Antonello Gregorini
Il principio “chi inquina paga” indica che le attività umane che causano un danno all’ambiente devono ripagarlo. A esso fa riferimento anche il ben noto D. Leg.vo 22/97 (decreto Ronchi) che ha introdotto obblighi di bonifica a carico del trasgressore non solo in presenza di una specifica conseguenza dannosa della sua condotta, ma anche e soltanto in presenza di conseguenze di mero pericolo.
Il criterio usuale di stima é quello del recupero dei costi necessari per l’eliminazione degli effetti dell’inquinamento, quindi il costo della bonifica. Un secondo criterio, vorrebbe che fossero indennizzati anche i danni alla salute delle persone esposte. Questo secondo criterio é talmente lontano dalla nostra realtà giuridica che, sembra, non viene preso neppure in considerazione, se non nei trattati di estimo ambientale.
Per un sardo é immediato far correre il pensiero alle industrie presenti sul nostro territorio. Eni, Saras, Polimeri Europa, Centrali termoelettriche, miniere e quant’altro. Non di meno si può pensare ai poligoni militari di Teulada, Perdasdefogu o Capo Frasca. Immaginare le estese discariche di Portotorres, dentro e fuori le industrie ancora funzionanti o, da tempo, dismesse.
E’ naturale pensare anche all’affermazione di quel comandante dell’esercito che, con eccezionale naturalezza, aveva dichiarato che i terreni del poligono di Teulada sono difficilmente bonificabili ma, ancor meno, é bonificabile il tratto di mare antistante. Vengono in mente le “chiacchiere” sui linfomi diffusi nel territorio di Quirra di cui muoiono anche alcuni nostri militari.
Chi pagherà per questi danni? La politica sino a oggi si é sempre apparente mossa nella convinzione che la possibilità di lavorare ripagasse questi effetti collaterali. Continuando a ragionare così quale debito rimarrà su alcune porzioni del territorio? A chi spetterà l’onere di recuperare la dissipazione di risorse, il ruolo di formichina dell’ambiente?
Il Senato della Repubblica, qualche giorno fa, ha approvato il decreto legge n. 208/08 sulla protezione ambientale. Il decreto introduce una forma di condono tombale del contenzioso riferito alle procedure di rimborso delle spese di bonifica, ripristino di aree contaminate e al risarcimento del danno ambientale. La monetizzazione delle responsabilità per il momento vede come beneficiarie le casse statali. Non é chiaro cosa andrà agli ambiti locali.
Nel frattempo la SARAS presenta il bilancio 2008 con un utile di 327 milioni di euro, l’ENI di 10 miliardi.
Ci si dovrebbe semplicemente domandare se tutto ciò possa apparire etico o se, invece, sarebbe opportuno pretendere oggi il riconoscimento e la compensazione delle risorse naturali che il territorio sta perdendo.
1 commento
1 Paolo P.
5 Marzo 2009 - 13:19
Chi inquina paga? Se così fosse saremmo già a buon punto.
Ci dimentichiamo dei contributi CIP6 alle raffinerie e agli inceneritori?
Quanto ai danni, il conto qualcuno lo sta già pagando (anche se non lo si dice), ma il bello (si fa per dire) deve ancora venire, e non riguarderà (purtroppo) soltanto le “porzioni di territorio” (e le popolazioni) direttamente interessate.
Il senso di tutto ciò? Una risposta, a questo punto, potrebbe fornirla forse la psichiatria …
P.S. La normativa in tema di rifiuti è ora contenuta nel D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (c.d. Codice dell’ambiente), il quale ha abrogato (art. 264) il D. Lgs n. 22/1997 (c.d. Decreto Ronchi).
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