Il contratto M5S/Lega fra critiche infondate e criticità effettive

21 Maggio 2018
1 Commento


Tonino Dessì.

Se, come ormai appare pressoché certo, M5S e Lega vareranno l’accordo di governo, opposizione politica vera e capace di incidere con qualche efficacia e consenso non ce ne sarà, o, se ci sarà, verrà più da Berlusconi per motivi di competizione interna, che da un PD interdetto quanto a contenuti, obiettivi, credibilità, dalla caratterizzazione assunta nella scorsa legislatura, o da una sinistra persa nel porto delle nebbie.Problemi di costituzionalità non ne pongono nè “il contratto”, nè il quadro politico in formazione.Non prestiamo particolare credito alle tante sciocchezze sul “Comitato di conciliazione”, perché è appena la formalizzazione e la regolamentazione, ai meri fini interni alla coalizione, dei tutt’altro che inediti “vertici di maggioranza”. Le proposte di modifica della Costituzione poi, sono, appunto, proposte, da sottoporre all’esame del Parlamento secondo l’articolo 138 e direi che con tutta evidenza sono meno strutturalmente contrastanti con la Carta di quelle trasmesse a suo tempo da Napolitano al Governo Letta-Berlusconi e accolte dallo stesso Napolitano in occasione dell’incarico a Renzi.Quanto al fatto che un programma preconfezionato limiterebbe a una funzione meramente esecutiva il prossimo Presidente del Consiglio, tanto sta poco in piedi una simile obiezione di incostituzionalità, che dal Mattarellum fino a tutta la vigenza del Porcellum abbiamo avuto addirittura leggi elettorali che imponevano la designazione del candidato a Capo del Governo accompagnata dal deposito formale del programma della coalizione.Resta che tutti questi preliminari non mutano il contesto costituzionale, men che meno il preliminare ricorso all’approvazione dell’accordo da parte delle basi militanti, che comunque lo si voglia considerare per le sue modalità, è pur sempre esercizio di democrazia interna ai partiti contraenti.I partiti della maggioranza designano quindi il Presidente del Consiglio, il Capo dello Stato lo nomina, poi su proposta del Presidente del Consiglio nomina i Ministri, quindi manda tutti alle Camere per la discussione delle dichiarazioni programmatiche e per la fiducia al nuovo Esecutivo.In quell’occasione avverrà l’oggettivazione istituzionale della messa in moto della legislatura. Per inciso sarà solo in Parlamento che si misureranno da quel momento in poi discipline, coesioni, tenute dei Gruppi parlamentari e dei singoli eletti.Tutti in questi passaggi agiscono secondo le rispettive prerogative assegnate puntualmente dalla Costituzione.Lo stesso ragionamento vale per le proposte di modifica dei rapporti nell’ambito dell’UE. I Trattati restano vincolanti nelle relative procedure: si tratta eventualmente di assumere le iniziative consentite dagli stessi Trattati, che non consentono l’unilateralità.Non si prefigura l’uscita dall’Euro (e, a dire il vero, neppure dalla NATO) per entrare nel rublo e in una nuova ‘cortina di ferro’ putiniana: proporre di revocare le sanzioni alla Russia non è un tabù.Le proposte di politica economica e sociale hanno un’impianto assai più keynesiano che liberista.Certo, il tema delle coperture finanziarie non è affrontato con sufficiente precisione, ma ormai da tempo la materia finanziaria richiederebbe di essere riportata dal terreno di una virtuosità ideologica a quello della trasparenza e a quello dell’alternatività delle scelte. Infrastrutture e welfare non hanno convissuto bene nè con gli incrementi delle spese per armamenti nè col salvataggio pubblico di banche private scassinate dal malaffare, anche politico.Corre però l’obbligo di precisare che una criticità strutturale in questa parte del programma c’è. Se alla flat tax -che sia pure articolata in due aliquote non sembra del tutto conforme al principio costituzionale della progressività- conseguisse un calo sensibile delle entrate tributarie dello Stato, non solo non ci sarebbe il finanziamento delle misure contenute nel contratto di governo, ma potrebbero mancare le risorse ordinarie per garantire il welfare, con particolare riferimento al Servizio Sanitario Nazionale. A quel punto, il keynesismo che sembra ispirare la parte “attiva” della politica economica del contratto si volgerebbe, all’inverso, in liberismo, perché ovviamente solo chi avesse un consistente incremento del proprio reddito disponibile, a seguito della riduzione del l’imposizione fiscale, potrebbe pagarsi privatamente quello che non potrebbe più essere garantito dal servizio pubblico. Dovremo porre tutti più attenzione su questi argomenti, anche se ostici, perché sono opzioni che potrebbero avere effetti boomerang con contraccolpi sociali devastanti.Non accettabili infine nei principi e nel merito, invece, i termini in cui sono posti i temi della giustizia e soprattutto quelli dell’immigrazione, nonchè la riduzione a decoro urbano della gestione dei Rom e dei senza tetto.Però diciamocela tutta.Sulla giustizia passa la linea dell’area della magistratura che più ha avuto consenso anche a sinistra e su migranti, Rom, clochards, le novità sono restrittive rispetto alla gestione Alfano, ma non particolarmente diverse dalla linea Minniti.Il personale politico sarà quel che è: ma alzi la mano chi rimpiange già Fedeli, Lorenzin, Boschi e Lotti.Si parlerà forse in lombardo e in napoletano, ma dopo aver ascoltato anche il Capogruppo piddino al Senato Marcucci, in questi giorni, mi pare che il toscano abbia ampiamente saturato il limite della tollerabilità. Insomma: se ci sarà da opporsi a qualche nefandezza, sarà bene attrezzarsi di buone ragioni e contare più su istanze democratiche sociali, culturali, di movimento, che su formazioni partitiche ormai messe da se stesse fuori gioco.

1 commento

Lascia un commento