se, in queste ore drammatiche, vengono impietosamente a nudo le conseguenze delle astruserie istituzionali degli anni scorsi, sui quali si è fondata la inesorabile distruzione della rete organizzativa dal basso: il partito liquido, senza tessere e sezioni, le liste personali. Ma dove sono andati a finire i leader decisionisti? Ecco i risultati: di fronte all’attacco duro della crisi capitalistica, i lavoratori sono soli e disarmati. E questo costituisce un pericolo di ulteriore involuzione democratica. Una ragione in più per accentuare la solidarietà e la mobilitazione a fianco dei lavoratori, ma anche per un riflessione sugli errori del recente passato: solo un lavoro certosino di riorganizzazione di un tessuto democratico può difendere il Sulcis Iglesiente.

2 commenti

  • 1 M.P.
    7 Marzo 2009 - 11:14

    Sono stanco di lotte per chiedere.
    Forse bisognerà impegnare le energie per diventare autonomi anche in LAVORO e ECONOMIA. Se risorse ne abbiamo, in SARDEGNA, mettiamole a frutto; esperti nostrani o reclutati dal Continente propongano studi appropriati per il nostro fabbisogno.
    Negli anni ‘60 i pastori del mio paese, in Barbagia, osservavano con sospetto e commiserazione coloro che abbandonavano la campagna per i lavori delle dighe e per Ottana: “zente mìsera, andandesiche a contu de àtere; zente chi no est bona mancu a si mantenner su suo!”. Sì perchè anche su “tzeracu”, che non aveva la connotazione negativa che oggi molti superficialmente gli attribuiscono, aveva orgoglio dignità e prestigio, e in pochi anni (8-10) racimolava un gregge sufficiente per potersi mettere in proprio, dato che quasi sempre il compenso era “a bestiàmene francu”.
    Non dico di tornare al baratto, “a su cambiu a pare”, però questa bolla economica, che finalmente scoppia, qualcosa dovrà pure insegnarcela.
    Allora GESTIONE IN PROPRIO, DI TUTTO.

  • 2 stefano de candia
    7 Marzo 2009 - 11:44

    io sarò ancora un ingenuo, ma mi stupisco ogni volta che qualcuno crede alle promesse dei politici del momento in campagna elettorale e non tanto perchè non mantengano mai le promesse ma perchè una persona con un minimo di sale in zucca non può bersi tutto quello che viene detto se discernere tra promesse mantenibili e quelle irrealizzabili.

    Vengo all’esempio esposto del sulcis, come si fà a credere al berlusca o al diavolo di sanluri che promettono che le fabbriche di proprietà di un terzo rimarranno aperte?
    berlusca può fare promesse mantenibili se parla dell’eni e delle aziende del suo gruppo, vedi syndial ecc…, ma quando a decidere è un privato le scelte sono le sue e solo le sue e chiunque dica il contrario mente sapendo di mentire…

    l’unica ricetta per non ricadere in situaizoni tipo eurallumina ecc è che chiunque venga ad investire quì da noi usufruendo di aiuti ecc lo faccia impegnandosi non sulla parola a mantenere occupazione ecc ma firmando la creazione di fondi che servano a ridurre i danni dovuti da situazoni come queste, cioè dove la crisi impedisce di avere oggettivamente bisogno di lavoratori perchè non ha senso produrre più di quanto puoi vendere sul mercato.

    chiunque continui a dire che si deve, ripeto deve, riprendere la produzione non capisce granchè di come funziona l’economia e soprattutto dimosctra di avere scarsissime conoscenze del mondo imprenditoriale dove la creazione di profitto è l’essenza stessa dell’attività imprenditoriale.
    non si può chiedere quindi ad un imprenditore di continuare in attività in perdita a meno che questo imprenditore non sia lo stato che ha anche altri fini e scopi diversi dal semplice profitto.

    e da ciò discende la distinzione tra come ci si approccia al caso eni e come al caso eurallumina ecc…

    basta demagogia spiccia, iniziamo a stare attenti a chi diamo contributi, tuteliamo i nostri territori dai pirati chiediamogli di provvedere a creare fondi di salvaguardia gestiti da terzi e che non possono essere toccati dall’imprenditore…. allora avremo situaizoni diverse e molto meno drammatiche, ma fino ad allora non si può pretendere che aziende che hanno rischiato il fallimento decine di volte e sono state salvate solo grazie ai soldi pubblici elargiti a chiunque potesse matenere aperte le fabbriche per un altro poco di agonia possano rimanere aperte all’infinito a qualunque costo.

    ora dobbiamo pensare a come riqualificare le aree e pretendere che i proprietari bonifichino tutto, almeno daranno quanche posto di lavoro e riverseranno risorse sul territorio…

    ma davvero basta con populismo senza senso che non porta a nulla, peggio per chi ha creduto che gli asini volano ed è rimasto falsamente deluso che invece raglino e basta

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