Aldo Lobina
Il problema del PD è che - fatta qualche eccezione - la sua dirigenza e i deputati eletti hanno il marchio di fabbrica del rottamatore rottamato. La speranza è che non si buttino tutti nel burrone, affidandosi a irresponsabili prese di posizione.
Il senso dello Stato imporrebbe un atteggiamento capace di favorire un governo, sostenendo azioni concordate e condivise insieme ai 5 Stelle, azioni volte a politiche del lavoro per tutta la parte attiva della popolazione. Basterebbe questo per ringiovanire la Repubblica e ri-fondarla.
Cinque anni fa un comportamento diverso da parte dei pentastellati, che si rifiutarono platealmente di collaborare con Bersani - mise a nudo una immaturità di fondo proprio dei 5 Stelle: furono ritardate – e lo sono ancora - riforme utili al Paese e alla fine si propiziò addirittura l’avvento di Renzi.
Oggi gli stessi pentastellati avrebbero bisogno per governare – a parti invertite – del PD o comunque di altri partiti. E meno male! Temo infatti la protervia e la prepotenza che vengono propiziate da risultati elettorali plebiscitari che attribuiscono ad un solo partito il potere di fare le leggi.
Il favore di cui gode il bilanciamento dei poteri in uno stato democratico dovrebbe valere anche all’interno di uno stesso potere, di quello legislativo , nel caso in questione, senza naturalmente frenarne l’azione, ma modulandola e correggendone la portata.
Se nel PD maturasse la convinzione che per la salute della Repubblica deve prevalere non la rivalsa, ma il bene comune, allora si porrebbero le basi per una utile collaborazione, la rigenerazione dello Stato e probabilmente dello stesso partito. Che non è stato messo all’opposizione, come ha detto Renzi, ma è stato invece decisamente ridimensionato, senza peraltro essere autorizzato a sfuggire a doveri di rappresentanza garanti del buon governo- anche se a guida diversa.
Questa cattiva legge elettorale non è tale perché obbliga a coalizioni per assicurare governabilità, ma perché è partitocratica: impone i candidati che vengono eletti nel sistema elettorale comunque da liste bloccate senza preferenze, personaggi in cui spesso l’unico requisito richiesto è la fedeltà al capo.
Un tempo i capi che perdevano avevano la buona creanza di dimettersi davvero. Non facevano finta di farlo. Smetta Renzi di considerare il suo partito come un bene personale, che le primarie gli avevano affidato per servire l’Italia e non per tenerla sotto scacco. Nessuno è indispensabile. Talvolta – ed è il suo caso – si rischia di essere di grave nocumento per tutti. Non solo per il Partito Democratico.
2 commenti
1 Gian Giac.
8 Marzo 2018 - 11:27
In una repubblica parlamentare “azioni concordate e condivise”, dovrebbero essere l’ordinaria amministrazione. Aggiungerei, se possibile precedute da discussione in streaming, ma se questo è troppo, almeno presentate e illustrate con-giun-ta-men-te con la massima pubblicità dai contraenti come avviene dappertutto. Per rispetto delle buone maniere.
2 aldo lobina
8 Marzo 2018 - 19:55
Il sistema elettorale è giustamente proporzionale, come vuole la nostra Costituzione. La difficoltà a creare una maggioranza di governo deriva dalle forti contrapposizioni elettorali, che andrebbero ragionevolmente smussate senza far perdere l’originalità delle proposte dei rispettivi agonisti e deriva soprattutto dall’idea che il “vincitore” dovrebbe amministrare. Ma quale? In questa tornata elettorale ci sono vincitori (5Stelle e Lega) e vinti (PD), ma i vincitori si trovano in schieramenti opposti. E nessuno schieramento è in grado di garantire da solo un governo.Per questo, non esistendo per nessuno il premio di maggioranza, che falsava i risultati elettorali, questa comunque brutta legge elettorale obbliga le forze in campo a mettersi d’accordo per formare una maggioranza parlamentare che possa sostenere un governo. Le regole democratiche e il bene dello Stato pretendono che ora, a bocce ferme, i partiti si confrontino, discutano di programmi e mandino avanti la legislatura.Cambiando anche la Legge elettorale,possibilmente. Tenendo presente che la vera governabilità è direttamente proporzionale alla buona volontà degli attori in scena. La tentazione del PD di farsi da parte, di non voler collaborare da una parte o dall’altra non è ragionevole e manifesta una mancanza grave di senso dello Stato. Ricordo per inciso che questa Legge elettorale è stata voluta dal PD il cui governo pose molte volte la fiducia per farla approvare. La scelta del PD di non partecipare a favorire un governo sembra più il dispetto di un toscanello arrabbiato che una ponderata decisione. Ora io non mi meraviglierei se il PD facesse la scelta di sostenere la coalizione di centro destra, stante che le sue politiche non mi sono sembrate di sinistra. Il PD renziano infatti è un partito di centro, non di centro sinistra. Vada dove lo porta il cuore, ma vada, mostrando finalmente il suo vero volto. Perderà così qualche altra percentuale di consenso, ma sarà conseguente. Si fonderà con gli elettori forzisti e magari mitigherà il salvinismo populista. In alternativa sostenga un governo a guida 5 Stelle, condizionandone l’istintuale attivismo per modularlo. Questa- nelle condizioni date - è la funzione e il ruolo del PD. Se dovesse rifugiarsi nell’Aventino lo farebbe pagando un prezzo molto alto per sè e facendolo pagare a tutti noi,intesi come cittadini dello Stato. Cosa quest’ultima che mi preoccupa di più.
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