Massimo Marini
I motivi per cui il nucleare è da considerarsi oramai una tecnologia non più conveniente (se mai lo è stata) sono molteplici e non necessariamente e strettamente legati al fattore ambientale dello smaltimento delle scorie o del rischio radioattività delle zone circostanti le centrali di produzione. Cercando di evitare di riempire il mio intervento di numeri, percentuali e dati che possono annoiare, confondere e che comunque si possono reperire facilmente anche in rete nei siti specializzati, vorrei provare a sintetizzare alcuni concetti che nonostante siano piuttosto ovvi e spesso banali, sembra non riescano ad attecchire (eufemismo) presso i media che in questi giorni trattano l’argomento. Prima di tutto ci sarebbe da chiedersi perché il Governo Berlusconi voglia reintrodurre la produzione di energia da fonti nucleari nel nostro Paese. Quali sono i motivi che muovono l’esecutivo a stringere rapporti con Paesi confinanti (senza nemmeno presentare la questione al Parlamento), ad elaborare e commissionare progetti, a sensibilizzare l’opinione pubblica circa gli effetti positivi della produzione nucleare? Le fonti governative risaltano principalmente due aspetti: il nucleare produce energia pulita, con impatto emissioni di CO2 pari a zero; l’energia prodotta avrà un costo al consumatore nettamente inferiore a quello attuale. Il primo aspetto, la presunta “pulizia” della produzione nucleare, è vero solo in parte. Se è vero infatti che il funzionamento della centrale non produce alcuna emissione di anidride carbonica, il famigerato gas principale attore nella formazione del fenomeno devastante dell’effetto serra, è necessario considerare nel computo dell’impatto ambientale il costo economico e inquinante che si sviluppa nella fase di reperimento del combustibile: l’uranio. Estrarre uranio, e prepararlo per il trattamento, ha un costo in termini di macchinari e processi intermedi notevole, e soprattutto determina una certa quantità di emissioni inquinanti, che invalidano in buona parte l’effetto positivo dell’emissione zero della centrale. Se a questo aspetto si somma il non trascurabile dettaglio che l’uranio è un elemento naturale finito, oltretutto di importazione, così come lo sono i combustibili fossili, si capisce come il primo vantaggio tracciato dai sostenitori del nucleare si sgonfia notevolmonte. Il secondo punto, l’economicità dell’energia prodotta, è ancora più improbabile. Un recente studio commissionato da Greenpeace e validato dal IPCC (il foro intergovernativo sul mutamento climatico), dal WEC (il consiglio mondiale sull’energia) e da un progetto parallelo dell’Università di Greenwich, ha evidenziato come a causa dei costi di realizzazione, dei lunghi periodi di costruzione, degli enormi contributi pubblici necessari, delle preoccupazioni riguardo la sicurezza e alle incertezze legate a tecnologie non ancora compiutamente testate, le centrali nucleari rappresentino un pericoloso e costoso diversivo per le politiche di salvaguardia del clima globale, con un impatto sociale, ambientale ed economico estremamente gravoso, che inficia totalmente il vantaggio di un costo a chilowattora inferiore sulla bolletta del consumatore. Nel mondo (esempi più eclatati in Giappone, India, Cina e Finlandia) i progetti di costruzione di centrali nucleari in corso sono molto al di sopra dei costi previsti in fase di progettazione (fino a +300% in India e Cina), per questioni principalmente legate a problematiche in materia di sicurezza del personale, dei cittadini e dell’ambiente circostante. Ciò determina inevitabilmente un accumulo di ritardi su ritardi per la messa in servizio delle centrali di nuova concezione (dai 66 mesi previsti in progettazione, ad una media di 120 in fase esecutiva - parliamo di dieci anni!). Un aumento nei tempi di costruzione porta a sua volta ad un incremento esponenziale dei costi, dovuto all’inevitabile lievitare degli interessi totali sul capitale prestato per costruire l’impianto. Spesso i Governi nazionali sono dovuti intervenire con ingenti finanziamenti a copertura degli sfori di budget (la Finlandia è sotto inchiesta da parte del Parlamento Europeo per questo motivo - aiuti di Stato non regolari), gravando ulteriormente sulla collettività in tempi di ristrettezze finanziarie e di crisi generalizzata. A questo scenario presente, si aggiunge la prospettiva futura di un mercato ancora più liberalizzato che determinerebbe un costo di realizzazione (e dunque di vendita dell’energia) ancora più elevato per via dei tassi di interesse che non sarebbero più coperti nei rischi di investimento dalla collettività (con tasse e sussidi di vario tipo). Ecco dunque che anche il secondo vantaggio si sgretola davanti ai freddi ed impietosi dati economici emersi dagli studi compiuti da organismi sovranazionali, imparziali e disinteressati. Per concludere, due parole sulle tecnologie. La tanto pubblicizzata quarta generazione, quella che dovrebbe sostituire l’uranio con il plutonio, ed essere più produttiva e sicura, è ancora in fase embrionale e gli esperti parlano di almeno 20 anni di studio prima