Andrea Pubusa
Tutti mettono in evidenza le emergenze per la nuova maggioranza, dal lavoro al reddito di cittadinanza, dalle tasse ai migranti, per citarne alcuni. Tutto giusto. Ma ce n’è una che le sovrasta tutte, ed è la questione democratica. In Italia è in atto da molti anni un attacco alla rappresentanza e alla sovranità popolare, ritenute da molti obsolete e dannose. Si teorizza la necessità di demandare ad oligarchie tecnico-politiche le scelte, sottraendole alla decisione e a controllo popolare. Si è così coniato anche un nuovo gergo che chiama liberaldemocratiche le forze oligarchicheggianti e populiste quelle che vogliono rimettere la volontà popolare, la rappresentanza democratica e il parlamento al centro dell’ordinamento. Il “populista” Fico, nel suo discorso d’insediamento, ha richiamato alla necessità di dare centralità al parlamento, il “democratico” Renzi voleva trasformare il Senato in un dopolavoro per sindaci e consiglieri regionali. Il “populista” Di Maio chiede una fiducia parlamentare su un programma concordato, dopo aver vinto le elezioni, il “democratico” Renzi fu scelto non si sa dove e da chi sulla base di una incontrollata consultazione aperta a tutti. Il “democratico” Renzi, con un parlamento eletto sulla base di una legge incostituzionale, ha sferrato un duro attacco alla Costituzione in chiave oligarchica, i “populisti” del M5S l’hanno difesa in parlamento e nelle piazze.
Veniamo da quasi un decennio di stravolgimenti del sistema parlamentare nella formazione dei governi. A ben vedere, da Monti in poi si è andati avanti con forzature, mentre l’andamento sarebbe stato diverso e più lineare se nel 2011 si fosse andati alle urne, riportando la crisi nell’alveo del corpo elettorale e del parlamento. Oggi siamo in una impasse simile. Reimboccare la via democratica del rispetto della volontà popolare, riflessa nell’esito delle elezioni o tornare ai presidenti non scelti dal corpo elettorale? Questo è il problema. E’ meglio che siano le forze vincitrici (M5S e Lega) a guidare questa fase per poi dar corso ad una fisiologica alternanza o ridare il comando ai personaggi oscuri del Patto del Nazareno, sconfitti dagli elettori?
Certo, la convergenza M5S-Lega è una prospettiva politicamente delicata, difficile e non priva di rischi. Ci sono punti programmatici negoziabili, ma ce n’è uno, il rispetto sacro delle persone, che non ammette trattativa, fermo restando che il principio può essere declinato in una disciplina di attuazione oggetto di discussione. Se fallisce il tentativo della formazione di un governo espressione dell’esito del voto popolare, la prospettiva democratica del Paese è a forte rischio. L’opzione oligarchica rischia di radicarsi irreparabilmente, di diventare norma radicata e consutudinaria. Questa è la partita vera oggi in Italia.
2 commenti
1 Aladin
5 Aprile 2018 - 10:03
Anche su Aladinews: http://www.aladinpensiero.it/?p=80585
2 giovanni
7 Aprile 2018 - 10:34
Come reinventarsi la storia!!!! Democrazia uguale Casaleggio e ++++???.Solo il rancore puo’ portare a simili affermazioni !!
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