Gianluca Scroccu
Domenica è apparso sul “Corriere della Sera” un editoriale di Angelo Panebianco che mi ha ridato un po’di fiducia. Dopo che per anni persone come lui avevano sempre fatto riferimento a quanto accadeva con G.W. Bush per legittimare le scelte dei governi di centrodestra italiano, tacciando di antiamericanismo qualunque critica, oggi mi pare stia iniziando a serpeggiare una certa inquietudine tra i sostenitori, diretti e collaterali come Panebianco, di Berlusconi. Il quale ha sempre avuto un puntello fondamentale in Washington ma che da novembre forse ha capito che nemmeno il suo strapotere mediatico potrebbe farlo uscire dall’isolamento che potrebbe diventare realtà nei prossimi mesi. Sta succedendo che, mentre da noi si distrae la gente dai veri problemi e dalle cause della crisi, vellicando gli istinti più irrazionali attraverso tipici escamotage come la paura dell’immigrato, la lotta contro i fannulloni e la necessità dell’ordine contro gli scioperi, negli Stati Uniti il nuovo Presidente affronta di petto e con soluzioni immediate una crisi che potrebbe essere catastrofica. Obama sa che la situazione è sempre più drammatica e che non può esitare nel cambiare radicalmente il sistema che ha permesso questa deriva. E allora ecco che dirige i suoi provvedimenti per avere un mercato con nuove regole, ad iniziare dal superamento dell’asimmetria delle informazioni delle risorse che hanno permesso la concentrazione di ricchezze senza precedenti di manager senza scrupoli. Un sistema che ha facilitato lo sfruttamento e la scarnificazione dei diritti dei lavoratori e degli azionisti, distruggendo il ceto medio di molti paesi occidentali a tutto vantaggio di ristrettissime elite. Basta leggere i libri di Paul Krugman o quelli di Stiglitz per capire come le scelte di George Bush, a cui Berlusconi e Tremonti avevano sempre guardato, anche se ora quest’ultimo cerca furbescamente di passare per una coscienza critica che “l’aveva detto”, avrebbero portato all’attuale crisi. Paghiamo in prima persona queste opzioni di politica economica ispirate alla teoria neoliberista e alla privatizzazione totale dell’uomo e dell’ambiente. Prendiamo tutti i discorsi sulla flessibilità di metà anni Novanta, quelli che ci dicevano che se non fossimo diventati “flessibili” saremmo stati tagliati fuori da tutto: perché quelle scelte ora non ci difendono, ma anzi, come dimostrano le migliaia di persone che, finito il contratto, affrontano la crisi senza nessun sostegno, la aggravano? Per non parlare delle ubriacature sulle potenzialità della New Economy (consiglio di rileggersi gli atti del congresso DS di Torino del 2000, dove Walter “Perdeva Elezioni” Veltroni farneticava di un’Africa, quella dove dice di voler andare ma….è sempre qui, in cui un bambino premendo un tasto di un pc poteva cambiare la sua condizione).
Ecco perché queste prime scelte di Obama ci ridanno speranza, perché ci sembra di poter intravedere la rinascita di un pensiero politico mondiale che rilanci l’idea positiva di uno Stato inteso come regolatore di una società di mercato che non può essere alla mercé dell’egoismo e della ricerca spasmodica del profitto individuale. Insomma, il ritorno, in versione aggiornata, delle idee cardine del pensiero keynesiano e del socialismo europeo, quelle che hanno garantito l’inclusione di masse enormi di donne e uomini nel sistema democratico. Questo sta tornando, non lo statalismo che puzza di dirigismo sovietico di cui parla tutto allarmato Panebianco, e pazienza se questa gente è spaventata dall’idea che chi guadagna di più debba pagare più tasse, secondo un principio progressivo che diventa elemento fondamentale di una democrazia sostanziale, e non solo formale come vorrebbe l’editorialista del Corsera. Il mondo si muove, e lo fanno gli Stati Uniti in primis, mentre noi cosa facciamo? Fermi e muti nel “reality Italia”. L’opposizione continua a balbettare, per colpa di un PD che è tenuto in vita solo per accanimento terapeutico e una sinistra che non esiste se non negli apparati che gridano vittoria perché in Sardegna piazzano qualche consigliere regionale o perché forse si faranno più liste con la falce e il martello per le europee (sic!). Ecco perché, di fronte alla nullità della nostra classe politica, queste parole di Obama sono veramente un balsamo che ci infonde coraggio: “So che questi provvedimenti non andranno d’accordo con gli interessi dei lobbisti che hanno investito sulla vecchia maniera di fare affari e io so che si stanno preparando alla lotta. Il mio messaggio a loro è questo: anche io”.
Le scelte di Obama che, per fortuna, preoccupano Panebianco
3 Marzo 2009
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