della effettiva implementazione del progetto. Con la tecnologia della terza generazione avanzata, non è stata nemmeno completata l’unica centrale in costruzione per problemi legati proprio alla sicurezza ambientale. Con la terza generazione è stato completato un solo impianto (in Giappone) che ha già presentato diversi problemi legati ad un difetto di costruzione (una crepa che sta liberando materiale radioattivo nell’ambiente circostante). In buona sostanza, di fatto, siamo ancora fermi alla seconda generazione, quella che ci portiamo dietro (seppur con alcune ovvie migliorie dettate dal progredire della tecnica) dagli anni settanta. Di cosa stiamo parlando allora? Molto semplice. Di una tecnologia che, riassumendo: si serve di un combustibile a risorsa limitata; nel giro di dieci anni verrà definitivamente bocciata dal mercato liberalizzato; ha un costo di implementazione spropositato in tempi di crisi finanziaria; ha un impatto ambientale non trascurabile legato principalmente all’irrisolto e di fatto irrisolvibile problema dello smaltimento delle scorie; ha un tempo di start-up improponibile vista l’urgenza di porre rimedio alla questione dell’emissione di gas inquinanti. A chi serve allora? In Italia, probabilmente ai poteri forti facenti capo la potente lobby Eni/Enel, lobby che sta determinando sempre più le politiche energetiche e ambientali del nostro Paese. Per non parlare dell’affare che sta attorno alla costruzione fisica delle strutture delle centrali, a rischio infiltrazioni mafiose, come tutte le grandi infrastrutture italiane. Che fare quindi? La ricetta, oramai riconosciuta a livello planetario, promossa dalla UE e dal nuovo Presidente USA, è l’imprescindibile mix di produzione da fonti rinnovabili e di efficienza energetica. Da uno studio commissionato da Obama è emerso che modifiche nella produzione, nella trasmissione e nell’uso finale dell’energia, potrebbero dimezzare il consumo di energia globale con un risparmio equivalente di 9mila milioni di tonnellate di petrolio l’anno entro il 2050. Nel 2005 la produzione globale di energia nucleare è stata l’equivalente di 627 milioni di tonnellate. Alla luce di questi dati Obama sta bocciando i nuovi progetti di costruzione/sostituzione di reattori nucleari a favore di investimenti sulle rinnovabili e sull’efficienza energetica. In Italia invece si bloccano le agevolazioni fiscali sull’efficienza energetica e si promuovono Centrali Nucleari. Mai come di questi tempi, l’America è lontana. (http://massimomarini.blogspot.com)
2 commenti
1 a. gregorini
1 Marzo 2009 - 11:03
Su questo tema sarebbe bene che tutti noi contrari alla realizzazione di centrali nucleari ci tenessimo trasversalmente in rete.
In particolare, dal momento che il governo centrale sembra partito per la tangente, sicuramente si faranno delle manifestazioni pubbliche e/o la raccolta di firme pro referendum ulteriore.
Ci sarebbe molto da fare sulla proposizione di politiche “verdi” per l’implementazione organizzata con leggi sensate e non enigmistiche delle FERS e dell’Efficienza Energetica.
Anche a livello regionale e comunale ci sarebbe tantissimo da dire, perché tutta la normativa messa in piedi da Soru é da rivedere, a mio avviso a favore di una migliore distribuzione della produzione ma anche del reddito derivante.
2 angelo aquilino
5 Marzo 2009 - 16:32
Referendum sul nucleare
Prima o poi il Cavaliere , padrone e donno del nostro paese , si rlcordera’ che, prima di tornare al nucleare, avra’ bisogno di rifare il referendum. AI contrario dei processi a cui Sua Maesta viene sottoposto come imputato, per via dei molti reati di cui viene accusato, il referendum non va in prescrizione e non è sottoposto alla disciplina del lodo Alfano su cui pendono ,tra l’altro. la richiesta di un referendum abrogativo ed una eccezione di anticostizionalità , Pertanto dovra’ per forza indire il referendum e prima ancora farà anche la cortesia (forse) di comunicare al pubblico le regloni scelte per I’ubicazione delle centrall. Non è assolutamente sicuro che II referendum sia favorevole a questa follia. Non e’ escluso che, esito del referendum a parte, non si abbiano, nel paese, proteste violente soprattutto in quelle zone destinate ad accogliere gii impianti. Non avendo la natura divina del cavaliere, ne’ la disponibiiita’ della magica palla dl vetro, non posso prevedere il risultato del referendum. Appare ormai pressocchè sicuro che la Sardegna sara’ destinata ad accogliere le scorie nucleari dei vecchl impianti e quelle che saranno dismesse dai nuovi impianti. Questa certezza deriva da due considerazioni:
1. II numero insolitamente alto di tumori e di nascite dl bambini deformi che si ha, da alcuni anni, nella zona del poligono del salto di Quirra (vicino a Vlllaputzu nella Sardegna del sud-est)
2. La recente visita del ministro La Russa, nella stessa zona, poco prima delle elezioni regionali sarde. Questa visita , che a molts e’ sembrata come un aiuto alla campagna elettorale del frammassone Tavolacci, nella realta’ era un sopralluogo ed un’occasione per impartire ordini al generali presenti sul posto.
