Il Comitato per l’insularità è reticente sugli sbocchi

17 Febbraio 2018
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Andrea Pubusa

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Nei giorni scorsi nella pregevole rubrica di approfondimento del TG di Sardegna1TV ho sentito l’intervista all’Avv. Frongia, presidente del Comitato per l’insularità. Nel merito ha detto tante cose d’intuitiva fondatezza. Chi può negare che l’insularità sia per la Sardegna e per i sardi un male, oltre che un bene? Certo bei luoghi, sole, mare, buona cucina, lunga vita, ma anche costi proibitivi per muoversi. Per noi la pubblicità di Trenitalia o di Italo non vale. Siamo i territori d’Oltremare, treni lenti, costi aerei e navali senza pietà, sconsiderati. E’ la concorrenza, direte. Ma no, la concorrenza esiste se ci sono pari opportunità. Ma è così, se io produttore sardo devo accollarmi i costi del mare? Non scherziamo! In questa situazione la concorrenza è una balla, un imbroglio.
Tutto vero e anche di più e peggio. Dunque, firmiamo. Ma poi? Tutti sanno, anche l’Avv. Frongia, che non si può togliere una virgola o aggiungere un punto alla Costituzione senza seguire la procedura dell’art. 138 Cost. E’ palese dunque che la via intrapresa dal Comitato è illegittima, impraticabile giuridicamente, perché il referendum consultivo nella procedura di revisione non è previsto. Posso essere anche d’accordo che la motivazione della bocciatura dell’Ufficio regionale per il referendum è incredibile. Poteva cavarsela con pochi chiari concetti e ha detto mollte cose discutibili.
Ciò detto, veniamo all’oggi e al futuro prossimo venturo. Dice l’Avv. Frongia: faremmo ricorso al Tar o al giudice ordinario. Bene, e con quali risultati? Il Tar potrebbe annullare il provvedimento dell’Ufficio regionale contestando la motivazione, ma è impossibile che dica che il referendum è un diritto e che s’ha da fare. Il Tar non è giudice dei diritti, al più può annullare, ma la palla torna all’Ufficio regionale, che a quel punto dovrebbe giocarla più appropriatamente. E, presumibilmente, con lo stesso implacabile risultato: bocciare il referendum, perché è previsto dalla legge per esprimere un parere su una questione regionale e locale, mentre il principio d’insularità in Costituzione è evidentemente questione di rango nazionale.
E se invece il Comitato si rivolge al Giudice ordinario, al tribunale? Beh, la questione cambia, diventa più interessante. Questo è giudice dei diritti. Ergo? Beh, in teoria, potrebbe disapplicare il provvedimento dell’Ufficio regionale e dichiarare il diritto del corpo elettorale sardo al voto. Ne dubito, ma poi? Si svolge il referendum, stravince il SI’ e poi? E poi, punto e a capo, si deve seguire la via dell’art. 138 Cost. Via che può intraprendersi subito, a prescindere dal referendum. Basta una legge regionale d’iniziativa costituzionale, da presentare alle Camere, dove la proposta segue l’iter sempre e immancabilmente dell’art. 138. Cosa darebbe di più il referendum? Una spinta di massa al Consiglio regionale. Meno intensa al Parlamento, che dovrebbe misurarsi con la volontà della rappresentanza nazionale. Ma se di spinta si tratta lo si dica. L’avv. Frongia della difficoltà giuridica non ha parlato. Ripete sempre che ci sono giuristi illustri e costituzionalisti autorevoli che supportano il Comitato. D’accordo, ma che dicono? Io ne ho incontrato uno, il dr. Enrico Altieri, proprio in un dibattito a Sardegna1. Ha detto cose molto interessanti sulla fiscalità di vantaggio, su cui è un esperto. Ma sul piano giuridico? Sul referendum, la pensa esattamente come me. E allora? Forse, sarebbe il caso di essere più chiari. Ma l’Avv. Frongia anche nell’apparizione a Sardegna1 è stato reticente. Così come è rimasto muto su un altro punto, e cioé che un principio non basta ad eliminare la disparità. E’ importante, ma senza l’azione politica e di massa anche i principi rimangono sulla Carta.

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