Andrea Pubusa
Come al solito intelligente e ricco il programma della Liberafest, la manifestazione dedicata all’anniversario della Liberazione, il prossimo 25 aprile a San Sperate nel Giardino Megalitico. Organizzato dall’Associazione Mezcla Intercultura in collaborazione con Sonos Giardino Megalitico di San Sperate e con il supporto delle associazioni Sardegna Palestina, Libera contro le Mafie, Sardegna Solidale, Le Compagnie del Cocomero e l’Anpi Provinciale di Cagliari.
Saranno numerosi i momenti di incontro e riflessione su tematiche legate ai fatti di stretta attualità, con un filo conduttore quest’anno incentrato sulla figura di Peppino Impastato. Sul palcoscenico si alterneranno per tutta la giornata musicisti, attori, poeti, scrittori, un fitto e ininterrotto cartellone che dalle nove del mattino proseguirà fino alla mezzanotte. Tanti i nomi che hanno aderito con entusiasmo all’evento, come la cantautrice cagliaritana Chiara Effe accompagnata dalla sua band. Ancora il cantante e musicista Paolo Bonfanti, i siciliani Pupi di Surfaro, la Compagnia Gesù di Cagliari e il gruppo reggae laziale Radici nel Cemento, e tanti altri. Non rimane che invitare tutti a partecipare.
C’è un però, tuttavia, che voglio segnalare. Nel programma originario alle 13 del 25 era previsto il “Pranzo partigiano“. Ora apprendo dall’Unione sarda che quell’incontro conviviale è diventato”Pranzo sociale“. Come mai? Dall’articolo si apprende che a censurare l’aggettivo “partigiano” sarebbe stata la Questura “per motivi di sicurezza” [sic!]. Ma la Questura smentisce. E allora chi è il responsabile del cambio? Qualcuno ha indicato il Comune come “suggeritore” del mutamento dell’aggettivazione. Ma anche in Comune cadono dalle nuvole. Sia come sia, certo è che il pranzo partigiano a S. Sperate quest’anno non s’ha da fare. Sociale sì, partigiano no! E dire che la Repubblica è nata dalla Resistenza, ossia dalla lotta partigiana. E dire che gli organizzatori della Festa sono tutti lettori e difensori della Costituzione. E allora? Le riunioni in luogo aperto al pubblico, quale è uno spazio chiuso o recintato, si svolgono senza necessità di comunicazione alla Questura, quelle in luogo pubblico, ossia aperte al libero transito, ci vuole solo il preavviso, ma non possono essere vietate se non per comprovati motivi di incolumità e sicuurezza pubblica (si contano sulle dita i divieti in 70 anni di storia repubblicana!). Ma un pranzo può mettere in pericolo seriamente la sicurezza? E l’aggettivo partigiano, visto che il pranzo comunque si fa? In ogni caso sono le autorità di polizia a garantire la sicurezza. E allora? Allora - se permettete, cari compagni e amici organizzatori della Liberfest - vi dò anch’io un suggerimento: fate il piacere richiamate il pranzo “partigiano“, perché per dei democratici autocensurarsi è grave quanto (o perfino di più che) accettare una censura. Piegare il dettato costituzionale alla burocrazia - per di più senza provvedimenti formali ma addirittura con sussurri - è il modo peggiore di adattarci alla compressione delle libertà fondamentali. Libertà per le quali migliaia di partigiani sono morti. Buon 25 aprile! Buona Festa partigiana!
1 commento
1 Bruno
2 Maggio 2018 - 12:28
Cari Compagni della redazione, mi pare doveroso rispondere al vostro articolo sulla parte del pranzo partigiano.
Come responsabile organizzativo di LiberaFest, la questione sul tentativo del cambio nome al momento conviviale è stato posto da me subito, infatti se nasce l’articolo su l’unione sarda è per un mio pronto intervento.
Io personalmente non ho seguito la parte burocratica; chi per noi ha seguito questa parte di organizzazione, con tutta la burocrazia appesantita dal decreto Gabrielli, è entrato completamente in confusione, tanto da aver frainteso domande che gli venivano poste sulle varie attività della giornata.
Dopo che io personalmente ho fatto le verifiche opportune, prima ancora che uscisse l’articolo nel giornale ho prontamente lasciato “Pranzo Partigiano”.
Un saluto antifascista Bruno Carboni responsabile organizzativo Liberafest San Sperate
Risposta
Caro Carboni, ho immaginato quanto tu ora hai scritto. L’articolo è nato dalla preoccupazione di non lasciarci “prevaricare” da una buriocrazia, che oggi, col pretesto della socurezza, tende a porre a carico degli organizzatori tali e tanti adempimenti, da rendere quasi impossibile manifestare. Bisogna sempre tener presente l’art. 17 Cost. e ricordare che la sicurezza delle manifestazioni è compito delle forze dell’ordine. Quindi, fermo restando il dovere di collaborazione, occorre ricordare sempre che la riunione-manifestazione è una libertà fondamentale e che agli organizzatori non incombe altro obbligo se non quello di preavviso.
Ti saluto molto cordialmente e faccio a te e ai compagni/e di Liberafest ancora i complimenti per l’organizzazione intelligente e perfetta della Festa della Liberazione a Sperate.
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