3. Secondo alcuni esperti , sono le scorie di piutonio e non quelle di uranio impoverito, la causa del guasti alla salute e dei difetti genetici subiti dagli abitanti del posto. D’altra parte e’ noto a tutti coloro che sanno di fisica e di chimica che, mentre I’uranio impoverito e’ scarsamente radioattivo (ed ha una vita media di soli 5.000 anni , il plutonio (che e’ l’elemento chimico in cui si trasforma I’uranio dopo che ha lavorato in centrale per qualche tempo. Chi fosse interessato a saperne di piu’ su questo elemento chimico puo’ collegarsi a questo sito http://it.wikipedia.org/wiki/Plutonio .
Potra’ cosi’ apprendere che la vita media di questo materiale e’ di 24.200 anni,passati i quali,la sua attivita’ si riduce a meta’. Dopo altri 24.200 anni la sua attivita’ si riduce ad un quarto e cosi’ via. Lascio al lettore il calcolo di quante generazioni siano interessate a questi 24.200 anni per volta tenendo conto che una generazione equivale circa a circa 20 anni.Si potrebbe obiettare che le scorie nucleari vengono seppellite in un sarcofago di piombo o di cemento in modo di trattenere le emissioni radioattive. A questa giusta osservazione potrei opporre i seguenti argomenti:
– Il mezzo di trasporto puo’,ad esempio aver subito un incidente (il poligono non e’ tutto in riva al mare piu’ bello del mondo.
– Un proietto di cannone,di obice o di mortaio o una bomba o un missile tattico e’ andato a colpire il sarcofago danneggiandolo con fuoriuscita di materiale radioattivo.
– qualche Mig.21 libico ha fatto il colpo giusto, come si dice in artiglieria,
– C’e’ stato un sabotaggio di un qualche nemico del cavaliere, che,notoriamente ne ha piu’ di uno in Italia e fuori ed attrezzati con strumenti ben piu’ efficaci di treppiedi per macchine fotografiche.
Sono propenso ad accettare la seconda ipotesi, ossia una bomba, mal diretta, all’Uranio impoverito sia finita,con effetti assai distruttivi nel posto sbagliato.
Siccome,da molto tempo,la zona del salto di Quirra (circa un quarto della Sardegna) e’ top secret e bagnanti e turisti vengono allontanati Manu Militari, nessuna di questa ipotesi e’ da scartare a priori. taluni tecnici e geologi pensano che la Sardegna sia il posto ideale per allocare le centrali nucleari in quanto:
– La zona è priva, ormai da un’era geologica, di fenomeni sismici (risale al terziario).
– Molte zone sono pressocche’ disabitate.
Tuttavia queste caratteristiche rendono ideale l’isola per lo stoccaggio delle scorie nucleari (cosa che, secondo me e’ gia’ avvenuta da tempo). A suo tempo il sottosegretario alla difesa Cicu, si era’ affannato a smentire che le nostre forze armate usassero uranio impoverito come munizionamento e che quindi i guasti sanitari, nella zona, fossero dovute alla radioattività naturale (gli esperti lo chiamano fondo). Mentiva e diceva la verita’ nello stesso tempo. La radioattivita’ naturale e’ bassa come e’ bassa quella dell’uranio impoverito. Ma questa storia e’ gia’ raccontata piu’ sopra.
Tutta la questione della ripresa del nucleare presenta diverse stranezze. La prima e’ che il duce fa accordi con altri paesi senza tenere conto che il referendum del 1987 ha già escluso la ripresa di questa tecnologia in Italia.
Un’altra stranezza e’ costituita dal fatto che chi vince le elezioni sembra avere non solo il diritto di mettere al posto di ministro le donne (piu’ o meno belle e giovani che gli hanno concesso favori sessuali) ma anche il diritto di vita o di morte su tutti,anche sulle future generazioni. Anzi sono gli stessi che accusano di omicidio Peppino Englaro o che chiamano omicidio l’aborto e che si mettono a difendere la vita di una ragazza in coma irreversibile da un ventennio o quella di bambini non ancora nati che, invece ,non si peritano di propiziare l’assassinio di centinaia di migliaia (forse di milioni) di persone presenti, passate e future. Nella ipotesi che il referendum andasse male all’azzurro duce del centro destra, egli si conquisterebbe di diritto da una parte una figura altamente escrementizia e dall’altra un arresto immediato per attentato alla costituzione. Sono anche sicuro che il soggetto tentera’ di sostituire il referendum con sondaggi piu’ o meno prezzolati. Farebbe bene il centro sinistra a raccogliere il centinaio di firme (un quinto dei componenti di una camera) di parlamentari occorrenti a costringerlo al referendum immediato (senza la rottura di cabbasisi di raccogliere le 500.000 firme di cittadini)
4 marzo 2009
Angelo Aquilino
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