Gonario Francesco Sedda
Temo che le vicine elezioni confermino le tendenze oligarchiche nel “governo” dell’Italia. La vittoria nel referendum del dicembre 2016 ha impedito che quelle tendenze operanti nei fatti si consolidassero con un cambiamento regressivo dell’ordinamento costituzionale. Ma certamente non le ha dissolte. E neppure una buona Costituzione di per sé può fare argine a una deriva oligarchica.
Nel quotidiano chiacchiericcio politico (che a ogni elezione coinvolge quasi tutti) si è parlato di avanzamenti e di arretramenti, di vittorie e di sconfìtte a colpi di decimali di percentuale, scodellati con sondaggi tanto frequenti quanto inutili. Il polverone mediatico-propagandistico fa sempre comodo per nascondere la verità: anche i partiti (e le coalizioni) più forti sono TUTTI TROPPO PICCOLI per pretendere di governare da soli.
Di un tale occultamento ne abbiamo avuto prova alle ultime elezioni regionali della Sicilia (2017). Non è mancata qualche lacrima di coccodrillo riguardo alla pesante astensione (53,24%), ma senza attirare l’attenzione sulle conseguenze devastanti per la salute e la qualità della democrazia. È drammatico dover ammettere che allo stato attuale nessuna proposta in campo, nuova o vecchia, riesce a far argine alla diserzione elettorale. Tuttavia dire che la maggioritaria e presidenzialista legge elettorale siciliana ha comunque garantito un governo (sia pure con una risicata maggioranza) è troppo poco.
Basta fare qualche calcolo in più.
La coalizione presidenziale di N. Musumeci con il suo 39,80% dei voti validi rappresenta solo il 17,82% degli elettori.
Al suo intemo Forza Italia rappresenta il 6,76% degli elettori. Fratelli d’Italia insieme alla Lega rappresentano il 2,33% e gli altri tre partiti (più la dote presidenziale) rappresentano il 8,73%. Dunque un piccolo clan politico, con il magro consenso di meno di un quinto dell’elettorato, governa (e governerà nei prossimi anni) la Sicilia.
Il candidato presidente G. Cancelleri con il suo 34,70% dei voti validi rappresenta solo il 15,50% degli elettori. Il contributo del M5S al proprio candidato rappresenta il 11,01% degli elettori. Più consistente degli altri partiti, ma comunque modesto.
La coalizione presidenziale di F. Micari con il suo 18,70% dei voti validi rappresenta solo il 8,34% degli elettori. A suo intemo il partito più forte (!), il Partito Democratico, rappresenta solo il 5,38% degli elettori. Un cespuglio! Particolarità siciliana? Nelle elezioni regionali dell’Emilia-Romagna (2014) dentro la coalizione di S. Bonaccini vincente con il 49,05% dei voti vahdi, il PD contribuisce con il 44,53% al quale corrisponde solo 15,46% degli elettori, per la bassissima affluenza alle urne (37,71%). Un alberello al posto di un cespuglio! Ma la legittimazione “democratica” a govemare è comunque scarsissima.
Dobbiamo sperare in meglio per le imminenti elezioni nazionali?
Assumiamo come buon auspicio che l’affluenza alle ume raggiunga il 70% degli elettori e che tutti i voti espressi siano validi (niente schede bianche, nulle o contestate e non attribuite).
Una coalizione o un partito che prendesse il 50% dei voti validi avrebbe una rappresentanza del corpo elettorale pari al 35%, cioè poco più di un terzo degli elettori. Sarebbe questa una legittimazione sufficientemente “democratica” per govemare senza o contro il restante 65%?
Una coalizione o un partito che prendesse il 40% dei voti validi avrebbe una rappresentanza del corpo elettorale pari al 28%, cioè meno di un terzo degli elettori. Sarebbe questa una legittimazione sufficientemente “democratica” per governare senza o contro il restante 72%?
Ma chi prenderà il 50 o il 40 per cento dei voti validi? E l’affluenza alle ume sarà miracolosamente superiore o probabilmente inferiore al 70%?
Una coalizione o un partito che prendesse tra il 25 e il 35 per cento dei voti validi con un’affluenza alle ume tra il 55 e il 65 per cento avrebbe una rappresentanza del corpo elettorale pari al 13,75% (che sarebbe poco più di un settimo degli elettori) nella combinazione meno favorevole e pari al 22,75% (che sarebbe poco più di un quinto degli elettori) nella combinazione più favorevole.
Da questa scarsa capacità di rappresentanza del corpo elettorale deriva la difficoltà di formare anche dopo le elezioni nuove coalizioni di govemo con una sufficiente legittimazione “democratica”, comunque si scompongano le coalizioni sottoposte al voto e comunque le si riaggreghi nel rispetto sostanziale del consenso ottenuto da ciascuna parte.
Ripartirà la gazzarra maggioritarista che invocherà un nuovo Porcazzellum… o un nuovo Stronzalicum.
2 commenti
1 admin
22 Febbraio 2018 - 22:37
Ricordiamoci che Pigliaru ha il 60% dei seggi col 19% dei voti dei sardi. Rappresentanza quasi zero. Governo reale dell’isola zero. La governabilita’ non e’ l’effetto di truffe elettorali, richiede rappresentativita’ vera, effettiva. Collegamento reale con le masse, coi settori produttivi e di lavoro.
Andrea
2 Aladin
23 Febbraio 2018 - 10:01
Anche su Aladinews: http://www.aladinpensiero.it/?p=78852
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