Mattarella nomina dall’alto, continua il vulnus democratico

9 Maggio 2018
2 Commenti


Andrea Pubusa

 

 Di una cosa dobbiamo convincerci tutti, e cioè che in Italia stiamo vivendo una crisi profonda della democrazia, col radicamento dell’idea e della consuetudine che le elezioni sono ininfluenti sulla formazione dei governi, che comunque e in ogni caso nascono dall’alto, che comunque e in ogni caso mettono fuori gioco chi contesta l’establishment trasversale che poggia sul PD  di Renzi e FI di B. A Roma come a Cagliari, con leggi e condotte anticostituzionali, PD e FI brigano per mettere fuori gioco il M5S, che è l’unica forza - se ne condivida o meno il programma - alternativa agli attuali assetti d’ispirazione oligarchica e antipopolare.
Sol per questo il M5S ha la mia comprensione. E, confesso, di Beppe Grillo seguo le sortite con molto interesse. A ben vedere, anche quando pare che le sue siano sparate, coglie sempre nel segno, quantomeno perché segnala aspetti nuovi della politica, solitamente non jndjviduati dagli altri. E lo fa con anticipo. Ricordate quando prese a chiamare il PD con l’acronimo PD-L? A me - che pure ero critico verso quel partito - avvicinare i dem al PDL mi sembrava un eccesso. Rimanevo convinto, che pur fra errori e cedimenti, il PD si mantenesse nell’alveo democratico del centrosinistra in funazione critica verso il berlusconismo. Invece gli anni successivi hanno mostrato quanto quella assimilazione non fosse campata per aria. Da sette anni il PD governa col centro-destra e con B. ha siglato accordi in tutte le svolte di questi anni. Ecco perché oggi prendo molto sul serio l’ultima esternazione di Beppe:  «Oggi siamo in post-democrazia». In Italia «c’è stato un colpo di Stato alla rovescia. Si è utilizzata la democrazia per distruggerla» perché «a causa di una legge elettorale ci siamo ritrovati - lo sapevamo già - in un’impasse». E ancora, «la legge elettorale è stata decisa attorno a un tavolo per impedirci di governare. Allora cos’è la democrazia? Non so, ma la democrazia dovrebbe permettere a chi raccoglie più voti di governare», ha aggiunto.
Ora, se ci pensate bene in Italia siamo dal 2011 senza governi espressione diretta del corpo elettorale. Prima Monti, presentato come deus ex machina, salvatore della paria, catapultato in parlamento senza voti come senatore a vita, forzando anche il senso di quell’istituto, poi nominato presidente del consiglio per fare il lavoro sporco. Finito il mandato e messo ai voti è scomparso dalla scena politica nello spazio di un mattino. Poi le scarpe a Bersani e a Prodi, che sicuramente avrebbero impresso al Paese una direzione diversa da quella imposta da Napolitano-bis, Letta jr. e poi da Renzi. Ora, per iniziativa di quest’ultimo, in sintonia con B. e con un Salvini, parolaio ma subalterno, bloccano un governo espressione delle elezioni e mantengono la conventio ad ecludendum nei confronti del M5S. Questo è un vulnus alla democrazia. Con parole più misurate lo ha detto anche Zagrebelsky, quando ha messo in evidenza il carattare antidemocratico e anticostituzionale del niet renziano e del PD addirittura al confronto di merito sulla formazione del governo col M5S. Ma anche Pasquino e molti altri politologi e costituzionalisti hanno espresso un’opinione analoga. E, dev’essere ben chiaro, il vulnus viene anzitutto dal PD perché la sua condotta è intrinsecamente anticostituzionale. Lo spirito della nostra Costituzione, fondata sul sistema parlamentare e su leggi elettorali proporzionali, è volto a favorire il dialogo e l’alleanza. Ora è vero che non tutti si devono alleare, ma è anche vero che non possono escluderlo a priori senza un confronto di merito. Così aveva fatto il M5S con Bersani, forse sbagliando. Ma qui la situazione è più grave perché oggi l’alternativa è un governo addirittura con personaggi pescati fuori dal parlamento. Si fa il nome di Cassese. Conosco Sabino da decenni, è certo uno studioso autorevole, ma che c’entra con la formazione di un governo coerente con l’esito elettorale che una opzione verso il cambiamento l’ha espressa. Cassese è stato ed è un napolitaniano, il figlio dell’ex presidente, Giulio, è un suo allievo (come, del resto, il figlio di Mattarella, anche lui prof. di diritto amministrativo). Cassese è uno di casa per i Napolitano e i Mattarella. Al di là della persona, però, sul piano politico, conferire l’incarico a Cassese significa disattendere completamente le aspirazioni di quegli 11 milioni di italiani che hanno votato M5S; e anche quelli che hanno scelto Salvini. Siamo, dunque, in presenza di un vero vulnus della sovranità popolare.
Se tutto questo è vero, risulta evidente che bisogna battersi affinché venga sventato il disegno di mantenere l’Italia in un limbo a-democratico. Il pieno rispetto della Carta ha come ineliminabile postulato che sia il corpo elettorale a scegliere i propri rsppresentanti e che questi abbiano il dovere - come è avvenuto in Germania - di formare un governo parlamentare, espressione delle Camere e del voto popolare.

https://it.wikipedia.org/wiki/Renato_Soru#Legge_statutaria

2 commenti

  • 1 Aladin
    9 Maggio 2018 - 08:00

    Anche su Aladinews: http://www.aladinpensiero.it/?p=82305

  • 2 aldo lobina
    9 Maggio 2018 - 09:17

    Data la situazione, Mattarella non può fare diversamente: deve scegliere un presidente del Consiglio, che gli presenti una lista di ministri e che cerchi di ottenere la fiducia del Parlamento. Sappiamo che il Parlamento a grande maggioranza negherà questa fiducia, rendendo necessario il nuovo ricorso alle urne.
    Sarebbe auspicabile che ciò non avvenisse senza una legge elettorale profondamente modificata rispetto a quella attuale.
    Servirebbe, rispettando la Costituzione, mantenere un impianto proporzionale, prevedere certo una soglia per un eventuale premio di maggioranza ma introdurre anche un ballottaggio tra le prime due formazioni nel caso in cui essa non sia stata raggiunta, assicurando a chi ha il risultato migliore un numero di rappresentanti sufficienti per mantenere in piedi il governo.
    Servirebbe anche che l’elettore, attraverso una preferenza, potesse scegliere il deputato o il senatore da una lista di nomi.
    Poiché la democrazia interna ai partiti è lasciata ora alla libera interpretazione degli stessi, stante che la Repubblica è democratica, nessun partito dovrebbe poter partecipare alle elezioni senza l’osservanza di regole democratiche, uguali per tutti, previste per legge, che regolino anche la scelta oltre che la proposizione dei candidati.
    La situazione di stallo è frutto di una cattiva legge elettorale, votata a colpi di fiducia e molto probabilmente ritagliata per favorire una alleanza PD + Forza Italia. Ma il diavolo, come si dice, fa le pentole. L’elettore questa volta ha fatto il coperchio. E penso che continuerà

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